mercoledì 31 ottobre 2012

SE PROPRIO DEVO DIRLA TUTTA, HALLOWEEN MI HA SEMPRE LASCIATO ABBASTANZA INDIFFERENTE.
SDRATICATA DA UN CONTESTO COME QUELLO AMERICANO, FINISCE CON L'ESSERE SOLO UNO SCIMIOTTAMENTO.
TUTTAVIA RESTA UNA BUONA SCUSA PER FAR COMPAGNIA ( UNA VOLTA DI PIU') A LINUS NEI SUOI DELIRI (!?).

martedì 30 ottobre 2012


Pascal Campion  Art - San Francisco, CA

Indecisa tra la voglia di tornare per qualche giorno lì e quella di restare qui,
ho ancora un giorno per valutare i pro e i contro.
Poi se non decido io, deciderà Trenitalia togliendomi la possibilità di 
confermare il biglietto che ho prenotato.

E intano ho scoperto i disegni di Pascal Campion e sono talmente belli
da riuscire a riprodurre la mia vita così come la vorrei e, in qualche caso,
così come veramente è.

Sarebbe troppo, forse, chiedere che disegni bellissimi come questi si trasponessero nella realtà, 
così come per magia.
Suppongo che costringerei l'autore a disegnare qualcosa che potesse cambiare il mio destino 
o farei di tutto per entrare in uno di quelli che disegna lui,
restando immobile e felice e bellissima nella serenità di una notte stellata di un posto indefinito.

lunedì 29 ottobre 2012


Questo l'ho trovato per caso e mi sono ritrovata commossa e con i lacrimoni già quando si arriva a 1:15 e appare questo vecchietto cieco della Lousiana che pare si chiami Grandpa Elliott.
E' come quando vedo uno di quei filmoni strappalacrime dei miei, ma questo è anche un po' meglio, e ho pensato che la cosa andasse inviata nell'etere come se non ci fosse un domani.
Bello.Bello.Bello.

venerdì 26 ottobre 2012

Quello che mi resta è

L'aria pungente delle 7,30 del mattino.
Non importa che sia estate o inverno, a Torino è pungente uguale.
E ti sveglia.

Le persone alla fermata, quella dove ho aspettato il 68 per quasi ogni mattina degli ultimi sei mesi.
Immancabilmente vicino al lampione c'è sempre una coppia,
lei è una donnona bionda, alta e possente,lui è quasi 10 cm più basso di lei ed ha una faccia talmente  simpatica che ti vien voglia di essergli subito amica.
Ogni tanto ho pensato che si siano sposati da poco, sebbene dai gesti e dalla confidenza,
la sensazione è che siano una coppia di vecchissima data.
Si sono salutati con un bacio ogni singola mattina,sia con il bello che con il cattivo tempo.
Anche quando sembravano arrabbiati o assonnati e senza voglia di parlare.
Ed io ovviamente gli ho invidiati tanto.
C'è il vecchietto con il bastone,che mi ha fatto sempre tanta tenerezza.
Le due signore bionde che parlano una lingua che non conosco, forse rumene.
Il ragazzo terribilmente carino sempre con l'ipod in mano e un sorriso sornione che spunta spesso 
mentre cerca la canzone giusta per cominciare la giornata.
Il ragazzo bassino con la barbetta e gli occhiali da hipster, che assomiglia tanto 
ad un personaggio di una sitcom, un po' goffo ma geniale.
Ogni tanto c'è anche il mio (adorato) professore di sceneggiatura, quello con cui avrei voluto fare la tesi,
che spunta con il figlioletto duenne e tanti libri sotto il braccio.

Il 68 sempre strapieno, che spesso viene sostituito da una corsa e dal 18 preso al volo.
Strapieno pure quello, ma in qualche modo devo raggiungere l'altra parte della città.
Porta Nuova che alle 8 del mattino sembra un po' Porta Palazzo il sabato pomeriggio.
E poi il 33. Perchè il 10 è sovraccarico della folla di studenti che scenderà al Politecnico.

Quando arrivo a destinazione, è' sempre inesorabilmente tardi, 
ma non sono mai riuscita a fare a meno di un cappuccino al bar e due chiacchiere con Claudia, 
la barman (o dovrei dire barwoman?bah...) del Newscafè all'angolo. 
Non sono riuscita a salutarla e un po' mi dispiace.
E poi incrocio il ragazzo che lavora nel tabaccaio a fianco, 
che sembra la copia con meno muscoli di James Magnussen,
con il quale non ho mai scambiato una parola, anche perchè ero sempre persa a guardargli gli occhi.
E tutto quello che c'era intorno.

