sabato 6 gennaio 2018

"Chiamami con il tuo nome, io ti chiamerò con il mio"

" Prof.Perlman : [...] quando meno te lo aspetti, la natura subdolamente trova i nostri punti deboli....Solo ricorda che sono qui...magari ora vorresti non provare nulla. Forse non hai mai voluto provare nulla. E forse non è con me che vuoi parlare di queste cose, ma SENTI qualcosa che ovviamente hai provato. Ascolta...voi avete avuto una bellissima amicizia, forse più di un'amicizia e io vi invidio. [...]Soffochiamo così tanto di noi per guarire più in fretta, che a 30 anni siamo prosciugati e ogni volta che ricominciamo con qualcuno diamo sempre meno. Ma renderti insensibile così da non provare più nulla è un peccato.
[...]Come vivi la tua vita sono affari tuoi. Solo ricorda: i cuori che abbiamo nel corpo ci vengono dati una sola volta e prima che tu lo capisca, ti si è consumato il cuore. E riguardo al tuo corpo arriva un momento in cui nessuno se ne preoccupa. E ci vuole poco per arrivarci. "
Call me by your name, 2017, dir. L. Guadagnino

Non sono riuscita ad avere pazienza. E' una cosa che non mi è mai riuscita bene, nemmeno nei fatti importanti della mia vita. 
Avrei voluto riuscire ad aspettare e godermi queste 2 ore intense al cinema. E tengo a sottolineare che questo film va visto al cinema, possibilmente in lingua originale e senza intercessione di doppiaggio di sorta. 
Ma non ce l'ho fatta.
Il risultato è che ho finito con il rivederlo 8 volte in 3 giorni, su un supporto diverso ogni volta, persino sul cellulare. E non sto scherzando.

Ogni volta, la carica emotiva e l'intensità di sentimenti che ne è derivata, invece di affievolirsi, è aumentata a dismisura, fino a che non ne sono stata sopraffatta. Questo film è un po' come una droga, che si propaga lentamente dagli occhi fino a raggiungere parti del corpo che non sapevo potessero essere scosse da sensazioni così forti da farti perdere il tempo di un respiro o un battito del ritmo del cuore.
Qualcuno mi dirà che il sesso sarebbe una buona alternativa. Io mi sono convinta che questo film è meglio del sesso in molti sensi.

Non ho visto molti film di Guadagnino e quelli che ho visto non mi hanno entusiasmata particolarmente. E resto tutt'ora convinta che il film poteva essere tecnicamente fatto in maniera più accorta: mi resta un profondo dubbio riguardo al montaggio. 
Almeno per la prima ora buona di film la sensazione è di un raccordo un po' macchinoso tra le scene, come se mancassero veri e propri pezzi di un puzzle, che se inseriti avrebbero dato più peso e concretezza all'idea di fondo: la rappresentazione del profondo legame che nasce tra un 17enne ebreo italiano, poliglotta di buona famiglia, provetto pianista che (almeno nelle intenzioni della sinossi) è più meditativo e maturo e in gamba dei suoi coetanei, e un  24enne ebreo americano proveniente dal New England conservatore e puritano, universitario, che sprigiona sensualità limitandosi ad essere solo quello che è, un laureando di storia dell'arte che deve concludere il suo dottorato e diventare adulto davvero. Il tutto ambientato  nell'Italia degli anni 80.

Ho fatto fatica. All'inizio almeno.

Sarà perché dopo aver visto "Fino alla fine del mondo" di Dolan, ho nettamente riconsiderato lo standard di che cosa possa e debba essere trasmesso attraverso un'immagine, ma almeno per tutta la prima ora mi è stato enormemente difficile abituarmi all'asciuttezza stilistica che ha adottato Guadagnino. Eppure gli echi di una certa visione dell'Italia e del paesaggio e del rapporto tra i personaggi mutuati dal Bertolucci di "Io ballo da sola" sono evidentissimi, sebbene forse l'atmosfera e i colori toscani nel mio immaginario sono una dimensione più alta di un piccolo paesino cremasco. 
Niente.
Diciamo solo che avrei voluto un prologo degno del finale.

