mercoledì 24 dicembre 2014

" Mio nonno era il fiume che fecondava queste terre.
Pieno di innumerevoli mani e occhi e orecchie.
E, nello stesso tempo, cieco e taciturno come un albero.
Era la barba antica e la voce profonda della casa.
Era il seminatore e il frutto. Il ceppo rugoso.
L'indice del tempo e il sangue propizio. 
Mio nonno era l'inverno con le mani fiorite.
Era il fiume stesso che popolava le terre. 
Era la terra stessa che moriva e rinasceva.
[...] ed io nacqui quando ardevano i falò di maggio.
E la prima cosa che ricordo è la voce del fiume e della terra."

Miele Ereditato,Efrain Barquero

Oggi se ne è andato un altro pezzo di cuore.
La prima generazione della mia famiglia è finita quando il nonno ha chiuso gli occhi qualche ora fa. E' come se fosse finita un'epoca ed io mi sento come se fossi invecchiata di 10 anni in un momento.
Pensavo di essere preparata, dopo questi ultimi anni di malattia e vecchiaia, che lo hanno spento lentamente, portandosi via la giovialità e il verde brillante dei suoi occhi.
E per quanto la me razionale sa benissimo che almeno adesso ha trovato un po' di pace, non posso fare a meno di sentire questo enorme vuoto nel cuore.
Il nonno è sempre stato un vecchietto possente, un patriarca dei suoi tempi. Ha vissuto un'intera vita da contadino, aveva la passione per i cavalli e un animo espansivo. Con noi nipoti probabilmente era riuscito a mitigare la ruvidità e l'asprezza con cui aveva cresciuto i suoi figli. E' stato sposato per 65 anni con la stessa donna, un traguardo che per me, che sono stata la sua prima nipote è, ora come ora, impensabile.

Ho passato un giorno intero a guardare una foto in cui lui, più o meno 60 enne attraversa il paese con il suo carretto trainato da una giumenta bianca, per andare nei campi, seduto un po' di sbieco, con l'immancabile coppola e i suoi baffi, che con il tempo sono imbiancati. E penso a lui seduto al tavolo del soggiorno che gioca a carte o fa un solitario, in tutti e 30 gli inverni della mia vita. Penso a ogni volta che mi ha raccontato dei tempi della guerra e di lui che è tornato a piedi da Biella a Lecce. Ai pranzi di Natale con lui a capotavola e la pasta fatta in casa e tutti e 9 i nipoti con i posti prefissati. Ai botta e risposta risoluti con la nonna. Ai buffetti sulla guancia e al solletico.

La vita fa il suo corso, ma oggi ho il cuore gonfio di nostalgia di un tempo che non può più tornare, se non nei miei ricordi un po' sbiaditi.
E niente, volevo solo dirti che mi ricorderò sempre di te e di quello che hai significato, ovunque sia il tuo spirito in questo momento.

lunedì 22 dicembre 2014



"[...] e ora viaggi ridi vivi o sei perduta / col tuo ordine discreto dentro il cuore / ma dove dov'è il tuo amore / ma dove è finito il tuo amore / [...] grazie a te ho una barca da scrivere, ho un treno da perdere/ [...]passerà anche questa stazione senza far male / passerà questa pioggia sottile come passa il dolore / [...] ora il tempo è un signore distratto, è un bambino che dorme / ma se ti svegli e hai ancora paura ridammi la mano / cosa import se sono caduto, se sono lontano / perché domani sarà un giorno lungo e senza parole / perché domani sarà un giorno incerto di nuvole e sole / ma dove dov'è il tuo cuore / ma dove è finito il tuo cuore."

sabato 20 dicembre 2014

venerdì 19 dicembre 2014


Pezzi di teatro di successo. (Di quelli belli e magari duraturi, però.)
Vorrei solo averne di più.

E invece.