L'ufficio è nel seminterrato.
La mia postazione che non è la mia, con il pc che romba già qualche minuto dopo l'accensione,
quasi fosse un aereo in fase di decollo.
Il silenzio innaturale che non è mai stato scalfito da un urlo o da uno scoppio di risa.
Ma io sono un po' sorda, potrei non essermene nemmeno resa conto.

Collega R.R., che in realtà non è un collega, ma un amico del capo.
Ho sentito storie sul suo conto che non mi sentirei di ripetere.
Mi limito a ricordarne l'eterno lamentarsi della Vodafone e i fischi imprevedibili nel silenzio più totale,
nonchè il fatto che riuscisse a raccattare qualsiasi cosa che il mondo decide di buttare.

Le telefonate sistematiche e ripetute di un ingegnere di Udine alle 8.45 del mattino, 
il tramite per un lavorone veramente grande a cui partecipa lo studio,
che si presentava quasi sempre bisbigliando,per Cognome e Nome,
detti tutti d'un fiato, come fosse un unica parola.
E  Collega F. che impreca sonoramente quando sente squillare il telefono, 
perchè sa già chi è, e impreca anche mentre gli passo la chiamata, 
ma quando è in linea ritrova immediatamente il suo tono più professionale e attento.
E poi quando arriva l'ora di pranzo,la  passa interamente a guardare i film più svariati

CollegaAmica, che conosco da quasi un anno e che mi ha portato questo lavoro,
con i suoi occhi verdissimi che sorridono anche quando è stanchissima
perchè la sera prima ha fatto tardi per una degustazione di vini.
Composta e pacata  anche quando è  decisamente incazzata con me, 
che la stuzzico quando le dico che si prende troppo sul serio ed è proprio un'ingegnere.
Sempre pronta a prendere in mano la situazione e gestire le mie crisi,
soprattutto al di fuori del lavoro.
CollegaAmica che è una buona forchetta e organizza gli aperitivi e le cene e le spedizioni alle sagre,
e mi presenta tanti uomini che mi colpiscono, ma che riesco a vedere una volta ogni 3 mesi.
CollegaAmica che mi consiglia di abbattere tutti i paletti che ho e cerca di aprirmi gli occhi
e mi rimprovera che dovrei smetterla di scappare quando le cose si fanno serie
(Già, e cominciare a vivere).

La SorellaStronza del capo resta la sorellastronza del capo e su di lei non dirò altro.
Per il mio bene e anche per il suo.

I tatuaggi dell'elettricista. E l'elettricista.

La voce di Collega A., l'ultimo arrivato in studio,
che ogni volta che risponde al telefono e dice "ciao" anche quando parla con un suo superiore,
lo fa in modo talmente buffo e tenero, che mi è venuta spesso voglia di 
registrarla e tenerla come suoneria da sentire appena sveglia al mattino.
Non gliel'ho mai detto, ma la sua è la voce più bella di tutto l'ufficio,
quella che rasserenerebbe la persona più agitata,
quella che è troppo bello ascoltare e non per motivi maliziosi,
ma semplicemente perchè è bella bella bella.

E poi c'è D., o  Sportivone,come lo chiamo io.
D. è' stata la prima persona che ho incrociato quella mattina di aprile 
in cui mi sono presentata per il colloquio e non sapevo a cosa andavo incontro.
La quintessenza dell'ingegnere tipo, lavoratore indefesso.
Il suo appetito è direttamente proporzionale al suo stacanovismo.
E' professionale persino nell'organizzazione del pranzo.
D. che mi saluta sempre dicendo "bonjour" quando arriva e mi chiede ogni giorno come va.
D. che mi prende in giro senza misura per qualsiasi cosa, 
centrando con una precisione chirurgica tutti i miei difetti e le mie mancanze,
facendolo quasi ininterrottamente fino a che proprio non mi fa incazzare,
perchè proprio non riesce a farne ameno,
ma poi è quello che in qualche modo mi tira su di morale e mi conforta 
quando sono profondamente demoralizzata per i casini che combino.
D., profondamente ottimista che mi rimprovera  il mio pessimismo cosmico 
e il mio essere contraddittoria senza speranza.
D. che è alto, magro e biondo e pedante.
D. che guarda film solo quando piove e va al cinema una volta l'anno e solo per i film in 3D.
D. che mi sfida in una gara di nuoto e compra le pinne per essere più veloce.
Io uno così Ingegnere nel midollo lo dovrei odiare a prescindere e senza riserve, 
e invece è in assoluto il miglior collega che abbia mai avuto in quasi dieci anni di lavoro:
senza il suo aiuto probabilmente non me la sarei mai cavata e 
avrei vissuto molto molto (ma molto) male questi sei mesi.

