sabato 21 febbraio 2015


"Le cose cambiano. Cambiano loro per te", ho letto da qualche parte in questi giorni. 
E da qualche tempo, volente o nolente, mi trovo nella condizione di ridimensionare persone che sembravano importanti.

Con lui non succede. E sapere che, da quasi vent'anni, ho un amico come lui, che conosce veramente tutti i miei lati più brutti e insopportabilmente fastidiosi e insopprimibili, e non se ne lamenta praticamente mai, è l'unica cosa a cui mi aggrappo per non perdere totalmente la strada.

#solo grazie di esserci

giovedì 19 febbraio 2015


(source: Facebook, Guido Catalano)

Nell'ultimo paio d'anni ho incontrato quest'uomo spessissimo per le strade di Torino.
Un grande rimpianto che ho è di non avergli mai stretto la mano.

#si dice a me

sabato 14 febbraio 2015



Qualche giorno fa, il Lovefriend dei tempi che furono, mi chiedeva, tra il serio e il faceto, guardando quale film avrei passato la giornata di oggi. 
Preoccupato della scarsa adattabilità che ho dimostrato ritrasferendomi al paesello e vedendomi quantomeno a corto di diversivi sociali e umani in questa (dannatissima) città, ha predetto che l'avrei passata con una bottiglia di tequila e un film di Meg Ryan (ché poi io non lo so che c'avete tutti contro Meg Ryan..io l'ho sempre adorata!!). 
"Magari ti mando una bottiglia", ha chiosato il simpaticone, quando gli ho mogiamente confermato che non ho scorte di alcolici a casa.

Vorrei ricordare al Lovefriend, con tutta l'affetto amichevole che posso, che in realtà l'unico San Valentino che ho provato a commemorare, è stato proprio il San Valentino del 1998.
Quando mi aveva regalato un peluche a forma di pesce, psichedelicamente colorato. 
E' ancora in camera mia, ché io non butto assolutamente mai via niente. 
Sebbene, lo ammetto, ho pensato di regalarlo ad Angelica che questi giochini li ama alla follia ed io purtroppo ho una certa età ed una stanza con i peluche non mi sembra proprio di potermela più permettere.
Ma sto divagando.
Quello che stavo dicendo è che quello del 1998 è stato il primo e l'unico. 
Quello più sentito, ché a vent'anni le cose te le vivi sul serio come se non ci fosse un domani. Invece adesso sai che il domani c'è e che in qualche modo lo devi pur affrontare.
La serata per contigenze esterne andò così male che decidemmo (io almeno) poi di non festeggiarlo più. Un po' perché proprio non ce n'era necessità (ché non c'era effettivamente necessità di ribadire qualcosa che già ci dimostravamo ogni giorno con sconsiderata e illimitata follia);
Un po' per scaramanzia. 

Da allora di acqua sotto i ponti ne è passata e di cose ne ho viste e sentite tante.
Più che di amori si è trattato di constatazioni amichevoli, in cui io mi sfracello contro qualcuno e poi lo devo anche risarcire per i danni. 
Oppure è sempre andata a crearsi una situazione da romanzo russo, con due persone che non si amano e non hanno una relazione, ma per circa 1200 pagine non fanno che pensarci, trascinando la cosa nella più depravata mancanza di praticità.
Come dice una bravissima blogger che seguo, " non c'è nulla di peggio di trovare una persona affascinante, unica, meravigliosa e scoprire che quella persona non sa che farsene di te". Ed io di persone così ne ho trovato assai. O sono stata considerata tale da altri.
E in questo momento, lo ammetto, non lo so quale tra le due sia la cosa peggiore.

In ogni caso, quella scaramanzia mi è rimasta cucita addosso. 
Non lo so se alla fine mi stia un po' portando sfiga, tant'è che la mia vita è un po' come quella del video: quando trovo il coraggio, il lui che voglio o non ricambia o è seduto nell'altro locale mentre io sono nel suo. E lui ovviamente sta parlando con un'altra. O al limite, una delle mie amiche sbronze ci sta provando con lui.
O peggio ancora, vive dall'altra parte dello stivale e "nu je a po' fà".

Quindi anche quest'anno lascerò che questa giornata scivoli via nella più perfetta normalità, senza aspettarmi niente di più e niente di meno che le fusa della mia gatta e ricordando sottovoce il monito di Garcia Marquez: se non posso avere l'amore che voglio, se non lo trovo, non importa. "Preferisco la libertà di rimanere per sempre a cercarlo, che l'orrore di sapere che non esiste un altro che io possa amare come ne ho amato solo uno in questa vita."

