lunedì 4 settembre 2023



Qui si continua a non capire il punto effettivo che vuole porre Favino, e cioè che prima di chiunque altro, dovrebbe essere una produzione italiana ad affrontare un lavoro biopic su personaggi intimamente connessi con la cultura e la visione italiana della vita, non un cast e una produzione anglosassone che sono ad anni luce da essa e peraltro lo farebbero in inglese ( che, giratela come volete, non ha niente a che fare con l'espressione e la semantica italiana. )

Noi non faremmo mai un biopic su Roosevelt o su Michael Jordan o su George Washington, e semmai fossimo così sconsiderati da provarci, gli americani sarebbero i primi a deriderci e a dirci "dove cazzo volete andare".

Avete per caso notizia di una qualche produzione americana che abbia affrontato dal punto di vista culturale e visivo la seconda guerra mondiale a Roma? se Rossellini non avesse fatto Roma Città Aperta a quest'ora ci ritroveremmo con un film girato con un americano che tenta di innestare l'american way of life nella Roma del 1945, senza cogliere Roma come hanno fatto la Magnani e Fabrizi. Per non parlare di Fellini con Rimini e De Sica con mezza Italia.

E questo non vuol dire essere sovranisti perdio.

Tutti gli italiani che sono andati a lavorare in America, persino un regista discutibile come Muccino, si sono dovuti piegare allo stereotipo dell'american way of life, con la loro partizione in film prettamente di genere, che con lo stile italiano centra esattamente un cazzo. Per girare con Will Smith, Muccino mica ha fatto un film drammatico con glia archetipi italiani che ci appartengono.

Col cazzo che gli studios glieno avrebbero lasciato fare perché, che vi piaccia o no, il cinama americano va avanti a stereotipi di genere che impongono la loro culturalità, la loro visione, mica un qualcosa di universale applicabile in ogni dove e in ogni quando.

Eppure noi gli Oscar li abbiamo vinti con film italiani che veicolavano la nostra cultura e il nostro punto di vista su una storia che poteva essere universale, a partire da Rossellini, passando per Tornatore e Salvatores, ad arrivare fino a Sorrentino ( che per altro a me fa grandemente cagare).

Ne fate una questione di soldi?

perchè pensate che gli Studios Americani lo facciano per la gloria dell'arte della settima musa?

Gli stessi studios che si avvalgono in larga parte di manovalanza italiana per gran parte dei loro film, per ignorarli poi in sede di premiazione come hanno fatto per una vita con Morricone?

Morricone che, ha fatto, faceva e farà le scarpe a tutti i compositori americani ha vinto un oscar solo quanto ha girato il peggior film di Tarantino, che però ha potere mediatico ad Hollywood e fa guadagnare gli studios.

Morricone è stato grandemente snobbato con The Mission, che non era una produzione americana ma inglese, che resta la sua eredità musicale più superba. MA non veicolava standard culturali americani.

Ergo, fatevi due conti e cercate di uscire dallo snobbismo in cui ci ha precipitati il cinema americano. Loro c'hanno più soldi perché non lasciano campo libero a nessuno, non si lasciano prevaricare culturalmente lasciando che qualcun altro faccia prima di loro qualcosa che è loro per cultura e ambito.

E' da questo che cerca di uscire Favino e in Italia facciamo gioco a quel sistema lì che va a nostro danno semplicemente perché non si ha una cultura cinematografica che si discosti dal mainstream americano, chè se non c'è una storia deliberatamente americana non lo andiamo a vedere il film indipendente del regista italiano.

Mi viene sempre in mente un'intervista di Mainetti riguardo a Lo Chiamavano Jeeg Robot che riassume perfettamente quello che ha detto Favino: la cultura dei supereroi non è italiana, ma americana. Se noi vogliamo competere con gli americani non dobbiamo fare film con supereroi americani, perché non possiamo competere. Dobbiamo fare una storia di supereroi ma immersi nella cultura e nel punto di vista italiano. E va ricordato che Mainetti il film se l'è dovuto produrre da solo perché nessun produttore voleva rischiare, salvo poi salire sul carro una volta che è esploso in Italia e all'estero.