martedì 27 novembre 2012

Ruby Sparks


"LA PERSONA PERFETTA PER NOI NON CENTRA NIENTE CON LA PERSONA CHE CI IMMAGINIAMO. TRA I FATTORI PIU' IMPORTANTI DELLA PERFEZIONE, C'E' LA SORPRESA. QUINDI NON DEVE ESSERE COME CE L'ASPETTIAMO, E' QUELLO CHE CI ASPETTIAMO CHE POI DIVENTA COME AL SUO ESSERE" - DAPA

Non avendo altro modo produttivo di impiegare le mie giornate, mi sono concessa di dedicarmi alla cosa che in qualche modo mi fa rimanere ancorata alla realtà e non mi fa sprofondare nella depressione più assoluta: il Cinema.
Ho stillato un programma abbastanza dettagliato che ogni giorno, fino al prossimo sabato, scandirà le mie giornate a ritmo di film, in giro per Torino. Non importano le levatacce, né le file chilometriche, né il personale del cinema leggermente e fastidiosamente inetto: è novembre e sono di nuovo in pieno Torino Film Festival.
Oggi è stato il turno di un'anteprima fuori concorso, presentato nella sezione Festa Mobile, opera seconda di Dayton e Faris ( quelli di Little Miss Sushine, per intenderci): Ruby Sparks 
Immaginate di essere uno scrittore di talento divenuto famoso in giovane età: avete l'intelligenza e una fervida fantasia, la fama, i soldi, un cane maschio che fa pipì come una femmina e vi fa sentire inadeguati, un fratello ossessionato dalla forma fisica e dalla vostra vita sessuale. Ma siete profondamente soli e fuori dal mondo, recalcitranti  e incapaci di tenere in piedi qualsiasi tipo di rapporto umano, a parte quelli con la vostra famiglia. Avete solo il vostro dono, la scrittura, a dare significato totalizzante alla vostra vita. 
Finché non entrate nel blocco dello scrittore.
Per aiutarvi, il vostro strizzacervelli vi chiede di scrivere qualcosa e voi, non si sa bene come o perché, create dal nulla la donna dei vostri sogni. E una mattina questa donna, la sintesi di tutto quello che desiderate al mondo,è lì nel  vostro appartamento. E ricominciate, anzi, cominciate a vivere davvero, nonostante provate la terribile sensazione di stare diventando letteralmente pazzi.
Esiste un detto che dice più o meno : "Attenzione a quello che chiedi, perché potresti essere accontentato".
Ma il protagonista ottiene qualcosa che va oltre l'essere accontentato: ottiene di creare e controllare letteralmente il destino e la mente e i sentimenti della donna della sua vita, semplicemente scrivendo un romanzo che parla di lei. In un certo senso, diventa un moderno Pigmalione che non ha bisogno di un dio per rendere viva una statua/donna che soddisfi in tutto e per tutto le sue aspettative e la sua idea d'amore.

Se si accetta di scendere a patti con una sceneggiatura divertente e surreale, che non sai dove voglia andare a parare  (perché ad un certo punto ti chiedi veramente se il protagonista non sia affetto da una qualche forma di schizofrenia, nonostante lo svolgersi della storia lo smentisca nei fatti), se ci si lascia trasportare dalla genialità del soggetto che ne è alla base (e dagli arguti e nemmeno tanto leggeri interrogativi che riesce a scatenare),nonostante alla fine non venga svelato il fatidico trucco, troverete questo film talmente sorprendente e accattivante da volerlo rivedere in loop. 
Eppure ho passato tutto il tempo a riflettere su una cosa: se accadesse veramente, quanti di noi riuscirebbero a non lasciarsi prendere la mano dalla possibilità concreta e infrangibile di creare letteralmente la vita di una persona e modellare la sua personalità e i suoi bisogni esattamente sui nostri, rendendola quell'essere perfetto da cui vogliamo essere amati ( cosa che in fondo è il fine ultimo di qualsiasi innamorato o presunto tale)?
Riusciremmo poi a lasciarla libera, totalmente padrona del suo destino, di lasciarla essere semplicemente se stessa e quindi altro da noi, di accettare la sua (nostra) imperfetta e svariatamente incredibile umanità, senza essere dominati da un'istinto solipsistico senza confini di sorta?