Va comunque detto che si raggiunge un certo equilibrio andando avanti. Il regista ha avuto la grande fortuna e bravura di aver scelto tre attori perfetti per riuscire ad andare in fondo all'immaginario sentimentale che voleva trasmettere: Chalamet, su tutti, va oltre quello che ci si aspetterebbe essere l'immedesimazione richiesta ad  un attore per rendere credibile un personaggio. Molte sequenze del film si reggono  interamente sui suoi sguardi, sul suo aggirarsi convulso per le stanze di questa villa, nel suo modo di toccare le cose, nel modo di suonare e trascrivere la sua musica, nel suo essere insieme sicuro e insicuro rispetto al mondo, adolescente e adulto insieme e tutto in una volta. 
Riesce quasi a dare vita ai pensieri e ai sentimenti sempre un po' tormentati della prima giovinezza (che non è solo quella del personaggio, ma quella di tutti noi) con movimenti quasi impercettibili degli occhi o delle mani. E sperimenta: sperimenta con i pensieri, sperimenta confrontandosi e confortandosi della cultura dei genitori letterati e progressisti, sperimenta con la musica, sperimenta con le ragazze, sperimenta con la natura. 
Riesce a cogliere e restituire, con una facilità incredibile quella normalità adolescenziale che di fondo è solo una realtà ripetitiva abbastanza comune. E lo fa in sequenze-monologo silenziose in cui è il solo punto focale della scena. (e l'attore ha solo 21 anni ed è al suo primo ruolo importante).

Quando arriva Oliver, la routine quasi ripetitiva della vita di Elio si illumina. Si illumina di  prospettive e si mescola all'interesse malcelato, fino a diventare una vera e propria passione. E gelosia. E trasporto. Per un ragazzo che rappresenta un'incognita e porta con sé tutta una serie di pulsioni che si dilatano giorno per giorno.  
Armie Hammer, a sua volta, rimanda un personaggio misurato,già adulto, proiettato verso la realizzazione, dimostra la sicurezza arrogante del tipico americano della middle class un po' spocchioso, che ha il corpo perfetto delle statue greche che studia, che tiene a distanza Elio o lo liquida sempre con il suo asciutto "Later!" (A dopo) nei momenti in cui meno se lo aspetta. Lo lascia lì, in mezzo alla piazza o seduto al tavolo dove fanno colazione, come a dirgli " ho di meglio da fare che stare a perdere tempo con te". Per tutto il tempo, Oliver non perde di vista l'obiettivo per il quale è là, ma resta sempre in bilico tra l'essere circospetto perché "mi conosco e so cosa finirei con il fare", come ripete più di una volta, e la voglia invece di oltrepassare i confini, di lasciarsi andare veramente a sé stesso. E' l'adulto della situazione, che ha l'esperienza dalla sua,  in qualche modo si ritrova ad essere il primo, non vuole essere avventato né rinnegare quella che è attrazione allo stato puro.  

Ed è forse qui che mi sono arrabbiata di più per gli evidenti tagli e cambi di registro improvvisi e illogici rispetto a quello che i personaggi potevano mettere in campo. La chimica sorprendentemente naturale ed innegabile che c'è tra i due attori, prima ancora che tra i personaggi che interpretano, avrebbe dovuto essere meno allusiva e più espansiva.
Il regista ha affermato di aver voluto eliminare molte scene di nudo  e gran parte della narrazione fuori campo prevista dalla sceneggiatura di James Ivory: Se posso essere d'accordo sulla prima scelta, considero la seconda un autogol. Bisognava osare perché il materiale per farlo lo permetteva.
Guadagnino, certamente costretto ad un certo punto anche a scegliere cosa poter tenere e cosa no, sembra dover decidere se censurarsi o confidare nella capacità del pubblico di colmare il non detto che sarebbe stato necessario almeno accennare. 
O sperare semplicemente che sia stato letto il libro. (Che trovare al momento vi assicuro non è una cosa proprio facile).

C'è una sensualità costante e una tenerezza infinita nella narrazione dell' avvicinarsi ed allontanarsi dei protagonisti, ma soprattutto c'è una naturalezza non forzata nel raccontare quella che è di fatto una storia omossessuale. 
In realtà, se al posto dei due protagonisti, ci fosse stata la canonica coppia uomo-donna, vi assicuro che la differenza non sarebbe stata minimamente notata perché ciò che viene fuori  è il racconto di come nasce un attrazione, un desiderio che travalica le convenzioni e il genere, che è semplicemente istinto che si trasforma nel volere l'altro in tutti i modi che alla mente e al corpo umano la natura ha concesso. Qualcosa in cui nessuno faticherà ad immedesimarsi, al di là della propria esperienza di vita personale e del proprio orientamento.
Quello che trasmette il film è, alla fine, talmente spontaneo e pulito da qualsiasi malizia o controversia da rendere giustizia all'idea che non è possibile considerare naturale solo e unicamente quell'amore che esiste tra due persone di sesso opposto. E ci dimostra quanto sia assurdo e ingiusto e innaturale farlo ancora adesso nella realtà attuale.
Emblematico è il discorso intenso di un genitore, il professor Perlman di Michael Stuhlbarg, che dimostra un sostegno di questa tesi e, insieme, un affetto e un'accettazione di un padre per il figlio e le sue scelte, che di questi tempi sembra ancora difficile da perpetrare e assimilare. 