PS: e per la cronaca, il film più adatto sarebbe certamente "Come Eravamo". ;)

mercoledì 11 febbraio 2015



"[...] La vida es una tombola.../ de noche y de dìa.../ Si yo fuera Maradona / Vivirìa como él / Mil cohete, mil amigos / Lo que venga a mil por cien / [...] Porque el mundo es una bola / Que se vive a flor de piel / [...] Perdido en cualquier lugar..."


Quando ricevi quelle notizie che ti fanno urlare (sommessamente) (dentro). 
(E' tardi e rischierei di svegliare i vicini e agitare irrimediabilmente la gatta che mi dorme addosso).
E pensi davvero a quello che sarebbe stato se invece di tornare, fossi rimasta. 
Per trenta stupidissimi giorni in più.
E leggo le (diversissime) reazioni delle persone a me più care a cui ho raccontato le notizie, nell'ultima ora. A parte quella razionale e pensata delle ingegnere, gli uomini sono stati in qualche modo più spontanei e meno calcolati. Messe insieme, suppongo siano la giusta via di mezzo per avere spunto sul come comportarmi.
Prendere un bel respiro. Non pensare a quello che sarebbe stato. Sperare che accada qualcosa di buono. Dajè. Chiama chi devi chiamare e spera che accada un miracolo.

Non posso, in ogni caso, fare a meno di pensare a quanto la mia vita sia veramente una tombola...a quanto le cose che voglio di più in assoluto, con ogni molecola del mio corpo e della mia anima, finiscono invariabilmente con il non avversarsi. O con l'avverarsi quando o non mi interessano più, o non sono nelle condizioni di poterle apprezzare.
Come cantava il buon Silvestri, " E' come l'amore, va di tasca in tasca, come l'accendino vuole, ti ritorna quando non hai niente da appicciare, se escludiamo il poco che rimane ancora".
E l'amore in questo caso non centra veramente un cazzo.

Ps: A chi di dovere, è abbastanza ritmata questa? Kiss :P

lunedì 9 febbraio 2015


" Che fine hai fatto? / ti sto cercando / Hai riempito i miei giorni / hai svuotato i miei giorni / hai creato quello che non ero mai stato / al di là di ciò che è bene / al di là di ciò che è male / al di là di ciò che è giusto e sbagliato / Mi hai fatto vedere cose che nemmeno immaginavo / Dove sei finito? / voglio ricordarti / che hai bisgogno di me. / Sono quello che non riuscirai mai a essere / La tua forma, il tuo corpo / Non sento la tua mancanza / voglio solo sapere / se quello che sto facendo ha un senso."
Ti Sto Cercando, Massimo Volume.

Come dicevo qualche minuto fa a CollegAmica sul socialcoso, le mie cattive abitudini sono dure a morire. E, come leggevo qualche giorno fa altrove, forse dovrei imparare a restare capace di distinguere un capriccio da un'esigenza. Ma questa cosa, forse, non lo so ancora bene, è entrambe le cose insieme e fatico a collocarla e a dargli una dimensione in cui poterla gestire con il distacco dovuto a questo genere di cose.
Ma voglio sperare sia semplicemente questione di tempo.
E di cose che mi girano per la testa.  

giovedì 5 febbraio 2015



" I saw you this morning./ You were moving so fast. / Can't seem to loosen my grip on the past./ and I miss you so much. / There's no one in sight./ And we're still making love./ In my secret life. / I smile when I'm angry. I cheat and I lie. / I do what I have to do to get by./ But I know what is wrong, And I know what is right./ And O'd die for the truth / in my secret life./ Hold on, hold on, my brother./ My sister, hold on thight./ I finally got my orders./ I'll me marching through the morning, marching though the night, moving cross the borders / of my secret life./ Looked through the paper. / Makes you want to cry./ Nobody cares if the people live or die./ And the dealer wants you thinking that it's either black or white./ That's G-d it's not that simple / in my secret life./ I bite my lip. / I'm buy what I'm told: frome the latest hit, to the winsdom of old./ But I'm always alone. / And my heart is like ice./ And It's crowded and cold / in my secret life."
Leonard Cohen, In My Secret Life

" So che mai avrò quel che cerco, e che non so cercare quel che voglio, ma cerco, insciente, nel silenzio oscuro e stupisco di quel che so che non bramo".
Fernando Pessoa