Vado a dormire con questi interrogativi nella mente, sperando di aver comunque creato un minimo di curiosità verso un film che vale veramente la pena di vedere.

mercoledì 21 novembre 2012

Il mondo stretto in una mano



"(...)desiderare giorni sempre assurdamente uguali, 
la mattina presto uscire insieme con gli occhiali scuri
e tutto il tempo che ci vuole per scoprirti piano piano
e consegnarti il mondo intero stretto in una mano."
D. Silvestri.                              


A volte mi capita di pensare a tutti i viaggi che non farò mai, a tutte le strade che non percorrerò,
a tutti i piccoli angoli di mondo che queste strade racchiudono e proteggono.
A tutte quelle vite che non sfiorerò, se non attraverso una fotografia, o il fermo-immagine di un film.

Non sono una persona che ama molto viaggiare. O meglio, non sono una persona brava nel viaggiare.
Non tanto per lo spostamento in sé o per le difficoltà che di solito mi derivano dalla lingua.
Come in un sacco di altre cose che riguardano il mio essere, sembra che non ne ho l'attitudine.
Mi viene sempre in mente il protagonista di "Novecento" , che  non è mai sceso sulla terra ferma e pur viaggiando da un capo all'altro del mondo, il mondo non l'ha mai visto, ma impara a conoscerlo ugualmente, attraverso le persone che incontra sulla nave. Viaggia senza spostarsi mai.
In ogni caso, al di là della sempre mia precaria disponibilità pecuniaria che mi permettesse di farlo, viaggiare non è mai stato il mio forte. Sono pochi i viaggi che ho fatto e che mi hanno lasciato ricordi positivi.
E poi, la mia ossessione per il tempo che passa, mi fa sempre pensare che non ho colto l'occasione per farlo quando avrei dovuto farlo, quindi forse, farlo ora non sarebbe la stessa cosa.
La verità è che. anche se il tempo per coprire le distanze, in questi anni, è diventato un'inezia, non si può dire la stessa cosa del tempo per godersi veramente le sorprese di un viaggio.
Forse non viaggio tanto anche perché i miei tempi per assimilare un ritmo diverso dal mio e non sentirmi fuori posto, non coincidono mai con quelli brevi e fuggevoli dei viaggi modernamente intesi. 
Ed io ho bisogno di scoprire le cose , i posti e le persone, piano piano. A poco a poco. A modo mio.
Per sentirle dentro e riuscire a conservarne una traccia indelebile dentro di me. 
E magari lasciare una traccia del mio passaggio che possa rimanere,che possa significare qualcosa per chi distrattamente ci inciamperà.
O forse la mia è semplicemente paura di perdermi e di sentirmi ancora più sola. Non lo so.
Così viaggio poco. Anzi non viaggio per niente, se non attraverso i luoghi cinematografici.
Ed è una triste ironia, se penso che l'argomento della mia tesi di laurea è stato il viaggio nei luoghi evocati dai film.

Oggi è una di quelle volte in cui vorrei poter chiudere la valigia, fare un biglietto, salire su un treno e andare. 
Non importa dove. 
Oggi è una di quelle volte in cui vorrei tenere il mondo stretto in una mano.

lunedì 19 novembre 2012



E' la bionda che avrei voluto essere se solo non avessi odiato così tanto essere bionda.