Tutte le sere che ho fatto straordinario per scrivere lettere in francese.
La prima che ho scritto mi ha fatto arrivare tardissimo a cena dalla Famiglia del Mulino Bianco
e fatto perdere l'inizio di quasi tutte le partite degli europei dell'Italia.
Ed ho imprecato e faticato e non lo so se il francese sono riuscita a metabolizzarlo e scriverlo per bene. Certamente ho capito che io e i francesi proprio non ci prenderemo mai.
Ma che forse sarebbe ora che io vada 2-3 giorni a Parigi prima di arrivare a rimpiangerlo.

Questo lavoro è stata insieme l'esperienza più formativa e tribolata di tutta la mia vita fino ad ora.

Tre giorni fa il mio contratto è scaduto.
Ed io lo sapevo che sarebbe scaduto, ma ho sperato fino all'ultimo che si protraesse per un
altro paio di mesi.
Ora sono nuovamente con il destino appeso ad un filo.Questa volta ancora più sottile dei precedenti.
Ho tanto presente davanti e un futuro che non riesco a vedere, perchè potrebbe non esserci
e se ci sarà, ancora una volta sarà pieno di compromessi indigesti e di scelte che non mi vanno bene.

Ed io continuo a guardare a quello che mi resta perchè almeno è qualcosa di tangibile e di vivo,
con tutta una sorta di svariate sfumature che mi resteranno dentro per molto tempo.
Continuo a guardare a quello che mi resta, alternando i sorrisi alla paura e all'autocritica,
cercando il modo di migliorarmi.
Continuo a guardare a quello che mi resta. Anche perchè al momento non so proprio cosa altro fare.


giovedì 25 ottobre 2012


"CI SONO PERSONE CHE TIRANO FUORI IL PEGGIO DI TE,
ALTRI TIRANO FUORI IL MEGLIO, 
E POI CI SONO QUELLI RARI, DAI QUALI DIVENTI DIPENDENTE,
CHE TIRANO FUORI SOLO IL PIU'."
                                                                         K. MONING


E' un periodo in cui tutte le persone che considero "le mie persone" sono lontane,
per fortuna solo fisicamente.
Amica B. è in Canada a vivere la sua avventura americana.Tornerà. Forse. Prima o poi.
I., aka la mia Coscienza, ha intrapreso la sua nuova vita di donna sposata nel nord del sud.
E anche se c'è, sempre, anche quando penso non ci sia, mi manca molto non averla intorno.
Gran parte delle compagne di avventura degli ultimi due anni torinesi vivono la loro vita altrove
o in ogni caso, la loro vita non si incrocia mai con la mia.
Rat-R., l'amico di tutta una vita, è in quel di Roma, a fare i conti anche lui con le lontananze non preventivate,
nè richieste.

Ed io sono qui. 
In una città che amo alla follia, della quale vorrei vivere tutte le sue mille e una meraviglie,
con una vita che vorrei vivere anche quella,non dico fino in fondo, ma fino a quanto basta,
perennemente alla ricerca di me stessa, di sorrisi sconosciuti, di brividi inaspettati 
e novità che comunque non arrivano a lenire, in qualche modo, la mia irrequietezza.

Nonostante il mio enorme bisogno di comunicazione e contatto,
ho realizzato proprio in questi giorni che faccio una fatica sovrumana a tollerare  le nuove conoscenze
in cui mi sono imbattuta, per fortuna o per dovere.
Questo perchè, tranne qualche rarissima eccezione, 
passato il momento iniziale di euforia e conversazione divertentistica,
non ho voglia di giustificare o spiegare il mio modo di essere
a persone che, pur conoscendomi da poco tempo,
dall'alto della loro perfetta saccenza,
non fanno altro che sottolineare quanto sono contraddittoria,
quanto sono pessimista,
quanto sono sbadata, quanti paletti metto intorno a me,
quanto sono legata al mio passato,
quanto sono logorroica, quanto sono strana,
quanto è brutta l'impressione che dò,
quanto vivo male la mia vita,
quanto sono fissata con i film,
quanto sono fifona perchè non rischio.

