Esistono anche altre donne. Esiste San Suu Kyi, che dice:
«Un’esistenza significativa va al di là della mera gratificazione di necessità materiali. Non tutto si può comprare col denaro, non tutti sono disposti ad essere comprati. Quando penso a un paese più ricco non penso alla ricchezza in denaro, penso alle minori sofferenze per le persone, al rispetto delle leggi, alla sicurezza di ciascuno, all’istruzione incoraggiata e capace di ampliare gli orizzonti. Questo è il sollievo di un popolo».
Osservo le ragazze che entrano ed escono dalla Questura, in questi giorni: portano borse firmate grandi come valige, scarpe di Manolo Blanick, occhiali giganti che costano quanto un appartamento in affitto. È per avere questo che passano le notti travestite da infermiere a fingere di fare iniezioni e farsele fare da un vecchio miliardario ossessionato dalla sua virilità. E’ perché pensano che avere fortuna sia questo: una valigia di Luis Vuitton al braccio e un autista come Lele Mora. Lo pensano perché questo hanno visto e sentito, questo propone l’esempio al potere, la sua tv e le sue leader, le politiche fatte eleggere per le loro doti di maitresse, le starlette televisive che diventano titolari di ministeri.
Ancora una volta, il baratro non è politico: è culturale. E’ l’assenza di istruzione, di cultura, di consapevolezza, di dignità. L’assenza di un’alternativa altrettanto convincente. E’ questo il danno prodotto dal quindicennio che abbiamo attraversato, è questo il delitto politico compiuto: il vuoto, il volo in caduta libera verso il medioevo catodico, infine l’Italia ridotta a un bordello.
Sono sicura, so con certezza che la maggior parte delle donne italiane non è in fila per il bunga bunga. Sono certa che la prostituzione consapevole come forma di emancipazione dal bisogno e persino come strumento di accesso ai desideri effimeri sia la scelta, se scelta a queste condizioni si può chiamare, di una minima minoranza. È dunque alle altre, a tutte le altre donne che mi rivolgo. Sono due anni che lo faccio, ma oggi è il momento di rispondere forte: dove siete, ragazze? Madri, nonne, figlie, nipoti, dove siete. Di destra o di sinistra che siate, povere o ricche, del Nord o del Sud, donne figlie di un tempo che altre donne prima di voi hanno reso ricco di possibilità uguale e libero, dove siete? Davvero pensate di poter alzare le spalle, di poter dire non mi riguarda? Il grande interrogativo che grava sull’Italia, oggi, non è cosa faccia Silvio B. e perché.
La vera domanda è perché gli italiani e le italiane gli consentano di rappresentarli. Il problema non è lui, siete voi. Quel che il mondo ci domanda è: perché lo votate? Non può essere un’inchiesta della magistratura a decretare la fine del berlusconismo, dobbiamo essere noi. E non può essere la censura dei suoi vizi senili a condannarlo, né l’accertamento dei reati che ha commesso: dei reati lasciate che si occupi la magistratura, i vizi lasciate che restino miserie private.
Quel che non possiamo, che non potete consentire è che questo delirio senile di impotenza declinato da un uomo che ha i soldi – e come li ha fatti, a danno di chi, non ve lo domandate mai? - per pagare e per comprare cose e persone, prestazioni e silenzi, isole e leggi, deputati e puttane portate a domicilio come pizze continui ad essere il primo fra gli italiani, il modello, l’esempio, la guida, il padrone.
Lo sconcerto, lo sgomento non sono le carte che mostrano – al di là dei reati, oltre i vizi – un potere decadente fatto di una corte bolsa e ottuagenaria di lacchè che lucrano alle spalle del despota malato. Lo sgomento sono i padri, i fratelli che rispondono, alla domanda è sua figlia, sua sorella la fidanzata del presidente: «Magari». Un popolo di mantenuti, che manda le sue donne a fare sesso con un vecchio perché portino i soldi a casa, magari li portassero. Siete questo, tutti? Non penso, non credo che la maggioranza lo sia. Allora, però, è il momento di dirlo.
da concita.blog.unita.it
martedì 25 gennaio 2011
domenica 23 gennaio 2011
L'INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DELL'ESSERE....
