domenica 2 marzo 2025

 "I ricordi se ne vanno, amore mio, quelli belli...quelli terribili...se li ingoia la notte, si vanno a mischiare con i ricordi degli altri...non li ritrovi più, eh? neanche se ti impegni. Vedrai che quando anche io sarò un ricordo, tutto sarà più facile..."

Non é stagione, A. Manzini


E' arrivato quel momento della mia vita in cui sono diventata il genitore di mio padre

Speravo che mi sarebbe stato risparmiato, dopo la perdita di mia madre così presto e, comunque, una vita famigliare anche troppo travagliata. Speravo che, anche lui, avrebbe vissuto quanto meno una vecchiaia serena, senza eccessivi disagi, né per lui stesso, né per me.

E invece.

E invece è arrivato Febbraio: tutte le sfighe della mia vita, tutti i danni materiali grossi, tutti gli abbandoni mi capitano sempre a Febbraio. Ho spesso lanciato simboliche raccolte firma perché è un mese che spero venga depennato dal calendario, prima o poi.

Insomma, arriva Febbraio e mi chiamano dal paesello perché papà ha avuto un mancamento mentre saliva le scale e si è rotto il naso. Solo il naso. Gli Dei di tutti i cieli, ci hanno voluto bene a me e a lui. Papà cadrà una seconda volta, una settimana dopo, e lo troverò io, ma anche lì ci è andata di culo, sebbene la situazione non sia per niente rosea. Mi toccherà fare vai e vieni dal sud, per un po', finché non troverò una soluzione concreta che vada bene a  tutta la famiglia.

Ma non è il motivo per cui scrivo oggi. 

Son partita in tutta fretta, infilando quelle due teppiste che sono entrate in famiglia, facendo fare loro la prima traversata della speranza. In Treno. In un trasportino grande, ma non grande abbastanza per due gatte.

Poi son dovuta rientrare e mi è toccato lasciarle lì al paesello:


Il dramma è stato rientrare proprio ieri notte tardi.

Ed essere di nuovo sola in questa casa, anche oggi...proprio oggi che sarebbe stato il compleanno della mia piccola Lilo. 

Sono sola con il suo fantasma che gira per casa: un paio di volte mi è parso di vederla con la coda dell'occhio che attraversava piano la stanza. O passarmi alle spalle. Ho l'istinto di chiamarla e parlarci un po' come fa Schiavone con la moglie. 

Questo perché ancora non è diventata un ricordo. Ancora è qui.





sabato 8 febbraio 2025

Alla fine ho deciso dei nomi diversi per le gatte. 

Quelli che avevo pensato, in un primo momento, non andavano bene per loro: erano un riflesso di un futuro passato che non si è realizzato e che, senza più la presenza di Lilo, non aveva un senso.

Quindi, ne ho scelti altri che, nella mia testa, scorrono senza intoppi e sono loro. Tranne forse il fatto che, loro, ancora non li hanno imparati. Infatti, se chiamo una, si presenta l'altra.

Mi sono ispirata ad un film e ad un libro, che ho amato molto:

Your name di Makoto Shinkai e La Vita Nascosta dei Colori di Laura Imai Messina.

Quella più socievole e affettuosa, e al momento la più determinata e coraggiosa, sarà Taky. Sperando che si capisca che è femmina. Taky, nel film, è un ragazzo di buon cuore che alla fine trova il modo di risolvere la situazione. Lei, le situazioni, le crea. Non so perché, ma più li guardo, più si somigliano.

Quella riflessiva dallo sguardo torvo sarà Mio. Nel libro, Mio è una donna dotata di vista armocromatica, e può dare un colore specifico a ogni essere umano che incontra. Nella realtà, Mio è una gran chiacchierona: il suo miagolio suona proprio come un "mio" più che un "miao". E probabilmente vede lungo pure lei.

La situazione ad oggi:

                                               10 Gennaio                                                           

                    




                                                          8 Febbraio

 
       

Di fatto, sono nel bel mezzo di una pokemon evolution

sabato 11 gennaio 2025

No, Lilo, non ti ho dimenticata o sostituita. Non potrà succedere mai, lo so.

E, anche se queste due hanno un po' usurpato la tua poltrona, giuro non l'ho permesso invano.

E' che ti vedo dappertutto. Continuamente. Come se non te ne fossi mai andata davvero. Ma questa casa si è come allargata, pur mantenendo la stessa metratura, gli stessi angoli ciechi, gli stessi mobili.                                                                        

Soprattutto, c'è un silenzio roboante, di quelli che non vengono interrotti nemmeno da tutta la vita che c'è fuori.                                                                                                                            Mi ci sto perdendo dentro.