Intendiamoci, sono tutte cose più o meno vere,eh.
Tuttavia, per quanto io possa cercare di esercitare un minimo di autocontrollo 
sulla mia permalosità e operare un'infinita opera di sopportazione,
questo sentirmelo dire quasi ininterrottamente, 
questo volermi necessariamente salvare da me stessa,
sta tirando fuori veramente il peggio di me e
non fa altro che farmi venire ancora meno la voglia di imbastire nuove relazioni.

La verità è che tutto quello che voglio e di cui ho veramente bisogno,
è stare con persone che mi conoscono davvero e non trovano fastidiose
le mie idiosincrasie, le mie eccentricità, le mie manie, le mie passioni.
Persone con cui non devo ricominciare tutto da capo a raccontare chi e come sono
e perchè sono come sono.
Persone con cui non devo giustificarmi continuamente di essere fatta come sono fatta.
Persone con cui mi sento nell'angolo giusto della mia vita,
senza dovermi sforzare di piacere o di essere migliore di quella che sono.

Persone che tirano fuori il mio più e mi fanno sentire a posto, anche quando a posto non lo sono.

domenica 14 ottobre 2012

Del mettere i paletti...

"QUALCUNO DOVREBBE INSEGNARCI A PROTEGGERCI,
DOVE METTERE I PALETTI,
QUANDO E IN CHE MODO E' NECESSARIO ALZARE I MURI DI PROTEZIONE
CHE SERVONO A TENERCI LONTANO DALLE COSE CHE NON SAPPIAMO AFFRONTARE.
SAREBBE MENO COMPLICATO, NON TROVI?
AVERE IN TASCA DEGLI EFFETTI SPECIALI CHE CI SOCCORRONO QUANDO NE ABBIAMO BISOGNO."

                                          R.PELLICO

"NON CREDERE MAI DI ESSERE CIO' CHE POTREBBE SEMBRARE AD ALTRI
CHE CIO' CHE ERI O AVRESTI POTUTO ESSERE
NON FOSSE ALTRO CHE CIO' CHE SEI STATA SAREBBE SEMBRATO LORO ESSERE ALTRO"

                                                         ALICE NEL PAESE DELLE MERAVIGLIE, L. CARROLL

" I'VE BEEN ACCUSED OF BEIG ALOOF. I'M NOT. I'M JUST WARY"

                                               P. NEWMAN



Continuo a sentirmi ripetere incessantemente e da più parti,
persino da quelle che mi conoscono veramente pochissimo e per forza di cose
hanno un'idea superficiale dei fatti della mia vita,
che sono una persona che "mette i paletti"(troppi) e che è talmente legata al suo passato
da non riuscire, di conseguenza, a vivere la sua vita con serenità.

A volte, credo, dipende dai miei toni perentori e definitivi nell'affermare le idee in cui credo, 
che nella stragrande maggioranza dei casi mi mettono nella posizione di 
non essere abbastanza convenzionale per i gusti delle persone con cui entro in contatto.
Il fatto di dire che faccio (o cerco di fare) determinate scelte in base a determinati principi finisce,
per un meccanismo  che ancora non mi risulta chiaro, 
con il perdere quella che dovrebbe essere una valenza positiva dell'atteggiamento.
E alla fine, quello che nelle mie intenzioni è darmi dei punti di riferimento, 
un modo per non perdere il controllo di me e soprattutto 
delle cose che non so come gestire emotivamente,
per proteggermi da me stessa più che dagli altri,
agli occhi delle persone è rigidità, paura, chiusura mentale.
Nel peggiore dei casi addirittura ottusità o irragionevolezza.
Sembrerebbe che io abbia un'innata capacità di porre un limite razionale
a qualsiasi cosa mi riguardi,
di erigere muraglie impenetrabili che lasciano tutto e tutti al di fuori e a distanza,
senza possibilità di andare oltre.