Nella mia vita segreta, che poi credo che tanto segreta nemmeno sia, in questo momento nevica. Nevica forte, nevica grandi fiocchi di neve, tutto è bianco ed io sto percorrendo il lungo Po, dopo esser passata per un centro imbiancato. Non c'è il vento di scirocco che sferza qualsiasi cosa incontri, nè le palme del mio giardino che  quasi si piegano. Fa più freddo che qui, ma è un freddo che ho imparato  metabolizzare e sopportare meglio, che riesco a tenere a bada rispetto a quello che mi entra nelle ossa e mi costringe a vivere in simbiosi con la stufa. La mia gatta lo soffre quanto me, tanto che ieri è stata la seconda volta che si è bruciata la coda è non ha emesso il benché minimo rifiato. Povera. (io o lei? bah...)

Nella mia vita segreta non sono seduta al tavolo di cucina con le piastrelle e i mobili anni '70 malandati, di una casa a cui non sento più di appartenere da un sacco di tempo, ma tant'è sembra che sia il fulcro di ogni ritorno e l'ostacolo ad ogni ripartenza (letterale e metafisica), ma sono in una casa piccolina che ho arredato io, che non è immensa e dispersiva e terribilmente fredda, ma è raccolta e contiene tutti i miei pensieri, tutte le mie idiosincrasie, tutti i miei squilibri interiori e mi fa essere me stessa nei limiti del possibile.

Nella mia vita segreta sono riuscita a trovare un lavoro dove volevo trovare lavoro. Anche se non sono mai stata brava a cercare quel che voglio. E soprattutto a trovarlo.
Ed è un lavoro che in qualche modo so fare...che sia un call center, un negozio, una libreria, un segretariato, un lavoro a contatto con un pargolo.
L'ho trovato e lo so fare, al meglio che posso.
E l'inquietudine nella pancia c'è, ma è quell'inquietudine legata alla vita e all'esistere, alla stanchezza che ogni tanto ci assale, ma è accettabile perché ti fa andare avanti, non come quella che sento io, che mi divora e basta. Perché vivo sempre sospesa, saltando da un lavoretto all'altro e, quando ne trovo uno un po' più stabile, mi riesce male perché non sono stata preparata bene ad affrontarlo. Ed io purtroppo sono una che s'impanica, anche quando non dovrebbe. E quest'ansia di non sapere cosa sarà di me tra 20 giorni e se troverò e se riuscirò ad essere indipendente, è lì che mi logora  E mi fa mangiar male. E mi toglie la voglia di svegliarmi al mattino.

Nella mia vita segreta sono libera di vivere di notte e di vivere la notte di una grande città, con le sue luci e i suoi rumori, con le sue strade a volte paurose o rumorose, a volte semplicemente e meravigliosamente silenziose; e ogni strada ha una sua storia. Ed anche se non sono in giro, ma mi godo semplicemente la mia casa, posso scegliere di viverla fino in fondo, senza dover dare spiegazioni del dove, del quando, del come e del perché i piatti in cucina sono lì da due giorni e ho steso il bucato in piena notte piuttosto che essere in piedi alle 7.30 del mattino perché "così deve essere altrimenti sei una nulla facente".

Nella mia vita segreta vivo di notte e parlo con te. A volte sono in giro e ti incontro per caso (per la verità, in quella reale è sempre stato così...anche se so sempre più o meno dove sei e allora diventa tutto un circolo vizioso in cui causa/effetto si sovrappongono) e ti cerco per scelta. Ma quando ti cerco davvero non ti trovo mai. O se ti trovo...vabhé lasciamo stare.
Nella mia vita vera ovviamente sono qui, ed ho notizie frammentate, ho notizie didascaliche che potrebbero essere vere o potrebbero essere un bluf. E non lo so...mi ritrovo contro ogni logicità a sperare che nessuno di accorga di te...e sperare che prima o poi tu ti accorga veramente di me. Perché prima di mollare vorrei provare. Ma intanto posso solo aspettare la prossima volta in cui ti vedrò per caso. E il tempo non è che sia a mio favore...
E ne parlo continuamente, di questa attesa che so benissimo essere inutile, vana e controproducente, e certe volte mi chiedo se poi ti sto aspettando veramente o semplicemente sono sempre ferma su me stessa e sono troppo pigra per guardare oltre. 
O rifiuto di convincermi che non poteva davvero essere niente altro di diverso da quello che è stato. 
Altrimenti lo sarebbe stato, come diceva quello.