E l'unico modo che conosco per mitigare tutta questa disperazione che mi ha presa, è cercare di andare indefessamente avanti. 

Quindi ecco queste due scricciole trovatelle che, come te, non avevano un casa.            Vivevano nel bagno di una bella bionda che di mestiere fa l'insegnante di danza e le ha soprannominate Panico e Paura. Nomi mai più azzeccati di così, visto che Paura, la prima volta che mi ha vista, si è nascosta nell'incavo del bidet del suddetto bagno.                           Erano ospiti. Ed erano spaventate.                                                                                              Lo sono ancora, per la verità, ma il fatto che questa mattina finalmente si siano decise ad uscire da sotto il divano, mi fa pensare che forse lo sono un po' meno.

Non è stato come con te, amore a prima vista: tu mi hai voluto subito bene, ti sei fidata di me a scatola chiusa. Tutto il grande amore che non mi hanno dato gli esseri umani, quello che non sapevo nemmeno di meritarmi, tu ce lo avevi già lì pronto e moltiplicato per cento anni, il primo giorno che ci siamo incrociate.

 Magari sarà uguale anche con loro. Vediamo come va. Ti presento Nani e Pau, piano piano.

martedì 31 dicembre 2024


Quest'ultimo dell'anno terribile lo passo con me stessa, Maggie Smith, il vino francese e un assaggio di ostriche.

Faccio finta che Lilo mi guardi dal divano, perché la sensazione è che non se ne sia andata.      

E l'unico proposito sensato che ho per il 2025 è dare una nuova casa ad un'altra gatta trovatella.

venerdì 27 dicembre 2024


Non lo so se ho fatto la scelta giusta.
Forse potevo fare un ultimo tentativo, nutrirla a forza con un sondino e sperare che, in qualche modo,
il fegato riprendesse a funzionare. E lei semplicemente a mangiare.

Ho scelto di non accanirmi, ma ho come la sensazione di aver ceduto senza combattere.
Che, per lei, un ultimo sforzo avrei dovuto farlo.
Non riesco a capire quella linea sottile tra il combattere a tutti i costi e l'accanirsi.
Ed ho solo pensato di fermarmi un passo prima.
Ma non so se ho fatto la scelta giusta.

Ora, son passati tre giorni e non riesco più a dormire bene. 
Sono sempre convinta di muovermi e buttarla giù dal letto.
A volte...è come se sentissi il suo peso che schiaccia le lenzuola.
Poi apro gli occhi, convinta di ritrovarmi col suo muso in faccia, che mi guarda male perché
dormivo e l'ho svegliata.

Mi sveglio prestissimo, alle prime luci dell'alba,  per un riflesso pavloviano durato 14 anni, 
perché so che lei, a quell'ora ha fame.
E vado in cucina, convinta di trovarla su uno dei braccioli del divano.
Capitava spesso che alle 5 del mattino, dopo lo spuntino, si appollaiasse lì "a ragionare".
In realtà, aspettava solo che andassi a farle una carezza, a chiederle 
" che cosa stai facendo qui? fa freddo, vieni sul letto."
E lei mi seguiva sul letto e si rimetteva a dormire.

Ogni tanto, mentre faccio la doccia, ho come l'impressione di veder passare la sua ombra.
Mi aspettava sul tappeto del lavandino, con l'unico miagolio della giornata che voleva dire: 
"dai, un grattino qui e poi puoi andare a lavoro tranquilla, io mi rimetto a dormire."

La domenica mattina, ad un certo punto, era il momento delle coccole:
stava lì, a zampe incrociate, con gli occhioni spalancati, in attesa dei grattini.
E poi le fusa, che mi facevano venire sonno.
Ma lei allungava una zampa, a sfiorarmi il viso, perché voleva altre coccole.

Non c'è nessuno ad aspettarmi, adesso, quando torno.
Ed ho la sensazione di vivere in una casa in cui sono solo un ospite di passaggio, non più la mia. 
Non più la nostra.

Mi passerà mai, questo magone? questo stordimento, mentre vivo come ho sempre fatto?

Se, prima o poi, incrocerò un'altra micia sulla mia strada, vorrei tanto che fosse come lei.

martedì 24 dicembre 2024



Hai dettato i tempi della mia vita negli ultimi 14 anni: le ore del sonno(poche), quelle di veglia, le partenze e i ritorni, i viaggi in treno, le vacanze, le feste,i pranzi e le cene, le estati su un comodino e gli inverni acciambellata sul piumone 

Sei stata i graffi e i morsi, le capocciate in cerca delle coccole, i grattini sul culo.