" Niente è originale. Ruba dappertutto qualsiasi cosa ti dia ispirazione o alimenti la tua immaginazione. Divora vecchi film, nuovi film, musica, libri, quadri, fotografie, poesie, sogni, conversazioni casuali, architettura, ponti, segnali stradali, alberi, nuvole, masse d'acqua, luce e ombra. Seleziona tra le cose da rubare solo ciò che parla direttamente alla tua anima. Se farai così, il tuo lavoro (e il tuo furto) saranno autentici L'autenticità è senza prezzo, l'originalità non esiste. E non stare a preoccuparti di nascondere il tuo ladrocinio - onoralo se ti sembra il caso. E comunque ricorda sempre quello che ha detto Jean-Luc Godad: " Non è da dove prendi le cose, è dove le porti". "

J. Jarmush 

martedì 16 dicembre 2014



" Bene, se mi dici che ci trovi anche dei fiori in questa storia, / sono tuoi / ma è inutile cercarmi sotto il tavolo, / ormai non ci sto più / ho preso qualche treno, qualche nave / qualche sogno, qualche tempo fa / Ricordi che giocavo coi tuoi occhi nella stanza, e ti chiamavo mia, / e inoltre la coperta all'uncinetto,/ c'era il soffio della tua pazzia / e allora la tua faccia vietnamita ricordava tutto quel che ho. / E adesso puoi rinchiuderti nel bagno a commentare le mie poesie / però stai attenta a tendermi la mano / perché il braccio non lo voglio più / mia madre è sempre lì che si nasconde dietro i muri / e non si trova mai / e i fiori nella vasca sono tutto quel che resta e quel che manca, / tutto quel che hai / e puoi chiamarmi ancora / amore mio. / E qualche volta aspettami sul ponte, i miei amici sono tutti là / con lunghe sciarpe nere ed occhi chiari, hanno scelto la semplicità / se Luigi si sporge verso l'acqua sono solo fatti suoi / E ancora mille volte, mille anni, ci scommetto, mi ringrazierai / per quel sorriso ladro e per i giochi, i mille giochi che sapevi già / e ancora mi dirai che non vuoi essere cambiata, che ti piaci come sei /  Però non mi confondere con niente e con nessuno, e vedrai... / niente e nessuno ti confonderà / nemmeno l'innocenza nei miei occhi, c'è né già meno di ieri, ma che male c'è / le navi di Pierino erano carta di giornale / eppure guarda, sono andate via / magari dove tu volevi andare ed io non ti ho portato mai / e puoi chiamarmi ancora amore mio."

BENE, F. De Gregori, 1974 

domenica 14 dicembre 2014

venerdì 12 dicembre 2014






Dieci inverni, 2009,dir. V. Mieli

"Parla piano e poi / non dire quel che hai detto già / le bugie non invecchiano / sulle tue labbra aiutano / Tanto poi / è un'altra solitudine specchiata / scordiamoci di attendere / il volto per rimpiangere / Parla ancora e poi / dimmi quel che non mi dirai / versami il veleno / di quel che hai fatto prima / Su di noi / il tempo ha già giocato, ha già scherzato / ora non rimane che / trovar la verità / Che ti dà, che ti dà / nascondere negli angoli / dire e non dire, il gusto di tradire una stagione / Sopra il volto tuo / pago il pegno di / volere ancora avere, ammalarmi i te / raccontandoti di me / Quando ami qualcuno / meglio amarlo davvero, e del tutto / dove hai tenuto nascosto finora chi sei / Cercare mostrare approvare una parte di sé / un paradiso di bugie / La verità non si sa, non si sa / come riconoscerla / cercarla nascosta nelle tasche, i cassetti, il telefono / Che ti dà, che mi dà / cercare dietro gli angoli / celare i pensieri, morire da soli / in un'alchimia di desideri / Sopra il volto tuo / pago il pegno di / rinunciare a me non sapendo dividere / dividermi con te / Che ti dà, che mi dà / affidarsi a te, non fidandomi di me / Sopra il volto tuo / pago il pegno di / rinunciare a noi / dividerti soltanto / nel volto del ricordo." 

