sabato 7 settembre 2024

 "Si dice che ogni viaggio lo vivi tre volte: quando lo immagini, quando lo realizzi e quando lo ricordi"   - F. Buffa


La Danimarca è stata una destinazione che è capitata. La mia prima intenzione era quella di involarmi sulle Highlands Scozzesi, ma un po' per il budget, un po' perché vorrei trovare la dimensione (e la forma fisica) giusta, ho rimandato. 

Così ecco materializzarsi l'idea-compromesso di Copenaghen e le città minori, qualcosa di già organizzato che mi desse la sicurezza di non perdermi in un bicchiere d'acqua la terza volta, in tutta la mia vita, che mi decido a mettere piede fuori dall'Italia.

Non ho immaginato niente, quindi, di questo viaggio. Non ho nemmeno cercato notizie sul posto, un po' come quando vado al cinema e mi rifiuto di vedere il trailer: mi sono affidata alla sensazione. Non ho controllato o cercato o preparato Niente di niente: esattamente quello che si dice "partire all'avventura". Certo, mi sono affidata a chi avevo vicino, alle strade ché sempre strade restano, anche dall'altra parte del mondo. Alla speranza che non fosse un completo disastro. E, forse, non lo è stato. Forse. 

Le variabili sono state tante.

Detto ciò, son capitati momenti, durante i km macinati e la giravolta di città e Castelli, visti come se guidassimo una macchina impazzita alla 24 ore di Le Mans, durante i quali ho riso come non facevo da tempo. E solo per questo, perché era quello di cui avevo bisogno, ringrazio. 

Qualche foto dei momenti e dei posti che ho sentito più miei:










Ora non lo so quanto lo abbia vissuto davvero, questo viaggio, e quanto mi resterà addosso. 

Per il momento, non riesco a pensare ad altro che Io resto sempre io anche fuori dai confini e devo fare i conti con il fatto che non è stato proprio un bene; e cambiare sé stessi è molto più difficile di quello che si pensi. Soprattutto quando non se ne sente profondamente la necessità e lo si dovrebbe fare solo per evitare che gli altri ti giudichino o respingano. 

sabato 22 giugno 2024

"Ecco, forse sono stata felice ma non me ne sono accorta. Forse è stato un godimento oggettivo, quello della mia bella giovinezza, ma non soggettivo. Non c'ero e dunque non ho vissuto. A volte si vivono intere vite senza esserci" - P.CAVALLI

Ieri ho compiuto 45 anni. E ho realizzato un po' di cose. Cose sparpagliate, come d'altronde è stata la mia stessa esistenza fino ad ora.

Ho realizzato che ho l'età di mia madre quando è venuta a mancare. Ci pensavo da tempo che, prima o poi, in questo strano e straziante modo, saremmo state "coetanee". Ma ieri è stata una cosa matematica, senza possibilità di appelli o calcoli sbagliati. Eccetto, forse, che nella linea temporale giusta, lei di anni ne avrebbe avuti 73 e la mia giovinezza sarebbe stata diversa. Non migliore. Solo, diversa. 

Ma forse è solo una mia stupida convinzione, perché credo di essere stata sempre invisibile e inaccorta, anche prima che questo filo si spezzasse. Sono sempre stata ai margini della vita degli altri: ero solo una sedia a cui appoggiarsi a seconda della necessità, o un tavolo a cui lasciare in custodia qualcosa, un letto a cui abituarsi. O, semplicemente, una che stava lì e basta. 

Ho realizzato che, come ogni compleanno degli ultimi 10 anni, nessuno, di quelli che avrebbero potuto intendo, se ne è ricordato. Solo a tarda notte, a qualche minuto dalla mezzanotte, come la classica Cenerentola al contrario, è successo. L' "impensabile": una persona della mia giovinezza, che peraltro non vedo e non sento materialmente da anni, ha collegato alcuni indizi, ha guardato il calendario e si è esposta. Portandosi dietro un altro paio di persone, che a differenza sua, avrebbero dovuto ricordarlo a prescindere, perché mi vedono e mi sentono più spesso.

Ho questo concetto strano, dell'Amicizia, presunta tale: essere nei pensieri di chi ti sta vicino. Se non nei pensieri, almeno nello sguardo. E invece.

Evidentemente, faccio questo effetto: "sono impossibile da dimenticare, ma difficile da ricordare." E' una citazione di un film anche questa, ma non importa. 

Ho realizzato che deve essere una cosa molto oggettiva, questa dell' esserci davvero nella propria stessa vita, essere più presente a se stessi, accorgersi di essere vista anche dagli altri. E anche questa del ricordare qualcuno e averlo nei propri pensieri. Gli altri se ne rendono conto, tu no. O non sempre.