Hai dettato i sorrisi e le risate,sei stata la presenza attenta nei tempi vuoti e disattenti degli esseri umani (che sono stati costanti). Sei stata le domande e le risposte a tante cose, soprattutto ai silenzi. Sei stata anche i giudizi e i rimproveri perché "io so io e voi siete un cazzo".

Sei stata i miei occhi.

Sei stata l' equilibrio mentale che mi ha permesso di sopportare le tempeste continue e gli abbandoni della mia vita

Sei stata l'umanità che avevo un po' perso per strada.

Ti ho lasciata andare oggi, per forza di cose, ma resterai la mia casa. 

Per sempre.

sabato 7 settembre 2024

 "Si dice che ogni viaggio lo vivi tre volte: quando lo immagini, quando lo realizzi e quando lo ricordi"   - F. Buffa


La Danimarca è stata una destinazione che è capitata. La mia prima intenzione era quella di involarmi sulle Highlands Scozzesi, ma un po' per il budget, un po' perché vorrei trovare la dimensione (e la forma fisica) giusta, ho rimandato. 

Così ecco materializzarsi l'idea-compromesso di Copenaghen e le città minori, qualcosa di già organizzato che mi desse la sicurezza di non perdermi in un bicchiere d'acqua la terza volta, in tutta la mia vita, che mi decido a mettere piede fuori dall'Italia.

Non ho immaginato niente, quindi, di questo viaggio. Non ho nemmeno cercato notizie sul posto, un po' come quando vado al cinema e mi rifiuto di vedere il trailer: mi sono affidata alla sensazione. Non ho controllato o cercato o preparato Niente di niente: esattamente quello che si dice "partire all'avventura". Certo, mi sono affidata a chi avevo vicino, alle strade ché sempre strade restano, anche dall'altra parte del mondo. Alla speranza che non fosse un completo disastro. E, forse, non lo è stato. Forse. 

Le variabili sono state tante.

Detto ciò, son capitati momenti, durante i km macinati e la giravolta di città e Castelli, visti come se guidassimo una macchina impazzita alla 24 ore di Le Mans, durante i quali ho riso come non facevo da tempo. E solo per questo, perché era quello di cui avevo bisogno, ringrazio. 

Qualche foto dei momenti e dei posti che ho sentito più miei:










Ora non lo so quanto lo abbia vissuto davvero, questo viaggio, e quanto mi resterà addosso. 

Per il momento, non riesco a pensare ad altro che Io resto sempre io anche fuori dai confini e devo fare i conti con il fatto che non è stato proprio un bene; e cambiare sé stessi è molto più difficile di quello che si pensi. Soprattutto quando non se ne sente profondamente la necessità e lo si dovrebbe fare solo per evitare che gli altri ti giudichino o respingano. 

sabato 22 giugno 2024

"Ecco, forse sono stata felice ma non me ne sono accorta. Forse è stato un godimento oggettivo, quello della mia bella giovinezza, ma non soggettivo. Non c'ero e dunque non ho vissuto. A volte si vivono intere vite senza esserci" - P.CAVALLI

Ieri ho compiuto 45 anni. E ho realizzato un po' di cose. Cose sparpagliate, come d'altronde è stata la mia stessa esistenza fino ad ora.

Ho realizzato che ho l'età di mia madre quando è venuta a mancare. Ci pensavo da tempo che, prima o poi, in questo strano e straziante modo, saremmo state "coetanee". Ma ieri è stata una cosa matematica, senza possibilità di appelli o calcoli sbagliati. Eccetto, forse, che nella linea temporale giusta, lei di anni ne avrebbe avuti 73 e la mia giovinezza sarebbe stata diversa. Non migliore. Solo, diversa. 

Ma forse è solo una mia stupida convinzione, perché credo di essere stata sempre invisibile e inaccorta, anche prima che questo filo si spezzasse. Sono sempre stata ai margini della vita degli altri: ero solo una sedia a cui appoggiarsi a seconda della necessità, o un tavolo a cui lasciare in custodia qualcosa, un letto a cui abituarsi. O, semplicemente, una che stava lì e basta. 