Il finale, ammesso che il progetto si fermi effettivamente qui, è quanto di più straziante e  lacerante ci si possa aspettare.  E non ho usato i termini a caso, ve lo posso assicurare: la tristezza di due persone che vivranno una vita che li allontana segna profondamente i due protagonisti e gli spettatori che saranno arrivati alla fine.

A meno che non siate dei tristi e aridi cinici del cuore. In quel caso non andate a vederlo questo film, perché, detto tra noi, non ve lo meritate.

martedì 2 gennaio 2018


Scrivevo un anno fa che la vita non sa niente degli anni e che il tempo di ognuno di noi è scandito da rintocchi soggettivi che esulano spesso da tutto il resto. Ci siamo noi, i nostri passi, le nostre attitudini che si susseguono in un ritmo cangiante e di cui spesso non ci rendiamo nemmeno conto. E il tempo per così dire esterno è, in qualche modo , solo un intreccio che gioca con le nostre vite.
La mia vita, in realtà, è solo incastrata in una serie di loop intercambiabili a seconda delle stagioni, con in sottofondo la famosa "disperata certezza che le cose finiranno". Sono una persona romantica la maggior parte del tempo. 
E niente, tutto questo per dire solo che, ora come ora, per quello che sono (e soprattutto per quello che NON sono) diventata, di come passi il tempo ormai mi interessa poco. 
Ma decisamente avrei bisogno di Attimi. 
Attimi che sconvolgano il corso incastrato della mia esistenza. Imparare a cogliere quelli che sono destinati ad essere momenti concreti, veri, che mi portino da qualche parte. 
Che mi insegnino a credere che può essere davvero meglio di così.

domenica 31 dicembre 2017


" I greci vedevano il futuro come qualcosa che ci arriva alle spalle, mentre il passato si allontana davanti a noi.
A pensarci bene, è una metafora più esatta della nostra: come si può guardare al futuro? Si possono solo fare proiezioni dal passato, anche quando il passato dimostra che queste proiezioni sono spesso errate. E come si può veramente dimenticare il passato? Che cos'altro conosciamo?
(...) Come sia il futuro che arriva alle mie spalle non lo so, ma il passato, davanti a me, domina tutto a perdita d'occhio."

 R. M. Pirsing

# e anche oggi saremo felici domani
# o era ieri?
# Countdown

lunedì 18 dicembre 2017

Star wars: The Last Jedi,2017, dir. R. Johnson


C'è un momento topico, verso la fine del film, che riassume ampiamente il peso che personalmente sono disposta a concedere a questa "nuova era" del franchising ed è nello specifico (SPOILER) quando al momento del vero confronto tra Ben Solo e Skywalker, con quest'ultimo sotto il fuoco incrociato della grande ammiraglia che avrebe incenerito la qualunque, riemerge da fumo ed esplosioni, esattamente nello stesso punto, e con una mano si scrolla la polvere dalla spalla, con una espressione i cui sottotitoli immaginari erano:
"È tutto qui quello che sei capace di fare?" 

Per me è stata la scena più emozionante dell'intero film. Anzi, di entrabi i nuovi episodi VII e VIII messi insieme. Di cui mi è rimasto il minimo indispensabile.
Ricordo benissimo anche i momenti più insignificanti dela trilogia originale, ma a malapena ricordo come inizia o finisca la trilogia del prequel o questa dei sequel. 
È il gap che ovviamente il nuovo, seppur confezionato in maniera discreta, non riuscirà mai a colmare.
Non ho dubbi che si sfiorerà in qualche modo la perfezione, in questa nuova era. Ma lo spirito e l'emozione (non so se il nostro di spettatori o il loro di produttori) purtroppo non saranno minimamente comparabili.
Tutto questo sarà qualcosa....ma sarà altro.