"SPESSO SI DICE DI UNA DONNA CHE EVIDENZIA COMPORTAMENTI POCO RILASSATI
CHE HA BISOGNO DI ESSERE 'SC*****'.
IO PENSO CHE MOLTE DI NOI ABBIANO BISOGNO INVECE DI ESSERE BACIATE.
IO,PER ESEMPIO, HO BISOGNO DI ESSERE BACIATA ,A LUNGO, PROFONDAMENTE,
FINCHE' MI TREMANO LE GINOCCHIA."
da Tumblr,La vita è nonostante
Combatto ogni giorno con i luoghi comuni.
Uno dei quali è appunto la convinzione ,assai diffusa, che il sesso
guidi o influenzi in maniera preponderante il modo di essere di una persona.
Certo,con tutto quello a cui oggettivamente siamo costretti ad assistere ultimamente,
ci sarebbe da dar ragione a Woody Allen quando dice che determinati soggetti
"hanno una loro etica. Tutta loro. Ed è una tacca più sotto di quella di un maniaco sessuale."
Tuttavia....
essendo una persona un tantino inquieta,
magari ogni tanto imprevedibile,
magari anche assai problematica,
di quelle ansiose che hanno mille timori e finiscono con il complicarsi la vita,
fino al punto da risultare pesanti..
una di quelle che la calma non ce l'ha nel DNA,
ultimamente mi sento leggermente indisposta verso
una buona dose di osservazioni riguardanti l'accostamento
di un determinato modo di essere al sesso.
Posso accettare che esso sia una dimensione in qualche modo imprescindibile
della vita in sè.
E accettare anche che l'umoralità di una persona a volta ne risulti condizionata.
Ma comincia starmi un po' stretto,se non proprio indigesto
questo voler continuamente ridurre la totale percezione che si può avere di una persona,
spesso peraltro alterata dalle circostanze e da un ingannevole giudizio soggettivo,
alla sua vita intima.
E' scegliere di vedere solo ciò che vogliamo di vedere,
trasformando quella che potrebbe essere una semplice esuberanza di intenti
in esondazione di istinti.
LUOGHI COMUNI.
QUANTO LI ODIO.
martedì 18 gennaio 2011
APRICOT - short film by Ben Briand
venerdì 14 gennaio 2011
[FAMMI UNA SORPRESA....
.....UNA COSA CHE NON SIA DA TE,UNA COSA CHE NON HAI NESSUN MOTIVO DI FARE,
PER FAVORE,PENSA A ME, PENSAMI E POI CHIAMAMI
PER SAPERE A CHE ORA RIENTRO DAL LAVORO
-si,stupisciti del fatto che io sia ancora al lavoro-
FAMMI DIMENTICARE I PICCOLI, RIPETUTI FALLIMENTI DI QUESTA GIORNATA,
E POI ASPETTA CHE IO TORNI,
TORNA A DARMI QUALCOSA A CUI TORNARE,CHIEDIMI SE HO CENATO,
CHIEDIMI SE HO FAME,
SGRIDAMI PERCHE' SALTO I PASTI,METTI SU UN CD,PRENDIMI LE MANI
E FAMMI BALLARE,COI PIEDI SCALZI E LA TESTA APPOGGIATA AL TUO TORACE,
STORPIA ANCORA UNA VOLTA LA MIA LINGUA MADRE
PER DIRMI ALL'ORECCHIO SEI MOLTO PIU' BASSA DI ME,
PER FARMI SORRIDERE,PER FARMI PENSARE CHE TUTTO IL RESTO DAVVERO NON CONTA..]
Da Tumblr,"Poche idee,ma confuse"
Io non ho un tumblr,perciò non posso semplicemente re-bloggare un pensiero.
