Di questi tempi, un vecchio e ingegneristicamente avanzato amico ha comprato il Kindle Reader.
Sono giorni che ci punzecchiamo a distanza e lui mi illustra tutte le potenzialità di questo aggeggio
che (letteralmente) inscatola qualcosa come 4.000 volumi in un hardware ed è fonte,
almeno per lui, di grande comodità e modernità e risparmio energetico e chi più ne ha più ne metta.
"E soprattutto si abbattono meno alberi", mi diceva nel suo tono compito,
quando è passato da Torino per un saluto il mese scorso.
"E' il futuro che si impadronisce di noi e spazza via la dimensione magica
della fantasia che ancora non era stata soprafatta dalla tecnologia", ho pensato io.
E incosciamente, anche quando non ho nessunissima intenzione di toccare l'argomento,
mi ritrovo con un sacco di esempi, vignette, video che esaltano invece quello che per lui,
tra pochi anni, diventerà assolutamente obsoleto: il caro vecchio libro stampato.
Ora, non vorrei essere fraintesa.
Non è che io sia un'ostinata e ottusa contestatrice e boicottatrice del progresso.
E che io proprio non riesco ad accettare la cosa in sè.
Da poco ho letto un'intervista a Jonathan Franzen in cui lui ha trovato le parole
per descrivere quello che provo in merito:
" I think, for serious readers, a sense of permanence has always been part of the experience. Everything else in your life is fluid, but here is this text that doesn’t change".
Il senso di permanenza, la sicurezza che ne deriva in un contesto fluido come quello attuale,
in cui tutti (o almeno gran parte di noi) sono drogati da una sor9ta di vita istantanea e fugace sui socialnetwork,
sono parte della bellezza e della potenzialità (ancora immutata di un oggetto come il libro stampato.
E l'esperienza della lettura, con un libro in mano, è qualcosa che per me andrà sempre oltre
e avrà un valore sempre più forte e presente del leggere attraverso un piccolo schermo.
Senza contare tutto il variegato strato di socialità e vita e piccoli rituali personali che girano intorno o sono alimentati dall'oggetto in sè.
Penso a quando, una sera del mio primo anno a Torino,
sono entrata nella Biblioteca Reale e l'ho trovata la più bella che abbia mai visto in vita mia.
L'occasione che mi aveva portato lì è stata uno spettacolo teatrale che si intitolava
"Una notte in Biblioteca":
durante la notte, in biblioteca, alla luce di fioche lampade,
quando tutto è silenzioso e deserto e anche l'ultimo dei lettori è andato via,
dei libri si animano, assumendo sembianze umane e conversano tra loro.
Un libro di trattati diventa un panciuto e attempato conferenziere,
un romanzo ottocentesco diviene una donna in bianco dalla voce soave,
un libro di filosofia diviene un gentiluomo elegantemente vestito e un giovane,
in impermeabili e abiti semplici, è l'ultimo libro arrivato,
rilegato velocemente e alla ricerca di qualcuno che gli legga il suo finale .
Conversando come chiunque di noi farebbe davanti ad una tazza di the,
in compagnia di un amico, i "libri" passeggiano tra gli spettatori,
giocano persino a tennis sulle teste del pubblico seduto ai tavoli della biblioteca,
e si interrogano:
qual è la vera realtà? quella dei libri o quella che si vede scorrere dalla finestra,
nelle pedalate di un uomo che attraversa la notte sulla sua bici,
come le parole di una frase che scorre negli occhi di chi legge...
e che ne sarà di tutto il sapere conservato tra scaffali polverosi?
e dove saranno i lettori, che nel trascorrere del tempo, si sono alternati tra i tavoli
in mogano, sfiorando pagine, portando con sè le loro manie e il loro bizzarroo modo di leggere?
Riflettevo che se veramente i libri verranno sostituiti dai kindle reader
anche le idee geniali come quella di questo piccolo spettacolo, impresso indelebilmente nei miei ricordi,
difficilmente troverebbero la luce.
E penso a quanto vorrei aprire una piccola libreria mia...o semplicemente anche solo lavorarci.
Perchè quelli sono posti che sono veri e non virtuali e, parafrasando peraltro uno dei miei libri preferiti,
mi fanno l'effetto delle mattine di Natale,
come se fossero grandi scatole di regali piene di libri bellissimi.
e avrà un valore sempre più forte e presente del leggere attraverso un piccolo schermo.
Senza contare tutto il variegato strato di socialità e vita e piccoli rituali personali che girano intorno o sono alimentati dall'oggetto in sè.
Penso a quando, una sera del mio primo anno a Torino,
sono entrata nella Biblioteca Reale e l'ho trovata la più bella che abbia mai visto in vita mia.
L'occasione che mi aveva portato lì è stata uno spettacolo teatrale che si intitolava
"Una notte in Biblioteca":
durante la notte, in biblioteca, alla luce di fioche lampade,
quando tutto è silenzioso e deserto e anche l'ultimo dei lettori è andato via,
dei libri si animano, assumendo sembianze umane e conversano tra loro.
Un libro di trattati diventa un panciuto e attempato conferenziere,
un romanzo ottocentesco diviene una donna in bianco dalla voce soave,
un libro di filosofia diviene un gentiluomo elegantemente vestito e un giovane,
in impermeabili e abiti semplici, è l'ultimo libro arrivato,
rilegato velocemente e alla ricerca di qualcuno che gli legga il suo finale .
Conversando come chiunque di noi farebbe davanti ad una tazza di the,
in compagnia di un amico, i "libri" passeggiano tra gli spettatori,
giocano persino a tennis sulle teste del pubblico seduto ai tavoli della biblioteca,
e si interrogano:
qual è la vera realtà? quella dei libri o quella che si vede scorrere dalla finestra,
nelle pedalate di un uomo che attraversa la notte sulla sua bici,
come le parole di una frase che scorre negli occhi di chi legge...
e che ne sarà di tutto il sapere conservato tra scaffali polverosi?
e dove saranno i lettori, che nel trascorrere del tempo, si sono alternati tra i tavoli
in mogano, sfiorando pagine, portando con sè le loro manie e il loro bizzarroo modo di leggere?
Riflettevo che se veramente i libri verranno sostituiti dai kindle reader
anche le idee geniali come quella di questo piccolo spettacolo, impresso indelebilmente nei miei ricordi,
difficilmente troverebbero la luce.
E penso a quanto vorrei aprire una piccola libreria mia...o semplicemente anche solo lavorarci.
Perchè quelli sono posti che sono veri e non virtuali e, parafrasando peraltro uno dei miei libri preferiti,
mi fanno l'effetto delle mattine di Natale,
come se fossero grandi scatole di regali piene di libri bellissimi.
Come dicevo ai miei amici sul socialcoso qualche ora fa,
andrei a Londra solo per passare un'intera giornata alla Barter Books.
Anzi, farei di tutto per restarci chiusa dentro anche una notte.
andrei a Londra solo per passare un'intera giornata alla Barter Books.
Anzi, farei di tutto per restarci chiusa dentro anche una notte.
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