Nella mia vita segreta, in ogni caso, è tutto meglio.

giovedì 22 gennaio 2015

" M'accorgo che correndo verso Y ciò che più desidero non è trovare Y al termine della corsa: voglio che sia  Y a correre verso di me, è questa la risposta di cui ho bisogno, cioè ho bisogno che lei sappia che io sto correndo verso di lei ma nello stesso tempo ho bisogno di sapere che lei sta correndo verso di me. L'unico pensiero che mi conforta è pure quello che mi tormenta di più: il pensiero che se in questo momento Y sta correndo in direzione di A, anche lei ogni volta che vedrà i fari di un'auto in corsa verso B si domanderà se sono io che corro verso di lei, e desidererà che sia io, e non potrà mai esserne sicura. Ora due macchine che vanno in direzioni opposte si sono trovate per un secondo affiancate, una vampata ha illuminato le gocce della pioggia e il rumore dei motori s'è fuso come in un brusco soffio di vento: forse eravamo noi, ossia è certo che io ero io, se ciò significa qualcosa, e l'altra poteva essere lei, cioè quella che io voglio sia lei, il segno di lei in cui voglio riconoscerla, sebbene sia proprio il segno stesso che me la rende irriconoscibile. Correre sull'autostrada è l'unico modo che ci resta, a me e a lei, per esprimere quello che abbiamo da dirci, ma non possiamo comunicarlo né riceverne comunicazione finché stiamo correndo.
Certo mi sono messo al volante per arrivare da lei al più presto; ma più vado avanti più mi rendo conto che il momento dell'arrivo non è il vero fine della mia corsa. Il nostro incontro, con tutti i particolari inessenziali che la scena d'un incontro comporta, la minuta rete di sensazioni e significati e ricori che mi si dispiegherebbe davanti - la stanza con il philodendron, la lampada d'opaline, gli orecchini -, e le cose che direi, alcune delle quali sicuro sbagliate o equivocabili, e le cose che lei direbbe, in qualche misura certamente stonate o non quelle comunque che io m'aspetto, e tutto il rotolio di conseguenze imprevedibili che ogni gesto e ogni parola comporta, solleverebbero attorno alle cose che abbiamo da dirci, o meglio che vogliamo sentirci dire, una nuvola di brusio tale che la comunicazione già difficile al telefono risulterebbe ancora più disturbata, soffocata, sepolta come sotto una valanga di sabbia. E' per questo che ho sentito il bisogno , anziché di continuare a parlare, di trasformare le cose da dire in un cono di luce lanciato a centoquaranta all'ora, di trasformare me stesso in questo cono di luce che si muove sull'autostrada, perché  certo che un segnale così può essere ricevuto e compreso a lei senza perdersi nel disordine equivoco elle vibrazioni secondarie, così come io per ricevere e comprendere le cose che lei ha da dirmi vorrei che non fosse altro (anzi, vorrei che non fosse altro) che questo cono di luce che vedo acanzare sull'autostrada a una velocità (dico così, a occhio) di centodieci-centoventi. Ciò che conta è comunicare l'indispensabile lasciando perdere tutto il superfluo, ridurre noi stessi a comunicazione essenziale, a segnale lumioso che si muove in una data direzione, abolendo la complessità delle nostre persone e situazioni ed espressioni facciali, lasciandole nella scatola d'ombra che i fari si portano dietro e nascondono. La Y che io amo in realtà è quel fascio di raggi luminosi in movimento, e tutto il resto di lei può rimanere implicito; e il me stesso che lei può amare, il me stesso che ha il potere d'entrare in quel circuito d'esaltazione che è la sua vita affettiva, è il lampeggio di questo sorpasso che sto, per amor suo e non senza qualche rischio, tentando [...]"

Il Guidatore Notturno, Italo Calvino. 

domenica 18 gennaio 2015


" Che paura che hai, che paura che ho di te. / Tutto quello che fai e che continui  a difendere. / Sei vicino e distante, non ti fidi di  niente, neanche di me./ Non funzionerà mai se non funziona così com'è / e non migliorerai se ti ostini ad attendere / come acqua stagnante / non c'è nessuna corrente / dentro di te / E complimenti mi hai convinto / che l'amore non basta / e così non mi resta / che lasciarti stare / senza nessuno che ti giudica nessuno / intendo, che ti sgrida e si preoccupa. / Sarà senz'altro tutto molto più leggero / ma sei sicuro sia meglio per davvero? / Volevo esserti di peso, perché dipendo da te. / E' che l'amore non basta / e tutto quello che resta di te / senza nessuno che mi giudica nessuno, intendo, che mi sgrida e si preoccupa / sarà senz'altro tutto molto più leggero / però non credo che sia meglio davvero / Volevo esserti di peso."

