venerdì 19 gennaio 2018

Roger Torrent i Ramió

Quando apri a caso la Stampa e scopri che la Catalogna ha un nuovo presidente del parlamento.
E poi pensi ad uno qualunque dei ministri Italiani degli ultimi 90 anni. 
E niente: Ti sale improvvisamente un attacco indipendentista.

martedì 16 gennaio 2018

The Man from U.N.C.L.E., 2015, dir. G.Ritchie

Questo film è largamente sottovalutato 

mercoledì 10 gennaio 2018

di David Ehrlich

# cose che riescono a migliorarmi le nottate
# la perfezione

lunedì 8 gennaio 2018

" Oppure <<essere>> e <<avere>> sono verbi del tutto inadeguati nell'intricata matassa del desiderio, per cui avere il corpo di qualcuno da toccare ed essere quel qualcuno che desideriamo toccare è la stessa cosa, sono solo rive opposte di un fiume che scorre dall'uno all'altro, poi torna indietro e infine va di nuovo verso l'altro, e ancora, e ancora, un circuito perpetuo dove le cavità del cuore, come le botole del desiderio e i buchi del tempo e il cassetto a doppiofondo che chiamiamo identità, condividono una logica ingannevole, secondo la quale la distanza più breve tra vita reale e vita non vissuta, tra ciò che siamo e ciò che vogliamo, è una scalinata tortuosa progettata con l'empia crudeltà di M.C. Escher. Quando ci avevano separati, me e te, Oliver? E perché io lo sapevo e tu no?".
" Lui era il passaggio segreto che mi conduceva a me stesso, come un catalizzatore che ci consente di diventare ciò che siamo, il corpo estraneo, il passista, l'innesto, il cerotto che manda gli impulsi esatti, il chiodo d'acciaio che tiene insieme le ossa di un soldato, il cuore di un altro uomo che ci rende più noi stessi di quanto non eravamo prima del trapianto". 
 "Vent'anni sono ieri, e ieri è stamattina presto, e stamattina sembra lontana anni luce. <<Sono come te>> ha detto. <<Mi ricordo tutto>>. Mi sono fermato un secondo. Se ti ricordi tutto, volevo dirgli, e se sei davvero come me, allora domani prima di partire o quando sei pronto per chiudere la portiera del taxi e hai già salutato gli altri e non c'è più nulla da dire in questa vita, allora, una volta soltanto, girati verso di me, anche per scherzo, o perché ci hai ripensato, e, come avevi già fatto allora, guardami negli occhi, trattieni il mio sguardo e chiamami con il tuo nome".
Chiamami con il tuo nome, 2008, A. Aciman 


Questo romanzo, se possibile, è ancora più struggente del film.
Non smetterei mai di rileggerlo.

sabato 6 gennaio 2018

"Chiamami con il tuo nome, io ti chiamerò con il mio"

" Prof.Perlman : [...] quando meno te lo aspetti, la natura subdolamente trova i nostri punti deboli....Solo ricorda che sono qui...magari ora vorresti non provare nulla. Forse non hai mai voluto provare nulla. E forse non è con me che vuoi parlare di queste cose, ma SENTI qualcosa che ovviamente hai provato. Ascolta...voi avete avuto una bellissima amicizia, forse più di un'amicizia e io vi invidio. [...]Soffochiamo così tanto di noi per guarire più in fretta, che a 30 anni siamo prosciugati e ogni volta che ricominciamo con qualcuno diamo sempre meno. Ma renderti insensibile così da non provare più nulla è un peccato.
[...]Come vivi la tua vita sono affari tuoi. Solo ricorda: i cuori che abbiamo nel corpo ci vengono dati una sola volta e prima che tu lo capisca, ti si è consumato il cuore. E riguardo al tuo corpo arriva un momento in cui nessuno se ne preoccupa. E ci vuole poco per arrivarci. "
Call me by your name, 2017, dir. L. Guadagnino

Non sono riuscita ad avere pazienza. E' una cosa che non mi è mai riuscita bene, nemmeno nei fatti importanti della mia vita. 
Avrei voluto riuscire ad aspettare e godermi queste 2 ore intense al cinema. E tengo a sottolineare che questo film va visto al cinema, possibilmente in lingua originale e senza intercessione di doppiaggio di sorta. 
Ma non ce l'ho fatta.
Il risultato è che ho finito con il rivederlo 8 volte in 3 giorni, su un supporto diverso ogni volta, persino sul cellulare. E non sto scherzando.