Ho realizzato che, come ogni compleanno degli ultimi 10 anni, nessuno, di quelli che avrebbero potuto intendo, se ne è ricordato. Solo a tarda notte, a qualche minuto dalla mezzanotte, come la classica Cenerentola al contrario, è successo. L' "impensabile": una persona della mia giovinezza, che peraltro non vedo e non sento materialmente da anni, ha collegato alcuni indizi, ha guardato il calendario e si è esposta. Portandosi dietro un altro paio di persone, che a differenza sua, avrebbero dovuto ricordarlo a prescindere, perché mi vedono e mi sentono più spesso.

Ho questo concetto strano, dell'Amicizia, presunta tale: essere nei pensieri di chi ti sta vicino. Se non nei pensieri, almeno nello sguardo. E invece.

Evidentemente, faccio questo effetto: "sono impossibile da dimenticare, ma difficile da ricordare." E' una citazione di un film anche questa, ma non importa. 

Ho realizzato che deve essere una cosa molto oggettiva, questa dell' esserci davvero nella propria stessa vita, essere più presente a se stessi, accorgersi di essere vista anche dagli altri. E anche questa del ricordare qualcuno e averlo nei propri pensieri. Gli altri se ne rendono conto, tu no. O non sempre.

Mi sono resa conto che a volte non ricordo le cose, anche quelle più belle, degli ultimi 30 anni di vita. Non ricordo di aver detto determinate cose, di aver fatto cose e aver vissuto con alcune persone, di essere stata in uno specifico posto.

Di contro, più spesso di quanto vorrei, mi capita di ricordarne alcune davvero brutte o, in ogni caso, abbastanza imbarazzanti da volersi andare a nascondere. E sono sempre troppe. E di queste ne farei volentieri a meno, di ricordarle, perché non mi hanno lasciato nessun insegnamento: solo muri alzati e paure e diffidenze.

Arrivo a questa età e vorrei solo poter ricordare di essere stata esattamente lì dove volevo essere, quando volevo esserlo. Ricordare di aver provato, probabilmente, qualcosa di vicino alla felicità. Sarebbe già qualcosa. 

E invece.

martedì 28 maggio 2024

" - IL TEMPO NON AIUTA. 

- DOVREBBE? 

- TUTTI DICONO CHE AIUTA... 

 - BEH, CHI LO DICE NON CAPISCE NIENTE. IL TEMPO E' CRUDELE, CI PUNISCE. E' L'UNITA DI MISURA DELLA CONDANNA, PERCHE' DOVREBBE FACILITARE LE COSE?"


Sono giorni un po' soffocanti.

E' come se fossi sconquassata, attraversata da una certa elettricità che non mi fa respirare, che rende incerte tutte le mie azioni, che mi fa pensare mille cose tutte insieme, tutto e il contrario di tutto. Uno sconquasso che mi porta un incedere disordinato, distratto, che mi fa venire un nodo alla gola più spesso di quanto sia lecito.

Rileggo libri del mio passato, che ho molto amato e che sono un po' una coperta di Linus, sperando di ritrovare un po' di equilibrio. Ho nostalgia di un tempo remoto che, a conti fatti, non è stato clemente nei mei confronti: un tempo pieno di aspettative frustrate, di scelte che non posso più cambiare, di perdite costanti e insicurezze mai sanate, che mi hanno portato dove sono ora. 

Non ho nostalgia delle persone o dei fatti in sé. Sono ben contenta che alcune persone siano uscite dalla mia vita perché erano foriere di rapporti tossici, sbagliati, stonati, privi di senso, che non mi hanno migliorata come persona, ma hanno solo rafforzato i muri e quella corazza che mi trascino ovunque vado.

Ho nostalgia del futuro che vedevo davanti a me. E delle parole nuove che speravo portasse con sé.                                                   

A dispetto di me stessa, e di tutte quelle persone e quei fatti che mi appesantivano la vita, ho sempre pensato che prima o poi, sarebbe arrivato un "capovolgimento di fronte". A me le cose, pure quelle semplici, che scandiscono una vita normale e capitano un po' a tutti, sono sempre successe con enorme ritardo. Ma sul "capovolgimento di fronte" che, in qualche modo, mi avrebbe salvato da quel presente variegato, incerto e un po' umiliante, che è stato la mia gioventù, ci ho sempre contato. Niente di cinematografico, solo qualcosa che non mi facesse sentire sempre fuori posto e irrisolta. Il futuro, appunto.

Solo che è un futuro che si è avverato in un modo tutto suo e che mi ha lasciata indietro.   

E che, sento, non cambierà più niente.      