Parla Piano, Vinicio Capossela

Mi sono chiesta spesso se è il film a stare tutto in questa canzone o se la canzone ha dettato tempi, immagini, tagli, luci di questa pellicola. In ogni caso sono un ensemble perfetto.
Entrambe, il film e la canzone, sono legate molto intensamente agli ultimi due anni e a due uomini diversi che hanno attraversato la mia vita, ognuno a modo suo, ognuno con il proprio carattere. Ognuno portandosi via un pezzo di me, lasciandomi sguarnita.
Guardavo il film nel momento in cui S. mi ha chiamata perché era innervosito da un mio atteggiamento infantile. E in quel momento io ho realizzato che ero infantile proprio perché ero interessata a lui e la situazione mi è sfuggita di mano. Insieme al lume della ragione.
Ascolto la canzone ora, che il lume della ragione in qualche modo l'ho recuperato, e penso all'Altro e a come ho passato l'ultimo anno. A come l'ho inseguito silenziosamente negli ultimi quattro anni,più o meno da quando l'ho visto la prima volta, senza farmi mai avanti, perché non ero pronta a provarci, perché il momento non era mai quello giusto, perché non avevo voglia di mettermi un gioco. E penso che, contro ogni logica, qualche cosa è successa. E al fatto che, alla fine, però, non ci siamo comunque trovati. O a come ci siamo trovati male, quando ci siamo trovati. E stato come essere nello stesso angolo, a pochi centimetri, ché bastava solo voltare gli occhi e guardare bene, e magari potevamo anche vederci. Davvero.

Metto insieme questi due anni e quello che mi hanno portato e insieme tolto questi due uomini, e tutto quello che si portano dietro i giorni che ho speso ad inseguirli. E non riesco a fare a meno di pensare che io, purtroppo, o per fortuna, nonostante il loro passaggio e le inflessioni che hanno provocato  in me, resto sempre io.
E accade come nel video: ognuno sceglie una strada diversa, o più semplicemente torna al proprio posto. E, come predice Woody Allen, in un altro film, "ciò che non ci uccide, in qualche modo ci frega." [cit.]


mercoledì 10 dicembre 2014

"CLARE : E' dura rimanere indietro. Aspetto Henry senza sapere
dov'è e se sta bene. E' dura essere quella che rimane.
Mi tengo occupata. Così il tempo passa più veloce.
Vado a dormire da sola e mi sveglio da sola. Faccio passeggiate.
Lavoro fino a stancarmi. Osservo il vento giocare con la robaccia
rimasta sepolta tutto l'inverno sotto la neve.
Finché non ci si pensa sembra semplice. Perché l'assenza intensifica l'amore?
Tanto tempo fa quando gli uomini andavano per mare, le donne li aspettavano
sulla spiaggia, scrutavano l'orizzonte in cerca della piccola imbarcazione.
Adesso io aspetto Henry.
Lui compare e scompare senza preavviso e involontariamente. 
Io lo aspetto. Ogni minuto di attesa dura un anno, un'eternità.
Ogni minuto scorre lento, trasparente come vetro. 
Attraverso ogni minuto vedo un'infinità di minuti in fila, in attesa.
Perché se ne va dove io non posso seguirlo?"

Incipit di The Time Traveler's Wife, A. Niffenegger, 2005

Questo è l'incipit di un libro che amo molto. 
Un libro che ho consumato a furia di leggere e rileggere, 
un libro di cui posso citare a memoria interi passi.
Se c'è un personaggio letterario che vorrei tanto e, allo stesso tempo, non vorrei per niente essere,
è proprio la protagonista. Il perché lo può capire solo chi ha letto il libro e ne ha capito i risvolti veri.
Perché essere Clare è insieme meraviglioso e immensamente duro. Forse più la seconda, che la prima.