Un granello di polvere che verrà scrollato via.

ps: giusto per essere chiari, i Porg sono di un' inutilità inenarrabile. Mentre le Volpi di Ghiaccio sono la perfezione senza se e senza ma.

venerdì 15 dicembre 2017



"Oh once in your life you find someone
who will turn your world around 
Bring you up when you're feelin' down"

Heaven, Bryan Adams,
  Get Up Tours,  Torino

Non posso dire di avere una cultura musicale sopraffina...normalmente almeno il 70% della musica che ascolto ha a che fare con le colonne sonore dei film. Il restante 30% se lo giocano De Gregori, Baglioni e la musica anni '80.

Quella sera ero tra il pubblico. 
E niente, mentre cantavo in mezzo alla marea di persone, anche se lui (quasi 60 enne e con la giacca elegante) era una versione 2.0 del rocker per cui avevo una cotta a fine anni 80, sono tornata ad avere 15 anni per 3 ore e  ho scartato un regalo che per raggiungermi ci ha impiegato più di 20 anni.



lunedì 20 novembre 2017


Before Midnight, 2013, R. Linklater

A volte penso che Linklater sia semplicemente avanti. Scene come questa ne sono la conferma.


venerdì 17 novembre 2017

" Sei un mostro."
"Diciamo che dò da mangiare ai mostri "

The Place, 2017, dir. P. Genovese


lunedì 6 novembre 2017

Blade Runner Blues, Vangelis

"Ci vorrebbe un tasto svuota destino"
 (cit. Fluxia)

Finalmente piove.
Vorrei scivolare via come l 'acqua e sfuggire al mio, di destino.
Mi ritrovo, ogni volta, al punto di partenza.
E sono stanca.

domenica 8 ottobre 2017


Blade Runner 2049, 2017, dir. D. Villeneuve 

Premetto che sono una fan del  Blade Runner originale e onestamente non credo necessitasse di un sequel. 
Purtroppo il periodo passerà alla storia per la totale mancanza di originalità e soprattutto per la serializazzione della qualsiasi.   
Apprezzo Villeneuve come regista ( belli Sicario e Prisoners,ho amato Arrival nonostante ad un certo punto si perdesse...). 
Parlare di capolavoro per me è eccessivo: il primo Blade Runner resta inarrivabile e irripetibile, anche perché tutti lo hanno guardato perché c'era un immaginario ricchissimo sul Futuro da sfruttare, mentre adesso è come se non ci aspettasse più nessuna sorpresa. In questo 2049 non c'è nessuna scintilla di genio..il film è bello, in qualche modo hanno trovato la via  di legarlo strettamente all'originale attraverso una dimensione emozionale che è propria di Villeneuve, ma che apparteneva pochissimo al Ridley Scott dell'originale. Alla registrazione del colloquio tra Dekhart-Rachel ammetto di aver avuto un aussulto...Ci ho ritrovato echi di Her, ma non la stessa sensibilità emotiva,vuoi perché Ryan Gosling recita con il piglio di un imbalsamato, vuoi perché proseguendo la sceneggiatura è un po' prevedibile e forzata. 
Mi ha colpito la figura della creatrice dei ricordi e per una volta Harrison Ford è  riuscito a recitare senza dare quell'impressione di farti un favore. Certo, ucciderei chi lo ha vestito con una cazzo di t-shirt da portiere pensionato,ma vabhe. 
Detto ciò, a me è piaciuto, andrò anche a rivederlo...ma spero vivamente non me facciano un terzo episodio,ma la sospensione in cui è stato lasciato mi preoccupa.

domenica 1 ottobre 2017

Lecce, anni 80'
.
Ho ricordi lontani di me bambina,avrò avuto non più di 5 o 6 anni, in passeggiate in questa piazza,soprattutto verso le feste o in quei giorni in cui era il momento di rifare il guardaroba. Proprio alle spalle della piazza, in una strada parallela, ai tempi c 'era un negozio di scarpe per bambine, Primigi, dove ho passato interminabili sedute di prova.Da lì, sospetto, la mia idiosincrasia per le scarpe.
Mi ricordo decisamente l'insegna della Coca Cola e quella della Campari. 
E le macchine. Tante macchine,parcheggiate laddove ora ci sono fioriere di piante e panchine.

Lecce resta bellissima, tanto oggi in quanto sobria, tantissimo ieri in uno splendore di luci che la facevano sembrare Time Square.