Avevo 10 anni quando è diventata famosa con  "When Henry meet Sally" (1989), ma quel film io lo avrei visto solo 10 anni dopo. il monologo finale di Billy Cristal è tra i miei preferiti di tutti i tempi.
In mezzo tante altre piccole commedie con poche pretese, di quelle terribilmente romantiche e divertenti,che ovviamente non faranno mai la storia del cinema, ma sono innegabilmente lo zenit e il nadir del genere. 
Il Vhs di "Insonnia d'amore"(1993) è stato il primo regalo che ho fatto a mia sorella, l'anno in cui arrivò a casa il primo ed unico videoregistratore. Quella cassetta c'è ancora, sebbene l'abbiamo vista talmente tante volte che credo sia un miracolo che sia ancora leggibile. E penso a lei nella scena in cui taglia la mela in un'unica striscia o arriva sull' Empire State  Building, come Cary Grant in "An affair to remember".
Personalmente ho amato tantissimo French Kiss(1995). Amica B., dopo aver visto la sua interpretazione ( ma soprattutto il suo modo di camminare) in quel film, mi guardò dritta negli occhi dicendo che ero come uno dei suoi personaggi, semplicemente con una faccia diversa. Sarò fuori di testa, ma per me quello è stato uno dei complimenti più belli che qualcuno potesse farmi.
La prima volta che ho pianto a dirotto e senza freni per un film è stato per City of Angels(1998). Un lunedì sera di fine luglio, a casa dell'allora Lovefriend. Mi ricordo il di lui sconcerto, nel vedere che non sembrava esserci modo per  calmarmi. Io, in un modo che ancora non so spiegare, lo trovai enormemente liberatorio.
E ancora adesso vorrei essere la sua Kathleen Kelly di "You've got a mail"(1998). Vorrei essere proprietaria di una libreria per bambini, in pieno centro a Manhattan. Non sentire niente, "non un un suono per le strade di New York, tranne il battito del mio cuore"[cit.]. E indossare quei vestiti e essere lei. Ma assolutamente senza Tom Hanks, sia chiaro.

Più di Julia Roberts, lei era e resterà (almeno nel mio immaginario) la Fidanzatina d'America, nonostante le recenti scelte estetiche alquanto discutibili.
Oggi compie 50 anni. Ed io voglio ricordarla così. E non dimenticare l'immagine di me che avevo un decennio fa.

domenica 18 novembre 2012


Camminare per Torino con le luci d'artista è sempre come essere in una sequenza di Dopo Mezzanotte...

"Recentemente, May aveva curato la pubblicazione per la Panderic di uno strambo dizionario di termini oscuri. Il titolo era "Gli Intraducibili" e si trattava di una scherzosa rassegna di alcuni termini assenti dalla lingua inglese. Interi sentimenti, interi concetti che restavano inespressi per il semplice motivo che non era mai stata coniata una parola in grado di definirli. Parole come mono-no-awaré, "la tristezza delle cose", un termine giapponese che definiva l'eterno pathos che fa capolino appena sotto la superficie della vita. Parole come mokita, che nella lingua Kirwina della Nuova Guinea indica "la verità di cui nessuno parla". Si riferisce al tacito accordo tra le persone di evitare chiare allusioni a certi segreti ben noti, come il vizio di alzare il gomito della zia Louise o l'inconfessata omosessualità dello zio Fred. O l'incidente allo Sheraton Timberland Lodge. O il fatto che Edwin fosse sposato. Anche quelli erano mokita. Era ciò che avvicinava Edwin e May e cià che li separava: un muro sottile, impenetrabile di mokita si frapponeva fra loro."E' un uomo sposato, è un uomo sposato." May se lo ripeteva ogni volta che provava la sensazione di toccarlo, delicatamente, sulla nuca. "E' un uomo sposato". Eppure, più se la ripeteva, più quella frase le sembrava sexy. 
[...]May lo guardò allontanarsi. Bevve  il suo caffè. Meditò su tutte le numerose mokita che affollano le nostre vite, dando loro consistenza e significato."
HAPPINESS . Will Ferguson,    Feltrinelli 2004, pg. 21-22 - 24.