Ogni volta, la carica emotiva e l'intensità di sentimenti che ne è derivata, invece di affievolirsi, è aumentata a dismisura, fino a che non ne sono stata sopraffatta. Questo film è un po' come una droga, che si propaga lentamente dagli occhi fino a raggiungere parti del corpo che non sapevo potessero essere scosse da sensazioni così forti da farti perdere il tempo di un respiro o un battito del ritmo del cuore.
Qualcuno mi dirà che il sesso sarebbe una buona alternativa. Io mi sono convinta che questo film è meglio del sesso in molti sensi.

Non ho visto molti film di Guadagnino e quelli che ho visto non mi hanno entusiasmata particolarmente. E resto tutt'ora convinta che il film poteva essere tecnicamente fatto in maniera più accorta: mi resta un profondo dubbio riguardo al montaggio. 
Almeno per la prima ora buona di film la sensazione è di un raccordo un po' macchinoso tra le scene, come se mancassero veri e propri pezzi di un puzzle, che se inseriti avrebbero dato più peso e concretezza all'idea di fondo: la rappresentazione del profondo legame che nasce tra un 17enne ebreo italiano, poliglotta di buona famiglia, provetto pianista che (almeno nelle intenzioni della sinossi) è più meditativo e maturo e in gamba dei suoi coetanei, e un  24enne ebreo americano proveniente dal New England conservatore e puritano, universitario, che sprigiona sensualità limitandosi ad essere solo quello che è, un laureando di storia dell'arte che deve concludere il suo dottorato e diventare adulto davvero. Il tutto ambientato  nell'Italia degli anni 80.

Ho fatto fatica. All'inizio almeno.

Sarà perché dopo aver visto "Fino alla fine del mondo" di Dolan, ho nettamente riconsiderato lo standard di che cosa possa e debba essere trasmesso attraverso un'immagine, ma almeno per tutta la prima ora mi è stato enormemente difficile abituarmi all'asciuttezza stilistica che ha adottato Guadagnino. Eppure gli echi di una certa visione dell'Italia e del paesaggio e del rapporto tra i personaggi mutuati dal Bertolucci di "Io ballo da sola" sono evidentissimi, sebbene forse l'atmosfera e i colori toscani nel mio immaginario sono una dimensione più alta di un piccolo paesino cremasco. 
Niente.
Diciamo solo che avrei voluto un prologo degno del finale.

Va comunque detto che si raggiunge un certo equilibrio andando avanti. Il regista ha avuto la grande fortuna e bravura di aver scelto tre attori perfetti per riuscire ad andare in fondo all'immaginario sentimentale che voleva trasmettere: Chalamet, su tutti, va oltre quello che ci si aspetterebbe essere l'immedesimazione richiesta ad  un attore per rendere credibile un personaggio. Molte sequenze del film si reggono  interamente sui suoi sguardi, sul suo aggirarsi convulso per le stanze di questa villa, nel suo modo di toccare le cose, nel modo di suonare e trascrivere la sua musica, nel suo essere insieme sicuro e insicuro rispetto al mondo, adolescente e adulto insieme e tutto in una volta. 
Riesce quasi a dare vita ai pensieri e ai sentimenti sempre un po' tormentati della prima giovinezza (che non è solo quella del personaggio, ma quella di tutti noi) con movimenti quasi impercettibili degli occhi o delle mani. E sperimenta: sperimenta con i pensieri, sperimenta confrontandosi e confortandosi della cultura dei genitori letterati e progressisti, sperimenta con la musica, sperimenta con le ragazze, sperimenta con la natura. 
Riesce a cogliere e restituire, con una facilità incredibile quella normalità adolescenziale che di fondo è solo una realtà ripetitiva abbastanza comune. E lo fa in sequenze-monologo silenziose in cui è il solo punto focale della scena. (e l'attore ha solo 21 anni ed è al suo primo ruolo importante).

Quando arriva Oliver, la routine quasi ripetitiva della vita di Elio si illumina. Si illumina di  prospettive e si mescola all'interesse malcelato, fino a diventare una vera e propria passione. E gelosia. E trasporto. Per un ragazzo che rappresenta un'incognita e porta con sé tutta una serie di pulsioni che si dilatano giorno per giorno.  
Armie Hammer, a sua volta, rimanda un personaggio misurato,già adulto, proiettato verso la realizzazione, dimostra la sicurezza arrogante del tipico americano della middle class un po' spocchioso, che ha il corpo perfetto delle statue greche che studia, che tiene a distanza Elio o lo liquida sempre con il suo asciutto "Later!" (A dopo) nei momenti in cui meno se lo aspetta. Lo lascia lì, in mezzo alla piazza o seduto al tavolo dove fanno colazione, come a dirgli " ho di meglio da fare che stare a perdere tempo con te". Per tutto il tempo, Oliver non perde di vista l'obiettivo per il quale è là, ma resta sempre in bilico tra l'essere circospetto perché "mi conosco e so cosa finirei con il fare", come ripete più di una volta, e la voglia invece di oltrepassare i confini, di lasciarsi andare veramente a sé stesso. E' l'adulto della situazione, che ha l'esperienza dalla sua,  in qualche modo si ritrova ad essere il primo, non vuole essere avventato né rinnegare quella che è attrazione allo stato puro.  