Ci sono giorni che passerei interamente in macchina, guidando e ascoltando musica. Guidare mi rilassa, in genere. Se fatto con la giusta colonna sonora, mi aiuta a pensare e a metabolizzare fatti e persone; in qualche caso mi restituisce la giusta ottica delle cose. Meglio, mi restituisce un'ottica equilibrata rispetto all'eccessività d'impatto con cui mi scontro riguardo a tutto e a tutti.

Oggi è successo che ho guidato tanto. E ne avevo bisogno.
Non mi sono esattamente rilassata, perché ho dentro un guazzabuglio intricato di emozioni che, ora più che mai, mi fanno inciampare in me stessa e mi fanno sentire, appunto, incapace di intercettare la giusta corrente per andare da qualche parte e impantanata in uno specchio di acqua ferma.
Ed io ho bisogno di un'onda. O almeno di un leggero vento.
Più ancora, un nuovo ordine di pensieri che mi aiuti a migliorare, a mettere ordine, ad alleggerire un po' tutte le dimensioni della mia vita,sia a livello pratico che emozionale.

E soprattutto, che mi aiuti a lasciar(mi) andare, una volta per tutte.

mercoledì 14 gennaio 2015

" Poi c'è che un giorno ozioso quanto basta per avere il tempo lieve di farsi una tazza di caffelatte e attendere intorpiditi davanti al gas il borbottio del caffè incipiente capiti di fissare i magneti sulla placca antistante e scorgerne uno, preso a una mostra qualche anno fa, che ami particolarmente e, in un istante, capirne il perché.Perché di tutte e fra tante cose che mancano nel non avere una relazione stabile con qualcuno, quella che più manca o che è meno "riproducibile"( non è questa la parla che vorrei usare, ma non me ne vengono in mente altre), poiché sottratta a una relazione estemporanea, è il senso dell'abbandonarsi, del lasciarsi andare. Che è una sensazione fisica e mentale, dove corpo e pensiero sono acqua che trova forma in un accomodamento l'uno con l'altro, in un cadersi addosso profondo, intimo e combaciante. Un lasciarsi andare in cui gli spazi si richiudono su se stessi, incuranti del mondo fuori, in un ermetico languore che diventa bozzolo protettivo. Totalmente indifeso, vulnerabile e nudo e al tempo stesso massimamente coperto. E non è una questione di abiti. Non è questione di pelle o di contatto. O meglio non solo, perché non sarà alcuna stoffa, alcuna frapposizione tessile ad impedirlo. Un volo a planare in cui i pensieri come le membra si arrendono senza tema o esitazione, fidandosi e abbandonandosi. Una risacca emotiva in cui l'andare e il ritornare sono suggellati da un lunghissimo istante di infinita bastevole fusione."

da [el miedo escénico] - caterpillar.iobloggo.com


Ecco. 
E' inevitabilmente questo che è venuto meno.
E non  serve a niente continuare a chiedermi perché, credo.
E, forse, in fondo, non è colpa di nessuno. 
Ma l'amaro in bocca mi resta in ogni caso e nonostante tutte le ingiunzioni di maturità e logicità e dignità che posso cercare di impormi o assorbire da chi ho intorno.

domenica 11 gennaio 2015


" Hai paura? Ti batte il cuore, eh? Anche a me...A me mi batte il cuore perchè ti batte il cuore perché tu hai paura... [...] io avevo voglia di portarti qua e basta...
quando ti ho vista sotto l'acqua cercare un tassì mi è venuta come una voglia di...
di rapirti...strapparti qualche cosa, un pezzo di camicia, un bottone
[...] a me mi piacerebbe, sai, magari c'ho un appuntamento alle 5, mentre vado all'appuntamento, qualcuno mi rapisse per mezz'ora...[...] però..."

Stregati, 1986, dir. F. Nuti


E niente, navighi a caso per riempire il tempo tra qui e domani e vieni presa da un attacco di Nutite.
Ma il film non lo trovi...

Ed io resto sola con il mio desiderio. L'altro.