Io ho solo un blog...e per questo ogni tanto,quando mi capitano di questi pensieri,
che mi si intrappolano negli occhi,mi inondano la mente,
sposandosi con quelli che già c'erano,un po' come succede quando
stai leggendo un libro e trovi una costruzione di parole che non sono tue,
ma che finiscono con l'essere te lo stesso e non puoi fare a meno di innamorartene
e sottolinearle all'infinito,
e arrivano a pervadere anche il resto del corpo,
fin alla punta delle dita delle mani,fino alla bocca dello stomaco,
attraverso le spalle e le braccia e le gambe....
beh...quando capitano di questi pensieri
che sono parte di te e di quella cosa illogica che senti dentro...
allora io re-bloggo a modo mio.
Perchè quelle parole sono parte di me ed io ho bisogno di dirle in qualche modo
per farle diventare mie definitivamente.
E lasciare andare quello che mi vortica nei pensieri e non posso dire ad alta voce.
domenica 9 gennaio 2011
SONG FOR YOU..
"AND I SEE YOU HIDING YOU FACE IN YOUR HANDS
TALKING ABOUT FAR-AWAY LANDS
YOU THINK NO ONE UNDERSTANS
LISTEN TO MY HANDS
AND ALL OF THIS LIFE
MOVES AROUND YOU
FOR ALL THAT YOU CLAIM
YOU'RE STANDING STILL
YOU ARE MOVING TOO
I WILL MOVE YOU.."
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giovedì 6 gennaio 2011
AWAY WE GO
"QUANDO TROVIAMO UNA PERSONA LA CUI STRANEZZA E' COMPATIBILE CON LA NOSTRA",
ha scritto Robert Fulghum, "CI UNIAMO A LEI PER CREARE UNA STRANEZZA CHE SODDISFA ENTRMBI.E LA CHIAMIAMO AMORE".
Ho sempre amato questa rappresentazione dell'amore di Fulghum
e mi sono convinta che non ci sia affermazione migliore
per riuscire a descrivere questo film.
Perchè questa è una storia di vita che può andare e che va al di là del verosimile,
per trasformarsi in un vissuto specchio di una generazione (la mia).
Una storia che la guardi,la vivi scena dopo scena e,sommessamente,pensi
"potrei essere io" o ,più ancora "vorrei essere io". O "sono io".
Una storia in cui l'amore significa prima di tutto
accettarsi esattamente per quello che si è veramente
e accettare(con le inquietudini e riflessioni che ne conseguono)
la necessità di ridefinirsi ogni giorno,momento dopo momento.
Un amore al di fuori di schemi prestabiliti,in cui le personalità eccentriche
e teneramente goffe dei due protagonisti non vengono soffocate
dalle loro (vere o presunte) inadeguatezze umane,
quelle con cui ci si confronta quando si raggiunge una fase della vita
in cui si cominciano a tirare timidamente le primissime somme.
Un amore che ha necessità di evolvere quando arriva il momento
che richiede di essere pronti ad accogliere una nuova vita,
andando alla ricerca dell'ambiente migliore per chi sta per nascere.
E allora cosa fa questo amore "per andare avanti"?
Segue il proprio spirito di libera indipendenza,
fa uno scherzo alla latente senzazione di inadeguatezza
e non si piega alla paura comprensibile che fa chiedere ai due protagonisti
"siamo dei falliti?",mentre si abbracciano al buio in una stanza fredda.
Questo amore non si ferma sui suoi passi,
quelli che lo inchiodano in un posto e in un modo di vivere e di pensare,
ma parte per un viaggio on the road
alla ricerca di un nuovo posto da chiamare e sentire casa,
magari accanto a qualcuno con cui condividere
la felicità per la nascita di una nuova vita.
Ed è un amore che si rinforza ancora di più
e supera il confronto con gli svariati concetti di identità,famiglia,maturità,
modelli sociali e culturali di questi tempi,
siano essi incarnati da un famigliare o da pseudo-amicizie,
superando convenzioni che anche lo vorrebbero
necessariamente ufficiale e votato alla ricerca e al raggiungimento
dello status quo della gente che si presuppone adulta e matura,"normale".
Il tutto tra momenti grotteschi ed esilaranti,
farciti di quella semplicità e insieme di quella insicurezza che permea le nostre vite,
che all'ultimo restituiscono una visione della coppia
e della genitorialità nel senso più positivo dei termini.