Ed è forse qui che mi sono arrabbiata di più per gli evidenti tagli e cambi di registro improvvisi e illogici rispetto a quello che i personaggi potevano mettere in campo. La chimica sorprendentemente naturale ed innegabile che c'è tra i due attori, prima ancora che tra i personaggi che interpretano, avrebbe dovuto essere meno allusiva e più espansiva.
Il regista ha affermato di aver voluto eliminare molte scene di nudo  e gran parte della narrazione fuori campo prevista dalla sceneggiatura di James Ivory: Se posso essere d'accordo sulla prima scelta, considero la seconda un autogol. Bisognava osare perché il materiale per farlo lo permetteva.
Guadagnino, certamente costretto ad un certo punto anche a scegliere cosa poter tenere e cosa no, sembra dover decidere se censurarsi o confidare nella capacità del pubblico di colmare il non detto che sarebbe stato necessario almeno accennare. 
O sperare semplicemente che sia stato letto il libro. (Che trovare al momento vi assicuro non è una cosa proprio facile).

C'è una sensualità costante e una tenerezza infinita nella narrazione dell' avvicinarsi ed allontanarsi dei protagonisti, ma soprattutto c'è una naturalezza non forzata nel raccontare quella che è di fatto una storia omossessuale. 
In realtà, se al posto dei due protagonisti, ci fosse stata la canonica coppia uomo-donna, vi assicuro che la differenza non sarebbe stata minimamente notata perché ciò che viene fuori  è il racconto di come nasce un attrazione, un desiderio che travalica le convenzioni e il genere, che è semplicemente istinto che si trasforma nel volere l'altro in tutti i modi che alla mente e al corpo umano la natura ha concesso. Qualcosa in cui nessuno faticherà ad immedesimarsi, al di là della propria esperienza di vita personale e del proprio orientamento.
Quello che trasmette il film è, alla fine, talmente spontaneo e pulito da qualsiasi malizia o controversia da rendere giustizia all'idea che non è possibile considerare naturale solo e unicamente quell'amore che esiste tra due persone di sesso opposto. E ci dimostra quanto sia assurdo e ingiusto e innaturale farlo ancora adesso nella realtà attuale.
Emblematico è il discorso intenso di un genitore, il professor Perlman di Michael Stuhlbarg, che dimostra un sostegno di questa tesi e, insieme, un affetto e un'accettazione di un padre per il figlio e le sue scelte, che di questi tempi sembra ancora difficile da perpetrare e assimilare. 

Il finale, ammesso che il progetto si fermi effettivamente qui, è quanto di più straziante e  lacerante ci si possa aspettare.  E non ho usato i termini a caso, ve lo posso assicurare: la tristezza di due persone che vivranno una vita che li allontana segna profondamente i due protagonisti e gli spettatori che saranno arrivati alla fine.

A meno che non siate dei tristi e aridi cinici del cuore. In quel caso non andate a vederlo questo film, perché, detto tra noi, non ve lo meritate.

martedì 2 gennaio 2018


Scrivevo un anno fa che la vita non sa niente degli anni e che il tempo di ognuno di noi è scandito da rintocchi soggettivi che esulano spesso da tutto il resto. Ci siamo noi, i nostri passi, le nostre attitudini che si susseguono in un ritmo cangiante e di cui spesso non ci rendiamo nemmeno conto. E il tempo per così dire esterno è, in qualche modo , solo un intreccio che gioca con le nostre vite.
La mia vita, in realtà, è solo incastrata in una serie di loop intercambiabili a seconda delle stagioni, con in sottofondo la famosa "disperata certezza che le cose finiranno". Sono una persona romantica la maggior parte del tempo. 
E niente, tutto questo per dire solo che, ora come ora, per quello che sono (e soprattutto per quello che NON sono) diventata, di come passi il tempo ormai mi interessa poco. 
Ma decisamente avrei bisogno di Attimi. 
Attimi che sconvolgano il corso incastrato della mia esistenza. Imparare a cogliere quelli che sono destinati ad essere momenti concreti, veri, che mi portino da qualche parte. 
Che mi insegnino a credere che può essere davvero meglio di così.