Ora.Io non lo so se la situazione sia veramente così "critica".
Non mi guardo dal di fuori e spesso non ho una visione così distaccata degli eventi
o dell'immagine che rimando all'esterno da potermi giudicare con acume e freddezza.
E, fondamentalmente, le persone all'esterno si perdono quella occulta e logorante guerra interna
che combatto ogni giorno per trovare una certa sicurezza di me per stare in mezzo agli altri.
Ma il punto, per me almeno, in realtà è un altro.
Come fanno gli altri ad essere al mio esatto opposto e sentirsi così profondamente a loro agio?
A non avere paletti, a riuscire a non farsi sopraffare dall'intensità delle cose,
a volte a sottovalutarne con così sorprendente disinvoltura anche  i risvolti e i rischi?
Come riescono tutti a vivere e gestire gli imprevisti con così tanta leggerezza e naturalezza, 
ad essere talmente coerenti con se stessi fino a quasi sfiorare l'ossessione,
a fidarsi ciecamente  delle proprie sensazioni e lanciarsi andare senza remore?
Come riescono tutti a lasciarsi cadere nella vita degli altri o, viceversa, 
lasciare che gli altri invadano letteralmente la propria, senza fermarsi a ragionare un momento
sulle conseguenze e sull'impatto della cosa, che sia bella o brutta,
per poi lasciarsi tutto alle spalle come se non avesse avuto alcuna influenza su quello che si
diventa per averlo vissuto, solo perché  fa parte del passato?
Come fanno tutti a scegliere senza timore o paura di fronte ad una miriade di possibilità non programmate?

Io posso ben accettare che le relazioni, che la vita in genere, non ha una brutta copia:
entri in scena senza aver mai provato, come dice Kundera, vivi ogni cosa subito 
senza essere preparato e l'unica cosa che puoi fare e trovare una tua dimensione
nel suo continuo mutare direzione, ricalcolando il percorso ogni volta che per qualche motivo
si è costretti a cambiare strada.
Solo vorrei che le persone smettessero di farla sembrare una cosa facile e divertente e indolore e naturale.
Perché semplicemente non lo è.
E ognuno ha un modo del tutto personale e non passibile di giudizio per proteggersi 
dai momenti forti con cui ci scontriamo continuamente. 
Soprattutto nel caso in cui, nel corso della vita, si sono scontrati con momenti fortissimi 
e non solo ragionevolmente forti.
Perché ognuno ha diritto di scegliere e trovare il suo modo per esserci,
ma per fare questo ha bisogno di sentirsi al sicuro.
Perché i paletti, a volte, non sono un muro o un limite, ma semplicemente buon senso e prudenza.

sabato 13 ottobre 2012

Tutto è così...

"...TUTTO E' COSI' ANCHE SE CE NE DIMENTICHIAMO E NON CI PENSIAMO
PER RIMANERE ATTIVI E PER CONTINUARE AD AGIRE SENZA SAPERE,

DECIDERE SENZA SAPERE
E PERCORRERE I PASSI AVVELENATI;

TUTTO E' COSI'
CAMMINARE PER LA STRADA SCELTA
O SALIRE SU UNA MACCHINA IL CUI CONDUCENTE CI INVITA DAL SUO SEDILE
TENENDO LA PORTIERA APERTA,
VOLARE IN AEREO O RISPONDERE AL TELEFONO, 
USCIRE PER CENA O RESTARE IN ALBERGO GUARDANDO DISTRATTAMENTE DALLA FINESTRA (...),

COMPIERE GLI ANNI E CRESCERE E CONTINUARE A COMPIERNE(...)

FARE IL GESTO DI DARE UN BACIO CHE SCATENA ALTRI BACI CHE CI  FARANNO FERMARE
E DI CUI RENDEREMO CONTO,
CHIEDERE O ACCETTARE UN LAVORO,

E STARE A VEDERE COME IL TEMPORALE SI PREPARA SENZA METTERCI AL RIPARO,
(...)
TUTTO E' COSI'
(...)
LA MIA COSCIENZA CHE BADA A QUEL CHE ACCADE E A QUEL CHE NON ACCADE,
AI FATTI E A CIO' CHE NON RIESCE,ALL'IRREVERSIBILE E ALL'IRREALIZZATO,
ALLO SCELTO E AL RIFIUTATO,
E A CIO' CHE TORNA E CHE SI PERDE, COME SE TUTTO FOSSE UGUALE:
L'ERRORE, LO SFORZO, LO SCRUPOLO, LA NERA SCHIENA DEL TEMPO...

PER QUESTO, DOMANI NELLA BATTAGLIA PENSA A ME."

                                                                           J. MARIAS


venerdì 12 ottobre 2012


Fred Astaire and Audrey Hepburn rehearsing for Funny Face (1957)


"ALL THE MISTAKES WE MADE MUST BE FACED TODAY
IT'S NOT EASY NOW KNOWING WHERE TO START...".


Premessa:
Ieri all'ora di pranzo, ad un certo punto mi sono messa a parlare da sola.
O almeno questo è quello che è sembrato. E poi sono spuntati i Queen.
E questa canzone.