In questi giorni penso a tutto il tempo che (ho passato e) passo ad aspettare.
Aspettare qualcuno/qualcosa che non arriva. Che probabilmente non c'è nemmeno. 
O, nella migliore delle ipotesi, se c'è, probabilmente non arriverà, per un qualsiasi motivo.
Anche solo per il fatto che io sto aspettando.
Il destino ha uno strano senso dell'umorismo, d'altronde.
E sto realizzando che sono stanca di aspettare, per la verità. 
Che nella mia testa vedo già come saranno i minuti dei prossimi 30 anni della mia vita. 
E, anche se non mi piace quello che vedo, ho la sensazione che non mi posso opporre o sottrarre ad essi.

Una delle cose imprescindibili che i personaggi del libro sanno è che non ci si sottrae al tempo e alle scelte, che siano le tue o quelle di qualcun altro. E così e basta. E il loro amore è frutto di avvenimenti che accadono a prescindere dal loro volere e attraversano il tempo, un tempo che li unisce, ma più spesso li divide. 
Eppure non smettono mai di aspettarsi.
C'è un passo del libro in cui Henry, il protagonista, dice a Claire che "è bello starsene sdraiati, sapendo che il futuro, in un certo senso, è sistemato".
Ecco, è questa l'unica cosa che mi darebbe sollievo. Sapere che il mio futuro, in qualche modo, è sistemato.
Che non c'è bisogno di preoccuparsi.
Che andrà tutto bene.

Ma non lo so. E non so se sarà così. Posso solo continuare ad aspettare, provando a vivere.(Baglioni mi consiglierebbe il contrario...)
Il guaio è esattamente questo.

lunedì 8 dicembre 2014


mancavano giusto il maxicono con il suo autografo e Somebody To Love dei Queen in sottofondo...
Io per un momento lunghissimo ho avuto 15 anni...

# No, 2014 resti sempre un anno di merda
# ma tu ricorderò come l'anno che ho conosciuto Giani

sabato 6 dicembre 2014


Tutti hanno un film di Natale. Uno dei miei è questo.
E oggi che non ho programmi per la serata, che le feste si avvicinano e come al solito io vorrei fossero già passate, che Torino mi manca tanto e in questo momento vorrei fossero le 2 del mattino e fare due passi per il centro, da via Lagrange fino a Piazza San Carlo, con solo le luci d'artista a farmi compagnia..e se ci fosse anche la neve, sarebbe perfetto...oggi che la mia vita è piena di addii non detti che invece avrei voluto fossero solo arrivederci...

  • beh,oggi questo film è ancora più mio del solito.

mercoledì 3 dicembre 2014

" La sera prima, dissi a Rachel che venisse a ballare, al Great Falls, ma lei non volle, disse che aveva troppa paura. Non ho paura del salto, mi disse, non ho paura di morire, ho paura di stare là dentro. Non vada a dirlo a quei due, mi disse, ma io di stare chiusa in quella botte ho un terrore micidiale. Impazzirò là dentro, mi disse. Non pensarci dai, vieni a ballare, le ripetei. Non riesco a non pensare al buio là dentro, mi disse. Allora semplicemente la presi tra le mie braccia e la tenni stretta, io che non sono mai stata capace di tenerezza. Quel che avrei potuto dirle, per aiutarla, l'ho capito solo più tardi ripensando a quel giorno, al suo salto, alla sua follia. Le avrei dovuto dire che tanti saltano nello stesso modo via dalla loro vita, oltre se stessi, rischiando tutto per sentirsi davvero vivi. Avrei dovuto dirle che tutti lo fanno chiusi nelle loro paure, chiusi dentro la botte mefitica delle loro paure. Un posto piccolissimo, molto nero, dove sei solo, e fai fatica a respirare. Non c'è nulla che si possa fare per cambiare le cose e già si è fortunati se qualcuno ha avuto per noi l'attenzione di mettere una piccola musica, là dentro; o se capita di avere un'amico ad aspettarci in un'ansa del fiume per riportarci a casa, in una qualche casa. Questo, le avrei dovuto dire. Invece solo la strinsi fra le mie braccia, e non fui capace di dire niente. Piccola Rachel...davvero si sarebbe meritata un giorno di gloria, lei e quegli altri due matti, sa il cielo come mi mancano. Ma non è andata così, spesso non va così. Si semina, si raccoglie, e non c'è nesso tra una cosa e l'altra. Ti insegnano che c'è,ma...non so, io non l'ho mai visto. Accade di seminare, accade di raccogliere, tutto lì. Per questo la saggezza è un rito inutile e la tristezza un sentimento inesatto, sempre. Seminammo con cura, tutti, quella volta, seminammo immaginazione, e follia e talento. Ecco cosa abbiamo raccolto, un frutto ambiguo: la luce bella di un ricordo e il privilegio di una commozione che per sempre ci renderà eleganti, e misteriosi. Voglia il cielo che questo basti a salvarci, per tutto il tempo che ci sarà dato, ancora."