Certo, ha messo qualcosa a posto, per fortuna. Ha calmato le onde alte di un mare incazzato che più volte, nel corso degli anni, ha rischiato di travolgermi definitivamente. Meglio tardi che mai, bisogna dirlo. Ma ha portato con sé un tempo lento, piatto, che mi costringe a contare gli attimi di una solitudine fuori misura, alle prese con un silenzio malmostoso in cui mi muovo per inerzia, come una condannata.

So che mi abituerò anche a questo stato di cose, prima o poi. Ma per ora sono giorni un po' soffocanti. E lo scrivo, come al solito, qui, per liberarmene.


lunedì 4 settembre 2023



Qui si continua a non capire il punto effettivo che vuole porre Favino, e cioè che prima di chiunque altro, dovrebbe essere una produzione italiana ad affrontare un lavoro biopic su personaggi intimamente connessi con la cultura e la visione italiana della vita, non un cast e una produzione anglosassone che sono ad anni luce da essa e peraltro lo farebbero in inglese ( che, giratela come volete, non ha niente a che fare con l'espressione e la semantica italiana. )

Noi non faremmo mai un biopic su Roosevelt o su Michael Jordan o su George Washington, e semmai fossimo così sconsiderati da provarci, gli americani sarebbero i primi a deriderci e a dirci "dove cazzo volete andare".

Avete per caso notizia di una qualche produzione americana che abbia affrontato dal punto di vista culturale e visivo la seconda guerra mondiale a Roma? se Rossellini non avesse fatto Roma Città Aperta a quest'ora ci ritroveremmo con un film girato con un americano che tenta di innestare l'american way of life nella Roma del 1945, senza cogliere Roma come hanno fatto la Magnani e Fabrizi. Per non parlare di Fellini con Rimini e De Sica con mezza Italia.

E questo non vuol dire essere sovranisti perdio.

Tutti gli italiani che sono andati a lavorare in America, persino un regista discutibile come Muccino, si sono dovuti piegare allo stereotipo dell'american way of life, con la loro partizione in film prettamente di genere, che con lo stile italiano centra esattamente un cazzo. Per girare con Will Smith, Muccino mica ha fatto un film drammatico con glia archetipi italiani che ci appartengono.

Col cazzo che gli studios glieno avrebbero lasciato fare perché, che vi piaccia o no, il cinama americano va avanti a stereotipi di genere che impongono la loro culturalità, la loro visione, mica un qualcosa di universale applicabile in ogni dove e in ogni quando.

Eppure noi gli Oscar li abbiamo vinti con film italiani che veicolavano la nostra cultura e il nostro punto di vista su una storia che poteva essere universale, a partire da Rossellini, passando per Tornatore e Salvatores, ad arrivare fino a Sorrentino ( che per altro a me fa grandemente cagare).

Ne fate una questione di soldi?

perchè pensate che gli Studios Americani lo facciano per la gloria dell'arte della settima musa?

Gli stessi studios che si avvalgono in larga parte di manovalanza italiana per gran parte dei loro film, per ignorarli poi in sede di premiazione come hanno fatto per una vita con Morricone?

Morricone che, ha fatto, faceva e farà le scarpe a tutti i compositori americani ha vinto un oscar solo quanto ha girato il peggior film di Tarantino, che però ha potere mediatico ad Hollywood e fa guadagnare gli studios.

Morricone è stato grandemente snobbato con The Mission, che non era una produzione americana ma inglese, che resta la sua eredità musicale più superba. MA non veicolava standard culturali americani.

Ergo, fatevi due conti e cercate di uscire dallo snobbismo in cui ci ha precipitati il cinema americano. Loro c'hanno più soldi perché non lasciano campo libero a nessuno, non si lasciano prevaricare culturalmente lasciando che qualcun altro faccia prima di loro qualcosa che è loro per cultura e ambito.

E' da questo che cerca di uscire Favino e in Italia facciamo gioco a quel sistema lì che va a nostro danno semplicemente perché non si ha una cultura cinematografica che si discosti dal mainstream americano, chè se non c'è una storia deliberatamente americana non lo andiamo a vedere il film indipendente del regista italiano.

Mi viene sempre in mente un'intervista di Mainetti riguardo a Lo Chiamavano Jeeg Robot che riassume perfettamente quello che ha detto Favino: la cultura dei supereroi non è italiana, ma americana. Se noi vogliamo competere con gli americani non dobbiamo fare film con supereroi americani, perché non possiamo competere. Dobbiamo fare una storia di supereroi ma immersi nella cultura e nel punto di vista italiano. E va ricordato che Mainetti il film se l'è dovuto produrre da solo perché nessun produttore voleva rischiare, salvo poi salire sul carro una volta che è esploso in Italia e all'estero.