Mi sono resa conto che a volte non ricordo le cose, anche quelle più belle, degli ultimi 30 anni di vita. Non ricordo di aver detto determinate cose, di aver fatto cose e aver vissuto con alcune persone, di essere stata in uno specifico posto.

Di contro, più spesso di quanto vorrei, mi capita di ricordarne alcune davvero brutte o, in ogni caso, abbastanza imbarazzanti da volersi andare a nascondere. E sono sempre troppe. E di queste ne farei volentieri a meno, di ricordarle, perché non mi hanno lasciato nessun insegnamento: solo muri alzati e paure e diffidenze.

Arrivo a questa età e vorrei solo poter ricordare di essere stata esattamente lì dove volevo essere, quando volevo esserlo. Ricordare di aver provato, probabilmente, qualcosa di vicino alla felicità. Sarebbe già qualcosa. 

E invece.

martedì 28 maggio 2024

" - IL TEMPO NON AIUTA. 

- DOVREBBE? 

- TUTTI DICONO CHE AIUTA... 

 - BEH, CHI LO DICE NON CAPISCE NIENTE. IL TEMPO E' CRUDELE, CI PUNISCE. E' L'UNITA DI MISURA DELLA CONDANNA, PERCHE' DOVREBBE FACILITARE LE COSE?"


Sono giorni un po' soffocanti.

E' come se fossi sconquassata, attraversata da una certa elettricità che non mi fa respirare, che rende incerte tutte le mie azioni, che mi fa pensare mille cose tutte insieme, tutto e il contrario di tutto. Uno sconquasso che mi porta un incedere disordinato, distratto, che mi fa venire un nodo alla gola più spesso di quanto sia lecito.

Rileggo libri del mio passato, che ho molto amato e che sono un po' una coperta di Linus, sperando di ritrovare un po' di equilibrio. Ho nostalgia di un tempo remoto che, a conti fatti, non è stato clemente nei mei confronti: un tempo pieno di aspettative frustrate, di scelte che non posso più cambiare, di perdite costanti e insicurezze mai sanate, che mi hanno portato dove sono ora. 

Non ho nostalgia delle persone o dei fatti in sé. Sono ben contenta che alcune persone siano uscite dalla mia vita perché erano foriere di rapporti tossici, sbagliati, stonati, privi di senso, che non mi hanno migliorata come persona, ma hanno solo rafforzato i muri e quella corazza che mi trascino ovunque vado.

Ho nostalgia del futuro che vedevo davanti a me. E delle parole nuove che speravo portasse con sé.                                                   

A dispetto di me stessa, e di tutte quelle persone e quei fatti che mi appesantivano la vita, ho sempre pensato che prima o poi, sarebbe arrivato un "capovolgimento di fronte". A me le cose, pure quelle semplici, che scandiscono una vita normale e capitano un po' a tutti, sono sempre successe con enorme ritardo. Ma sul "capovolgimento di fronte" che, in qualche modo, mi avrebbe salvato da quel presente variegato, incerto e un po' umiliante, che è stato la mia gioventù, ci ho sempre contato. Niente di cinematografico, solo qualcosa che non mi facesse sentire sempre fuori posto e irrisolta. Il futuro, appunto.

Solo che è un futuro che si è avverato in un modo tutto suo e che mi ha lasciata indietro.   

E che, sento, non cambierà più niente.      

Certo, ha messo qualcosa a posto, per fortuna. Ha calmato le onde alte di un mare incazzato che più volte, nel corso degli anni, ha rischiato di travolgermi definitivamente. Meglio tardi che mai, bisogna dirlo. Ma ha portato con sé un tempo lento, piatto, che mi costringe a contare gli attimi di una solitudine fuori misura, alle prese con un silenzio malmostoso in cui mi muovo per inerzia, come una condannata.

So che mi abituerò anche a questo stato di cose, prima o poi. Ma per ora sono giorni un po' soffocanti. E lo scrivo, come al solito, qui, per liberarmene.


lunedì 4 settembre 2023



Qui si continua a non capire il punto effettivo che vuole porre Favino, e cioè che prima di chiunque altro, dovrebbe essere una produzione italiana ad affrontare un lavoro biopic su personaggi intimamente connessi con la cultura e la visione italiana della vita, non un cast e una produzione anglosassone che sono ad anni luce da essa e peraltro lo farebbero in inglese ( che, giratela come volete, non ha niente a che fare con l'espressione e la semantica italiana. )

Noi non faremmo mai un biopic su Roosevelt o su Michael Jordan o su George Washington, e semmai fossimo così sconsiderati da provarci, gli americani sarebbero i primi a deriderci e a dirci "dove cazzo volete andare".