A. Baricco, Smith&Wesson, pag.98, Feltrinelli,2014

Ho comprato questo libro alla Feltrinelli di Porta Nuova, questo venerdì mattina che ero sotto la pioggia di Torino e avevo bisogno di non pensare che mi sentivo sola. Le librerie sono il mio rifugio ogni volta che mi sento così.
E i libri di Baricco toccano sempre il punto più intimo di tutti i miei nervi scoperti, quelli che mi sforzo male di nascondere, ma si vedono uguale e troppo.
I libri di Baricco per me sono sempre un evento, una finestra che si apre su me stessa, anche quelli brevissimi come questo, che è più un racconto da bersi tutto d'un fiato, ad una velocità inconsuenta, sperando che non ti si stringa il cuore nel mente. 
Anche se il cuore ti si stringe ugualmente, quando arrivi alla fine.

martedì 2 dicembre 2014

"E fu così che ci trovammo nel posto sbagliato al momento giusto
o forse era il posto giusto al momento sbagliato
con tutta probabilità era tutto sbagliato
il posto e il momento.
Erano sbagliati gli alberi e le strade
era sbagliato il cielo ed il cemento
eri sbagliata tu
ero sbagliato io
Sbagliammo il primo bacio e l'ultimo
il primo appuntamento
il primo orgasmo fu sbagliato
e fu sbagliato il primo vaffanculo.
Però sbagliò la luna ad esser piena quella note
e a illuminarti il viso
sbagliarono i tuoi occhi ad esser belli in pianto
sbagliarono gli abbracci
quelli non dati
quelli dati 
quelli non chiesti
quelli sperati"

Guido Catalano

"La memoria mi aiuterà a soffrire ancora di più: 
perché in fondo noi siamo della razza di coloro che hanno per legge
questa assidua pena di cercare armonia conquistando il dolore"

Salvatore Quasimodo


Ho la brutta sensazione che ci metterà un po' a passarmi questa volta. 
Soprattutto perché é una cosa che ha a che fare con me e con come sono io, non tanto con te e con quello che immaginavo, speravo e avevo bisogno che fossi.
E quando mi passerà, perché passerà, io non lo so se avrò mica più voglia di rimettermi in gioco.
E se la vita sarà più forte, perché lo è sempre, non è detto che io lo sarò altrettanto e che avrò la capacità di regalare i pezzi di me che saranno (non so bene come) rimasti, a chi avrò di fronte.

lunedì 1 dicembre 2014

"Non so chi tu sia, non l'ho mai saputo. Nascondi parte di quello che sei in un cono d'ombra. Lo nascondi a te e agli altri. H avuto la presunzione di pensare che la tua bellezza appartenesse anche alle cose che non lasciavi emergere. Non ne sapevo nulla, ma forse sarebbe andato bene tutto"

"Basta il pensiero" solo se devi piegare un cucchiaio" [cit.]

