venerdì 10 maggio 2019




"Behind every beautiful thing there's been some kind of pain"

NOT DARK YET, B.Dylan,1997, Time out of mind

"Ma la vita stessa dimostra di essere il più inaffidabile dei narratori, portandoci in un continuo viaggio dove è impossibile predire ciò che potrebbe accadere dopo. La vita stessa ci imbroglia. Ci inganna. Dipinge un uomo come un eroe quando potrebbe benissimo essere un cattivo. Eroe o Cattivo? Cattiva o eroina? O forse nessuno dei due. Forse la vita è vestire il ruolo, ancora una volta, di inaffidabile imbroglione. Forse chi è dipinto come eroe o cattivo delle nostre storie, in realtà, è solo una comparsa di un film molto più grande. Forse sono solo delle aggiunte che riempiono l'immagine, così i veri eroi possono avere delle comparse in sottofondo."
LIFE ITSELF, 2018, dir. D. Fogelman

Ho visto il film per due motivi essenziali: il regista e la colonna sonora. Anzi, no. E' il contrario: la colonna sonora e il regista.
La colonna sonora.
Ci sono momenti in cui faccio fatica ad apprezzare il suo timbro vocale, tanto che molto spesso amo maggiormente le cover piuttosto che le versioni originali. Ma nella maggior parte dei casi, Bob Dylan resta uno dei miei cantautori preferiti. La sua è una scrittura e una visione emotiva del mondo che non ha eguali. 
Ho attraversato questi anni di vita con i sottofondo molte delle sue canzoni: "Nobody 'cept you", "The times they are a-changin'", "To fall in love with you", "Most of the time", "Like a Rolling Stone", "Forever young". " A hard rain's gonna fall"
Vedere un film con una colonna sonora di Dylan come parte integrante della storia e dei personaggi, mi sembrava quanto minimo scontato. Non conoscevo le canzoni dell'album che compongo la colonna sonora, quindi è stato anche un grande arricchimento perché ho scoperto canzoni che, almeno per oggi, mi hanno preso un po' di cuore.
Il regista.
Dan Fogelman mi ha folgorata come sceneggiatore di This is us. Per me la serie è catartica oltre ogni dire e invidio molto la visione d'insieme, la circolarità della vità, i destini incrociati che Fogelman riesce ad evocare in una storia.
Dylan e Fogelman insieme era motivi più che sufficienti per imbarcarsi in un film di cui non ho nemmeno visto il trailer, né molte altre notizie in merito.

E niente, nel film, esattamente come in "This is us", le storie partono da lontano: da luoghi diversi, con motivazioni a volte incommensurabili anche solo da ascoltare, a volte semplici e naturali nei risvolti. Le parole di Dylan danno un senso a diramazioni estreme di un singolo inaspettato e straziante evento che condizionerà la vita di diverse generazioni. Perché la vita stessa ci imbroglia,ci mette in ginocchio. Ci fa fare le comparse nella vita di altri,qualche volta gli eroi,  qualche volta i cattivi, ma senza esserlo mai veramente per scelta. Il mondo, e le persone che lo abitano, è collegato da sentimenti, sempre uguali nel tempo, sempre condizionanti. E, in qualche modo, sempre circolari.
Ci sono più colpi allo stomaco di quanto sarebbe naturale aspettarsi e una finale che, sebbene rappresenta un cerchio che si chiude, è comunque un finale troppo melenso persino per me.

Da guardare, a patto che siate a pronti a consumare pacchi interi di kleenex e abbiate il mood dell'accettazione incorporato, quello che vi fa sopportare che la vita, come in una partita di champions, è sempre tutta da decidere fino all'ultimo secondo dell'ultimo minuto di recupero. 
E che il bene non sempre è scontato, così come non è scontato il male.

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