Ed io ho amato questo film soprattutto per questo.
E anche perchè Burt è un po'(tanto,ma proprio tanto) l'uomo reale
che spererei di incontrare prima o poi.
E perchè in qualche modo non troppo lontano dalla realtà,Verona sono proprio io...
E perchè la colonna sonora è semplicemente straordinaria e perfetta e ti fa sentire sulla strada insieme al loro amore.
E perchè il regista è Sam Mendes:"American Beauty",è ho detto tutto.
IL MIO ANNO CINEMATOGRAFICO E' COMINCIATO NEL MIGLIORE DEI MODI. :)
giovedì 23 dicembre 2010
MI PREPARO CON METODO SCIENTIFICO...
Come ogni hanno è arrivato il fatidico momento.
Tra 6 ore parto per andare incontro al Natale
e a tutto quello che ne consengue.
E come ogni anno NON NE HO ASSOLUTAMENTE VOGLIA.
Non ci sarà il mio gatto ad sdrammatizzare e
a confortarmi/supportarmi/coccolarmi/non farmi pentire di aver
affrontato 13 ore di viaggio per niente.
Questo sarebbe un ottimo
motivo per un ripensamento dell'ultimo momento.
MA...come dice Snoopy,
UN'INTERA MONTAGNA DI RICORDI (anche se sbagliati e tristi,questa è mia....)
NON EGUAGLIERA' MAI UNA PICCOLA SPERANZA.
Ed io,da qualche parte dentro di me,covo sempre un piccola speranza.
Per qualsiasi cosa o situazione o persona.
TUTTAVIA...
se qualcuno ha un vero metodo scientifico per sopravvivere,
accetto consigli.........................................................
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domenica 19 dicembre 2010
venerdì 17 dicembre 2010
PER STASERA PRENDO IN PRESTITO...
"A me non mi piacciono i belli, mi piacciono gli scienziati.
Non mi piacciono i giovani, preferisco gli affranti.
Neanche gli affascinanti mi piacciono, mi annoiano.
Tra un ricco e un povero scelgo il povero, perché può diventare ricco.
Non mi piacciono i cattivi che fanno i buoni; invece, mi piacciono i buoni quando fanno i cattivi.
Gli eleganti mi piacciono, soprattutto se non sanno di esserlo.
Così gli intelligenti: mi piacciono, specie se non si spiegano perché mi piacciono.
Mi piacciono gli ironici, non i comici. I cinici non mi piacciono.
Mi piacciono quelli che il cambio dell’auto lo tengono così, non così.
Non mi piacciono quelli che parlano quando parlo io, e nemmeno quelli che parlano quando voglio io;
mi piacciono quelli che parlano poco, ma largo.
Mi piacciono quelli che fanno il tè, ma male.
Gli irosi non mi piacciono, preferisco i miti.
Tra un mite e un offeso, preferisco l’offeso;
tra un offeso e un severo preferisco il severo;
tra un severo e un solitario preferisco il solitario.
Non mi piacciono quelli che parlano di sesso. Mi piacciono quelli che parlano di erotismo.
Quelli che si divertono non mi piacciono; mi piacciono quelli che non si divertono.
Mi piacciono i cinefili, ma solo se non dicono di esserlo.
Mi piacciono i delicati, ma mi piacciono anche gli intensi.
Mi piacciono gli aspri, non mi piacciono gli arroganti.
Mi piacciono gli irriverenti, non i prepotenti.
Non mi piacciono i gelosi, ma mi piacciono i gelosi.
I freddolosi non mi piacciono.
Mi piacciono i precisi, non i pignoli.
Mi piacciono i lavoratori che sono contro il lavoro, non il contrario.
Mi piacciono quelli che si commuovono, ma davanti alla gentilezza, non all’offesa ricevuta.
Mi piacciono i gentili, i nobili, e non intendo di nascita.
Quelli che hanno i cani non mi piacciono, mi piacciono quelli che amano i gatti.
Quelli che usano il profumo mi piacciono, se mi piace il profumo.