Avete per caso notizia di una qualche produzione americana che abbia affrontato dal punto di vista culturale e visivo la seconda guerra mondiale a Roma? se Rossellini non avesse fatto Roma Città Aperta a quest'ora ci ritroveremmo con un film girato con un americano che tenta di innestare l'american way of life nella Roma del 1945, senza cogliere Roma come hanno fatto la Magnani e Fabrizi. Per non parlare di Fellini con Rimini e De Sica con mezza Italia.

E questo non vuol dire essere sovranisti perdio.

Tutti gli italiani che sono andati a lavorare in America, persino un regista discutibile come Muccino, si sono dovuti piegare allo stereotipo dell'american way of life, con la loro partizione in film prettamente di genere, che con lo stile italiano centra esattamente un cazzo. Per girare con Will Smith, Muccino mica ha fatto un film drammatico con glia archetipi italiani che ci appartengono.

Col cazzo che gli studios glieno avrebbero lasciato fare perché, che vi piaccia o no, il cinama americano va avanti a stereotipi di genere che impongono la loro culturalità, la loro visione, mica un qualcosa di universale applicabile in ogni dove e in ogni quando.

Eppure noi gli Oscar li abbiamo vinti con film italiani che veicolavano la nostra cultura e il nostro punto di vista su una storia che poteva essere universale, a partire da Rossellini, passando per Tornatore e Salvatores, ad arrivare fino a Sorrentino ( che per altro a me fa grandemente cagare).

Ne fate una questione di soldi?

perchè pensate che gli Studios Americani lo facciano per la gloria dell'arte della settima musa?

Gli stessi studios che si avvalgono in larga parte di manovalanza italiana per gran parte dei loro film, per ignorarli poi in sede di premiazione come hanno fatto per una vita con Morricone?

Morricone che, ha fatto, faceva e farà le scarpe a tutti i compositori americani ha vinto un oscar solo quanto ha girato il peggior film di Tarantino, che però ha potere mediatico ad Hollywood e fa guadagnare gli studios.

Morricone è stato grandemente snobbato con The Mission, che non era una produzione americana ma inglese, che resta la sua eredità musicale più superba. MA non veicolava standard culturali americani.

Ergo, fatevi due conti e cercate di uscire dallo snobbismo in cui ci ha precipitati il cinema americano. Loro c'hanno più soldi perché non lasciano campo libero a nessuno, non si lasciano prevaricare culturalmente lasciando che qualcun altro faccia prima di loro qualcosa che è loro per cultura e ambito.

E' da questo che cerca di uscire Favino e in Italia facciamo gioco a quel sistema lì che va a nostro danno semplicemente perché non si ha una cultura cinematografica che si discosti dal mainstream americano, chè se non c'è una storia deliberatamente americana non lo andiamo a vedere il film indipendente del regista italiano.

Mi viene sempre in mente un'intervista di Mainetti riguardo a Lo Chiamavano Jeeg Robot che riassume perfettamente quello che ha detto Favino: la cultura dei supereroi non è italiana, ma americana. Se noi vogliamo competere con gli americani non dobbiamo fare film con supereroi americani, perché non possiamo competere. Dobbiamo fare una storia di supereroi ma immersi nella cultura e nel punto di vista italiano. E va ricordato che Mainetti il film se l'è dovuto produrre da solo perché nessun produttore voleva rischiare, salvo poi salire sul carro una volta che è esploso in Italia e all'estero.

lunedì 28 agosto 2023


Che cosa fai quando non puoi fare niente?
quando sei costretta a vedere il declino inesorabile di chi ami come ami te stesso?
Dopo una lunga e difficile settimana, il veterinario che la segue mi ha consigliato di parlare con una sua collega oncologa, perché il quadro della situazione non è ottimistico.
Sono una persona razionale e so che, come gli esseri umani, anche gli animali non sono eterni, che invecchiano prima, che possono ammalarsi. Ma non so se sono pronta. 
Lei è tutto ciò a cui mi sono aggrappata per andare avanti negli ultimi anni, soprattutto in quei periodi in cui non vedevo via d'uscita e non avevo voglia nemmeno di alzarmi dal letto.
E adesso che almeno qualcosa va meglio, non ce la possiamo godere nemmeno insieme.

All'inizio dell'anno, che è stato duro come tutti gli inizi dell'anno in cui sei sola per forza di cose, mi ero fatta un solo augurio: di arrivare con lei alla fine di questi 365 giorni. Possibilmente in salute, ho aggiunto.
Qualcuno deve avermi ascoltata e, come in tutte le cose a cui tenevo di questa stramaledetta vita, ha deciso che doveva punirmi con il dispetto peggiore.

sabato 12 agosto 2023


Oggi sono 27 anni dalla morte di mia madre, ma per me è come se fosse successo ieri. Aveva solo 46 anni, la stessa età a cui mi sto avvicinando io ora, ed allora io ne avevo appena 17. 

Che poi sarebbe oggi.

