lunedì 30 aprile 2012

Paris Blues

                                                   

A Torino è tempo di Jazz Festival.
Con il lavoro ho avuto un po' di difficoltà a vedere i concerti, solo qualche Jam session
durante le quali, a meno che non si sia profondi esperti e cultori del genere,
non si riesce a godere più di tanto.
Contemporaneamente ai concerti, il museo del cinema ha preparato una retrospettiva cinematografica 
incentrata su film dedicata al Jazz e stasera sono riuscita ad andare a vedere Paris Blues (1961) di Martin Ritt.
E...Dei del Cielo, Paul Newman! 
Posso dire che persino in bianco e nero era l'uomo più figo di questo mondo, posso?
Guardavo il film e continuavo a pensare che avrei pagato per essere al posto di Joanne Woodward...
e soprattutto non riuscivo a decidere se era più bella la musica di Duke Ellington
o il personaggio di Paul Newman che suonava la musica di Duke Ellington.
O, ancora, il meraviglioso apparire di Louis Armstrong  e della sua musica...
O l'eleganza di Sidney Poitier...
E Parigi. Ultimamente è come se l'universo continuasse a mandarmi insistentemente un messaggio.
andare a Parigi. Il più presto possibile sarebbe anche meglio.


In ogni caso, film meraviglioso.
Paul Newman meraviglioso.
Paul Newman e Joanne Woodward meravigliosi.
Ad averlo scoperto prima, questo film!

lunedì 23 aprile 2012

Che Rumore Fa La Felicità


"[...] CHE RUMORE FA LA FELICITA'
MENTRE I SOGNI DI DISSOLVONO E GLI INVERNI SI ACCAVALLANO
QUANTI SPILLI SULLA PELLE DENTRO IL PETTO SULLE SPALLE, [...]
MENTRE IL SENSO DELLE COSE MUTA  E OGNI SICUREZZA E' ORMAI SCADUTA
APPASSISCE LENTAMENTE LA COSCIENZA DELLA GENTE.
CHE RUMORE FA LA FELICITA'.
CHE SAPORE HA, QUANDO ARRIVERA'  SOPRA I CIELI GRIGI DELLE CITTA'
CHE FINGONO DI ESSERE RIFUGIO PER LE ANIME."
                                                         NEGRITA

"NON TUTTO QUELLO CHE VACILLA, CADE"
                                                    M.E. DE MONTAIGNE



Questa volta avevo seriamente paura.
Pensavo di essere arrivata alla fine.
Che dopo tutto il vacillare degli ultimi mesi,
alla fine non sarei stata in grado di poter andare oltre.
Il solo pensiero di perdere questa città e 
quel poco di equilibrio che qui sono riuscita a trovare,
mi svuotava in ogni senso.
Ed io, poi, in ogni mio sentire sono sempre abbastanza eccessiva:
quando il destino mi prende di mira con più intensità del solito,
quando la mia vita sembra la fonte di ispirazione o il test di collaudo per le leggi di Murphy,
mi lascio attraversare da pensieri che più opachi non si può,
di quelli che aumentano esponenzialmente l'irritabilità e il senso del dramma. 
E la mia immensa fragilità (quella in cui ho sempre il terrore di annegare, una volta o l'altra).

Ma poi, in qualche modo,le coincidenze della vita trovano il modo
di farci finire esattamente dove abbiamo bisogno di essere.
A volte, è come se i fatti della vita si rimodulassero dà sè,
per darci una possibilità, anche quando i nostri progetti e gli obiettivi originari,
così come li avevamo immaginati, non riusciamo proprio a raggiungerli.
Anche quando vogliamo tutto e ci dobbiamo sempre accontentare di qualcosa.
Mi piace pensare che questo sabato, 
quando ho avuto la possibilità di fare un colloquio di lavoro importante,
che portava su di sè il peso di tutto il mio futuro prossimo,
sia andata così.