Mi piacciono quelli a cui piaccio; quelli a cui non piaccio non mi piacciono.
Mi piacciono quelli che non conosco bene.
Mi piacciono anche quelli che conosco bene, se mi piacciono.
Quelli che hanno più libri di me mi piacciono.
Quelli che hanno meno libri di me anche mi piacciono, ma meno.
Mi piacciono quelli che si chiamano con nomi maiuscoli, come Adriano.
Quelli che si lavano mi piacciono, quelli che usano le creme no.
Gli esperti d’arte mi piacciono poco.
I matematici, i geografi, gli egittologi, i filologi mi piacciono.
Non mi piacciono gli infermieri, e nemmeno i dirigenti d’azienda.
I medici mi piacciono, ma pochi.
I musicisti e gli scrittori anche mi piacciono, ma preferirei che non mi piacessero.
I maestri elementari mi piacciono molto, gli insegnanti di educazione tecnica non mi piacciono.
Quelli che credono in Dio non mi piacciono.
Mi piacciono quelli che sono migliori di me, ma a volte mi piacciono anche quelli che non lo sono.
I bugiardi a volte mi piacciono, a volte no.
I sinceri a volte mi piacciono, a volte non mi piacciono.
Mi piacciono quelli che ridono, quando si deve ridere;
non mi piacciono quelli che non ridono.
Ma tra uno che ride sempre e uno che non ride mai meglio quello che non ride mai.
Mi piacciono quelli che stanno zitti.
Quelli che suonano il piano mi piacciono, quelli che suonano la chitarra non mi piacciono.
Quelli che amano Heidegger non mi piacciono. Mi piacciono quelli che conoscono Adorno.
Quelli che amano Benjamin mi piacciono ancora di più.
Mi piacciono quelli che si svegliano presto.
Mi piacciono i duri, ma ci siamo capiti.
Mi piacciono quelli che sanno dire il mio nome.
Mi piacciono quelli che sanno stare lontani.
Mi piacciono quelli che anche da soli nella foresta mi sanno inviare scintille.
Mi piacciono quelli che mi chiedono se ho preso il treno."
dal Blog LAVORIO MENTALE
Qualche volta lascio ad altri la capacità di descrivermi.
Non perchè mi ritengo una persona così scontata da poter essere
incasellata in un momento.
Semplicemente è una questione di avere una sorta di simile energia interiore.
Potrei cambiare parole,costruzione,sintassi.
Usare le parole tanto complicate che mi piacciono immensamente
nel loro suono modulato e nella loro scrittura.
Magari potrei sentire il post ancora più mio.
Ma perchè complicare cose che vanno già bene così?
Perciò...grazie a D.R. e Tumblr:
Per stasera prendo in prestito...
domenica 12 dicembre 2010
QUANDO IL SABATO IL TELEFONO SUONA..
Ho notato che di solito scelgono tutti di comunicarlo il sabato.
Aspettano tutti il calar del sole..quando mi sto rilassando...
quando sto pensando a come sarà la serata (da single)
Sono lì,alla luce bassa della mia camera,con un po' di musica in sottofondo...
impegnata nel mio sport preferito:
fissare il soffitto,persa nei miei pensieri vagabondi e sbarazzini
(Se nessuno lo rivendica mi attribuisco
il record di ore passate a fissare il soffitto
all'inseguimento di pensieri ogni volta più sbarazzini.
A volte organizzo safari.)
E poi squilla il telefono.
Nell' ultimo anno e mezzo...di sabato.....
mentre sono impegnata ad escogitare
un modo leggero e spensierato e superficiale
per passare indenne la serata,squilla il telefono
e sento sempre le stesse due parole:
"MI SPOSO".
(Una volta,ad onor del vero,è successo al ritorno da una serata danzante.
Stavo quasi per appisolarmi sul sedile posteriore della macchina di P.,
che P.ed E. esordiscono con un "CI SPOSIAMO".
Il risultato non è cambiato poi tanto)
E ho come la sensazione di essere Hugh Grant in
"Quattro matrimoni e un funerale".Senza il funerale.
