mercoledì 14 gennaio 2015

" Poi c'è che un giorno ozioso quanto basta per avere il tempo lieve di farsi una tazza di caffelatte e attendere intorpiditi davanti al gas il borbottio del caffè incipiente capiti di fissare i magneti sulla placca antistante e scorgerne uno, preso a una mostra qualche anno fa, che ami particolarmente e, in un istante, capirne il perché.Perché di tutte e fra tante cose che mancano nel non avere una relazione stabile con qualcuno, quella che più manca o che è meno "riproducibile"( non è questa la parla che vorrei usare, ma non me ne vengono in mente altre), poiché sottratta a una relazione estemporanea, è il senso dell'abbandonarsi, del lasciarsi andare. Che è una sensazione fisica e mentale, dove corpo e pensiero sono acqua che trova forma in un accomodamento l'uno con l'altro, in un cadersi addosso profondo, intimo e combaciante. Un lasciarsi andare in cui gli spazi si richiudono su se stessi, incuranti del mondo fuori, in un ermetico languore che diventa bozzolo protettivo. Totalmente indifeso, vulnerabile e nudo e al tempo stesso massimamente coperto. E non è una questione di abiti. Non è questione di pelle o di contatto. O meglio non solo, perché non sarà alcuna stoffa, alcuna frapposizione tessile ad impedirlo. Un volo a planare in cui i pensieri come le membra si arrendono senza tema o esitazione, fidandosi e abbandonandosi. Una risacca emotiva in cui l'andare e il ritornare sono suggellati da un lunghissimo istante di infinita bastevole fusione."

da [el miedo escénico] - caterpillar.iobloggo.com


Ecco. 
E' inevitabilmente questo che è venuto meno.
E non  serve a niente continuare a chiedermi perché, credo.
E, forse, in fondo, non è colpa di nessuno. 
Ma l'amaro in bocca mi resta in ogni caso e nonostante tutte le ingiunzioni di maturità e logicità e dignità che posso cercare di impormi o assorbire da chi ho intorno.

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