Per chi se lo stesse chiedendo, (e a giudicare dall'enorme numero di contatti che arrivano qui per questo, qualcuno sembra esserci) il motivo per cui il mio nick e questo blog si chiamano "Mokita" è la citazione un po' lunga sopra riportata. E, di conseguenza, il libro da cui è presa.
E' uno dei miei libri preferiti. E' scritto terribilmente bene e anche in maniera divertente e scorrevole. 
E' ironico, satirico, e personalmente l'ho trovato geniale.
Talmente geniale da adottarlo senza il permesso dell'autore come una sorta di marchio di fabbrica.
Non è assolutamente un manuale di auto-aiuto, è un romanzo graffiante sull'auto-aiuto e sull'industria dell'editoria, ma soprattutto sulla vita e su chi insegue quella che dovrebbe essere la panacea di tutti i mali ed in realtà, sembra essere quello più pericoloso. 
Quindi, nella mia ottica, questo libro è molto di più di un romanzo.
Consiglio sempre a tutti la lettura di questo volumetto, che è l'ispirazione per tutto quello che ho scritto, che scrivo e magari scriverò. Oltre alla mia vita, s'intende.
Scrivo qui tutte quegli accadimenti o quelle cose  che per me sono delle Mokita su cui riflettere.
Ed è sorprendente, pensare che in questo momento della mia vita, le cose sono esattamente come nelle righe che ho riportato. 
O su cui io ho voglia di riflettere, sono punti vista. Scrivo di cose che spesso sembrano scontate o stupide o inutili.Lo faccio per me, più che per gli altri. E sebbene i confronti di idee  mi piacciano, va bene anche se non ne scatenano nessuno. Fatto sta che dopo, io sto sempre meglio e questo mi basta.

In questo caso, scrivo anche per un altro motivo:
non so ancora perché, esiste un link generato da google che porta gli utenti alla ricerca di un bar-catering nel posto sbagliato. Cioè, è piacevole ritrovarsi un sacco di contatti a questo blog quando ti svegli la domenica mattina o nei giorni di festa, ma preferirei che magari fosse per la voglia di leggere quello che scrivo piuttosto che per una richiesta di catering per il compleanno della zia adelina. 
Vorrei sottolineare, a scanso di equivoci, che non ne sono responsabile. 
In ogni caso ho segnalato l'errore, sperando in una celere correzione. 
Per chi comunque continuasse a ritrovarsi da queste parti per errore, il posto che cercate è qui
E' nella piazza più bella di tutta Torino, che è anche la mia preferita.Bevete un caffè per me! :)

venerdì 16 novembre 2012


Sheldon è sempre una certezza consolatoria. A volte.

giovedì 1 novembre 2012

ALCUNE PERSONE, SE SAI GUARDARLE, SONO SOLE...
" (...)E alcune persone sono sole, e tu lo vedi, perché gli manca qualcuno, e lo vedi perché il tempo non sanno più viverlo, si perdono i giorni, le ore distratte passate in posti in cui non vorrebbero essere. Alcune persone sono sole, e lo vedi, perché sembrano cercare il tempo che hanno perduto, e quel tempo non lo vogliono da nessuno, quel tempo lo cercano da se stesse."
Io. Ora. E in ogni minuto di ogni ora di ogni giorno degli ultimi anni. Ma soprattutto ora. 
A dirla tutta non saprei nemmeno dire quando sia cominciata con esattezza.
Lo sento e basta, che è così, perchè a volte mi vedo vivere come dal di fuori 
e la sensazione è un po' strana. 
Certamente è una cosa che sta lì e a cui non riesco a prendere le misure.
Non sono nemmeno sicura di riuscire a contenerla o gestirla.
Sta lì e aspetto che passi.
Solo non sapevo dirlo con quella precisione, con la stessa lucida consapevolezza che invece ha avuto
l'autore del post, di cui io cito giusto la fine.
Io, al massimo riesco ad abbozzarla a modo mio, ma quello implica poca chiarezza e un leggere tra le righe
che trovo un grande allungo di tempi e di attenzioni.
Lui/Lei lo dice meglio. E se c'è qualcuno che fa le cose meglio, è meglio che le si lasci fare a lui/lei.