Continuo con la mia vita, perché è più forte, anche se so che l'altra vita, quella con lei presente, sarebbe certamente stata diversa. Io sarei stata diverse. E avrei avuto ricordi diversi a cui aggrapparmi, una volta venuto il  momento.

Prendo le mie decisioni, inciampo nei giri immensi di ogni conseguenza, subisco le parole di chi non ci è mai passato e non può capire che significa, non può capire l'impatto (innaturale) della cosa. Di cosa si ferma, si spacca, crolla in una vita qualunque (ho sempre saputo bene che non sono la prima e non sarò nemmeno l'ultima, come mi ripeteva spesso la sorella minore di mia madre per costringermi ad accettare) per non ripartire più, o ripartire monco, come se ti mancasse un braccio o una gamba. Di cosa non avverrà mai. Della mancanza che invece di diminuire con gli anni, aumenta. Dei consigli che non puoi chiedere, dei pensieri che restano taciuti perché incompresi da chiunque o interpretati.

Ricordo chi c'era e stava con me.

Ma è sempre come se fosse successo ieri. Che poi sarebbe oggi.

martedì 25 aprile 2023

Qualche giorno fa, contro ogni aspettativa immaginabile, ho firmato un contratto a tempo indeterminato nel pubblico, dopo un concorso che mi ha tenuta impegnata per un anno intero. Una lunga attesa.

Comincio il giorno dopo la Festa del lavoro, il 2 maggio. Spero sia un buon auspicio. 

Se ci penso mi vedo scorrere sotto gli occhi tutta la mia vita lavorativa, che è sempre stata uno spin-off di quella di Will il Coyote. Ed ho sempre, in sottofondo, la paura che qualche cosa vada storto, che io non sia all'altezza del compito o delle aspettative, esattamente come da sceneggiatura. Ma cerco di pensare alla cosa più immediata, cerco di respirare questa ebrezza portata dalla dicitura " tempo pieno e indeterminato" perché dopo una vita in bilico tra l'avere il culo per terra e il camminare su una fune tra due grattacieli, non è una dicitura scontata da sottovalutare in termini di serenità materiale. Della serenità mentale non sto nemmeno a parlarne. Ora non so bene nemmeno cosa mi aspetta, in che tipologia di persone mi imbatterò, quali capriole fisiche o mentali mi toccherà fare; ma l'inquilina dell'appartamento sotto al mio, una brava signora che pur conoscendomi poco, mi ha fatto sentire tutto il suo sostegno, mi dice "lo imparerai, come abbiamo fatto tutti" ed io sto.

 Fatto sta che Questo  25 Aprile, per me, è una liberazione in tutti i sensi.

martedì 21 febbraio 2023


Ho una serie di cose da fare prima dei 50 anni.
Una era vedere giocare Belinelli dal vivo.
L'altra vedere la Virtus Bologna, sempre dal vivo.
Abitando in Piemonte era cosa un po' complicata.
E invece.

Chiedetemi se sono felice.
 

martedì 14 febbraio 2023




"Può succedere che siano le destinazioni a trovarci.

Dobbiamo solo restare,

forti al punto da non sparire."


Alle 17.20 di oggi ho ricevuto una chiamata che non mi aspettavo. Meglio, avevo fede che prima o poi questa chiamata arrivasse, ma non mi aspettavo così presto.

E invece è arrivata. È una sorta di annunciazione.

È qualcosa che, dopo tutte le tribolazioni di questi anni, dopo tutti i buchi neri che mi hanno risucchiato con cadenza regolare ogni tipo di  prospettiva e hanno fatto di me una persona che si sente costantemente inadeguata, potrebbe cambiarmi l'esistenza.

Non è ancora accaduto niente di concreto, ho paura persino a parlarne perché le tempistiche sono leggermente lunghe. Tre mesi, in questo momento, hanno il peso temporale di 300 anni nella mia testa.

Perché ho paura. Ho paura che mi richiamino improvvisamente per dirmi che è tutto un errore, che non se ne fa più niente, che si sono sbagliati, che ci sono impedimenti. 

Devo aspettare. Aspettare e sperare che, si, forse questa volta una cosa giusta l'ho fatta e una soluzione continuativa c'è. Che chiuse tutta una serie di porte, finalmente si apra un portone in marmo, di quelli solidi, da cattedrale da giubileo.

Devo aspettare che la mia destinazione finalmente, dopo giri immensi, mi trovi lei. Perché io, ad essere del tutto sincera, mi sono stancata di inseguire il mio destino e non so se ho più la forza.


venerdì 13 gennaio 2023





 La Bella Stagione,2023, dir. Marco Ponti

"La bella stagione" lo guardi con un nodo in gola,che ti mozza il fiato, dall'inizio alla fine.
È dura se non sei tifoso di quella squadra, non voglio nemmeno pensare come sia stata per i tifosi della Doria.