Ero un po'  scossa a causa di una mattinata lavorativa di disastri concentrati.
Disastri che personalmente mi risulta esagerato chiamare tali.
Probabilmente perché la mia concezione di "disastro" è qualcosa di più irrimediabile e irresponsabile 
dell'invio di un paio di e-mail incomplete. 
Questa è ovviamente una concezione personale e soggettiva e la Sorella Stronza del mio capo, 
che mi ha urlato dietro incessantemente per tutto il giorno,
liquidando i miei tentavi di spiegazione come "scuse", 
non era ovviamente d'accordo con me.
Non c'è dubbio che evitare certe sviste è sempre meglio, se non proprio necessario.
Tuttavia credo che l'inviare 2 mail incomplete sia il minimo che possa succedere 
quando una persona ansiogena, frustrata e maleducata, ti ordina 8 cose tutte nello stesso momento 
e la tua mente fa qualche fatica a tenere tutto insieme.
Purtroppo però lavoro in uno studio di Ingegneri e Architetti, la cui natura saccente e meticolosa,
in questi sei mesi di collaborazione, ha sfiorato punte di ossessività compulsiva.
E purtroppo, l'ho imparato a mie spese, le persone saccenti non ammettono gli errori,
soprattutto quando gli errori non sono loro a farli. Ma racconterò di questo un'altra volta.


In ogni caso. 
Sopravvissuta alla difficile mattinata e giunta l'ora di pranzo,
ad un certo punto è capitato che io e D., il mio Collega Sportivone
(che, a parte la passione per la vela, di sportivo in realtà ha poco e niente)
parlassimo nello stesso momento di cose totalmente sconnesse tra loro, 
arrivando a coprire a vicenda le parole che uno diceva all'altra.
E' stata una conversazione del tipo "non parlarmi, non ti sento", 
che alla fine ha virato sulla vela e le bussole e il nostro precario senso dell'orientamento,
la cui degna (?!) conclusione è stato stabilire una volta di più che, 
oltre a parlare da sola, sto impazzendo lentamente.
"Un po' come succede in  "I'm Going Slightly Mad dei Queen".
"Si ma preferisco di gran lunga in My Defence"
"ah, già dimenticavo che tu i Queen li sentivi quando ancora erano vivi" ha chiosato ironico Lui,
tirando fuori il sorrisetto impertinente che fa di solito quando mi prende bonariamente in giro.

Perché si, effettivamente, io i Queen li ascoltavo quando ancora c'era Freddy tra noi 
e Collega Sportivone, che oggi è più alto di me, aveva appena 6 anni.
Quando le tv a colori non avevano ancora soppiantato del tutto quelle in bianco e nero.
Li ascoltavo quando avevo appena finito le medie e stavo per cominciare il ginnasio,
mentre invece tutto quello che  volevo era  iscrivermi alla Scuola d'Arte. 
Quando sono stati la colonna sonora della mia prima cotta con F., 
che dei Queen era più di un semplice fan, era un adepto.
Quando si suonava con la chitarra "Friends will be friends", quella sera che era metà aprile,
e abbiam cenato al mare a casa di S. con spaghetti scotti e senza sale, perchè eravamo tanti.
Quando mi presi una distorsione giocando a pallavolo e i miei compagni di squadra arrivarono in massa
a casa mia e passarono la giornata a prendere in giro il mio piede viola ed inerte.
Quando quella mattina, dopo il suo esame di maturità, io ed F. eravamo soli e vicini
e in "My Defence" è andata in loop almeno per due ore buone.

Era tanto che non ascoltavo quella canzone.
Ed ho pensato a tutto quello che ha significato, a quanti sentimenti contrastanti 
ci ha appiccicato la me stessa adolescente.
A quanto di me ho perso per strada e a quanto ho guadagnato,
sostituendo, sommando, sottraendo e incasinando numeri e opportunità,
scoprendo cose che già avevo dentro, ma che allora restavano chiuse
in chissà quale cassetto della mia mente. E qualcuna forse è ancora nascosta bene.
Al fatto che nonostante la mia memoria abbia spesso qualche cedimento,riesco ancora a tenere stretti pezzi di vita da raccontare semplicemente riascoltandola.E a collezionarne di nuovi.

A tutti gli errori che ho fatto e che adesso vanno affrontati.
E ancora una volta non so da dove cominciare per farlo.
Ma ci sto provando.