Oggi è una giornata strana e non riesco a venirne a capo.
Alla melancolia dovuta al ritorno, si mescolano un sacco di altre sensazioni ed io non riesco ad avere il giusto senso della misura, il giusto distacco, la giusta concretezza per affrontare tutto e cercare di andare oltre.
Continuano tutti a ripetermi incessantemente di dare il "giusto peso alle cose".
Ma quale sarebbe questo giusto peso?
Accettare il fatto che sono solo uno svago e non andremo mai più in là di così?
Accettare che la lontananza faccia tutto il resto e ci allontani definitivamente?
Accettare che sia stato tutto fine a sé stesso e non pensarci più?

Non ci riesco.

I tuoi silenzi e il tuo distacco sono le cose più difficili da mandare giù. 
Perché rendono amari anche i momenti in cui ti sei lasciato andare e hai smesso di essere un muro.
Perché mi hanno reso difficile rilassarmi davvero quando, senza motivo, mi hai abbracciata davanti ad un sacco di persone. Ed io sentivo i loro sguardi sulla mia nuca e l'improvviso silenzio di tutti quando lo hai fatto.
Perché mi hanno reso impossibile crederti e prenderti sul serio quando mi hai invitato a stare da te per Natale. E avrei voluto gridarti si, invece ti ho risposto che mi pareva avventato.
Perché, per uno strano meccanismo che non ho la forza di contrastare lucidamente, i tuoi silenzi mi rendono difficile staccarmi da te, nonostante non ho (e non ho mai avuto) l'intenzione di essere il tuo "qualche volta, quando ho voglia". E invece lo sono stata per tutto quest'anno. E quel che è peggio è che non me ne importa niente.

Il fatto finale è che mi sta bene perché sono io che sono stata al gioco.
Ma non esiste un "giusto peso" in tutta questa storia.
Ed io vorrei solo che tu avessi voglia di me allo stesso modo in cui io ho voglia di te.
Nel frattempo, per tentare di essere almeno ragionevole, cerco ininterrottamente un interruttore che mi faccia rinsavire e mi aiuti a smettere di pensare a te. 
Ma non lo trovo.
E il pensiero non basta.

" Dicono che c'è un tempo per seminare / e uno che hai voglia di aspettare / un tempo sognato che viene di notte / un altro di giorno teso / come un lino a sventolare. / C'è un tempo negato e uno segreto / un tempo distante che è roba degli altri / un momento che era meglio partire / e quella volta che noi due era meglio parlarci. / C'è un tempo perfetto per fare silenzio/ guardare il passaggio del sole d'estate / e saper raccontare ai nostri bambini quando è l'ora muta delle fate / C'è un giorno che ci siamo perduti / come smarrire un anello in un prato / e c'era tutto un programma futuro / che non abbiamo avverato./ E' tempo che sfugge, niente paura / che prima o poi ci riprende / perché c'è tempo, c'è tempo, c'è tempo / per questo mare infinito di gente. / Dio, è proprio tanto che piove / e da un anno non torno / da mezz'ora sono qui arruffato/ dentro una sala d'aspetto / di un tram che non viene / non essere gelosa di me / della mia vita / non essere gelosa di me / non essere mai gelosa di me. / C'è un tempo d'aspetto come dicevo / qualcosa di buono che verrà / un attimo fotografato, dipinto segnato / e quello dopo perduto via / senza nemmeno voler sapere come sarebbe stata la sua fotografia. / C'è un tempo bellissimo tutto sudato / una stagione ribelle / l'istante in cui scocca l'unica freccia / che arriva alla volta celeste/ e trafigge le stelle / [...] è un tempo che è finalmente / o quando ci si capisce / un tempo in cui mi vedrai / accanto a te nuovamente / mano nella mano / che buffi saremo / se non ci avranno nemmeno avvisato. Dicono che c'è un tempo per seminare / e uno più lungo per aspettare / io dico che c'era un tempo sognato / che bisognava sognare. "

I. Fossati