Intendiamoci:VA BENE.
Va bene sentir dire ad F. (dopo anni di "non fa per me"):
"sono andata a vivere da lui.
Era la cosa più sensata da fare finchè...."
Va bene soprattutto sentire la versione del lui in questione:
"Da quando c'è lei vivo in maniera più normale.
Ogni tanto mi relega nella stanzetta perchè russo.
Ma è meglio finchè..."
E immaginarsi la scena del "finchè"...e quella della stanzetta.
Va bene rispondere al telefono convinta di dover semplicemente
concordare l'orario per uscire a bere qualcosa e
sentire la voce di I. dire "sai...ti volevo dire che mi sposo il..."
E commuoversi perchè sai già che ti mancherà tantissimo
non averla più intorno a rimetterti in riga quando devi
o a presentarti l'ennesimo uomo che non ti andrà bene....
ma sei veramente felice per lei perchè era il momento giusto.
Va bene (anche) quando a chiamare sabato scorso è stato il
mio ex-lovefriend storico.
Va bene guardare il display che si illumina con il suo nome e
sapere che è per quel motivo che sta chiamando,
perchè te lo sentivi per tutta la settimana e lo avevi anche
detto a pranzo qualche giorno prima alla Famiglia del Mulino Bianco.
Percepire il sorisetto sornione dall'altro capo del telefono
quando dici "lo so cosa mi vuoi dire"
e la risposta :"allora sei preparata,SAI CHE DEVI ESSERCI PER FORZA ".
Magari non ero preparata al fatto che poi ci saremmo detti tutto quello
che non siamo riusciti a dirci dopo la nostra rottura.
Non ero preparata al dovermi rendere conto che resta ancora lui
l'unico essere maschile che riesca a capire fino in fondo chi sono.
Che nessuno può vedermi da dove mi guardo io.Tranne lui.
E non sai se presenziare a questo matrimonio sia la cosa giusta da fare,
ma VA BENE.Sei felice per lui e questo è più di quello che ti aspettavi.
Solo...tutti questi comunicati mi stanno sfinendo psicologicamente.
Non tanto per invidia,come si potrebbe giustamente pensare:
Io non sono mai stata interessata al matrimonio.
E LO RIVENDICO CON ORGOGLIO,
Soprattutto perchè quando lo dico
il mondo non mi prende mai sul serio.MAI.
E' uno status quo che proprio
non mi si addice perchè la mia soddisfazione
più grande sarebbe svegliarmi accanto ad un uomo
che sceglie ogni giorno di restarmi accanto
perchè non potrebbe fare altrimenti
e non perchè ha firmato un contratto.
Trovare quel qualcuno che riesce a impedirti di vivere nella tua testa
e veda in te le cose buone che tu stessa non riesci a vedere.
Svegliarsi insieme al mattino.
Aprire gli occhi, guardarsi, e poi richiuderli.
E continuare a vedersi.
Basterebbe quello per quanto mi riguarda,
perchè esistono rapporti d’Amore che sono talmente grandi,
profondi e determinanti che la cosa davvero rilevante non è sposarsi o meno,
ma condividere il sentimento. E ci sono mille modi per condividerlo:
esserselo detto guardandosi negli occhi sancisce già di suo un matrimonio.
E' solo che tutte queste ufficializzazioni di massa
(per non parlare delle procreazioni avvenute e di quelle prossime),
scandite ritmicamente come se il mondo dovesse veramente finire nel 2012,
in questo momento della mia vita,
hanno come una sorta di potere condizionante che mi spaventa:
circoscrivono in maniera netta i margini della mia già strana vita sociale.
Sottolineano in maniera esponenziale la questione
della differenza tra l’essere grandi e l’essere adulti,
ed io mi sento all'empasse, al riguardo:
perché io non lo so cosa sono... grande? cinquenne?adulta? trentenne?
Le cose cambiano più in fretta di me ed io
non riesco a ritrovarmici più a distanza di un giorno con l'altro.
Perchè io sono una faccenda complicata.
E quando il sabato il telefono suona la cosa si fa seria.
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