E penso alla voce del mio nuovo capo che mi dice 
"mi dispiace non poterle offrire di più,ma se accetta,per me è assunta";
a tutti i rumori di Corso Duca degli Abruzzi, che mi hanno investita una volta uscita
dal palazzo che da maggio sarà il mio nuovo ufficio;
al rumore dei miei stivali sul marciapiede, quelli per cui mio padre mi rimprovera sempre 
perchè sono rumorosi più dell'accettabile,
mentre per mezz'ora ho fatto avanti e indietro per la strada sbagliata,
tanto ero frastornata e contenta;
alla voce di I. che accoglieva la notizia contenta, a chilometri da qui,
e all'abbraccio di B. in stazione, un paio di ore dopo.

Forse la felicità a volte può associarsi ai suoni o ai rumori più strani.
Questi sono i miei.

venerdì 13 aprile 2012


Diversi giorni fa, un'amica mi manda questo video
e mi scrive "Non fosse per l'accento, saresti tu".
Ed è la seconda persona che guarda lei e pensa a me nell'ultimo anno e mezzo.
Anche io d'altro canto...quando mi capita di vedere suoi video interessanti,
guardo lei e penso a me. Ma non so se è la stessa cosa.

Ecco...dopo attenta e ripetuta visione...volevo dire solo che
non so se essere terrorizzata o divertita dalle cose che ho 
(e che se non ho,potrei potenzialmente avere) in comune con questa donna.

Se non odiassi così tanto la mia voce, potrei pensare di cominciare a fare anche io dei video...

venerdì 6 aprile 2012



6/12 aprile 2012
 – Compiti per tutti. Organizza un rituale fai-da-te in cui ti impegni ad attirare più benedizioni nella tua vita.

Gemelli 21 maggio – 20 giugno

“Non capisco se in questi giorni affronto meglio la vita o se invece non me ne importa più un fico secco”. Ho trovato questa riflessione su Someecards e ho deciso di sottoporla alla tua attenzione. Forse ti stai ponendo lo stesso interrogativo: non capisci bene perché ti sembra di essere più rilassato e tollerante del solito nonostante tutto quello che ti succede intorno. Se vuoi il mio parere, da qualche tempo sei più sereno non perché sei sfinito e sei diventato insensibile a qualsiasi cosa, ma perché negli ultimi sei mesi hai lavorato sodo su te stesso. Congratulazioni!
www.Internazionale.it 
L'Oroscopo di Rob Brezny

Se sono una che crede negli oroscopi?
No, non esattamente e non nel senso canonico del termine.
Stelle, segni, elementi, pianeti, qualità, polarità se devo essere sincera mi fanno pensare ad un' unica cosa:
ai Cavalieri dello Zodiaco e a quando, da ragazzina, volevo essere come Pegasus.
Se ho l'abitudine di leggere gli oroscopi?
Ovviamente si...ma è più un rito, un passatempo, qualcosa da leggere tra le tante cose che si leggono,
che passato un paio d'ore già non ricordo più.
Per il momento, l' unico che è riuscito a stuzzicare il mio scetticismo, se così lo vogliamo chiamare, 
è Gary Goldscheiner , di cui molto tempo fa ho letto un libricino sfizioso sulla descrizione della
personalità umana in base al giorno di nascita. 
A prima vista può sembrare che parli di astrologia, mentre in realtà è il risultato dei suoi studi
in psichiatria e medicina presso l'Università della Pennsylvania, studi durati più di 40 anni e basati
sull'esperienza di vita di 20.000 persone e sulle sue esperienze lavorative con alcuni gruppi spirituali 
Californiani e Neo Zelandesi. I segni zodiacali, in questo libricino, sono per lo più usati per comodità
e più per indicare fasi della vita e tratti comportamentali che sinastrie stellari.
Ma senza voler divagare troppo, quello che volevo dire è che Brezsny qualche volta si avvicina 
molto al lavoro di Goldscheiner, pur partendo da posizioni molto diverse.
Quello che apprezzo, più di tutto, è la capacità  citazionistica di Brezsny, 
e la riflessività a cui ogni tanto spingono i trafiletti che scrive.
E sebbene io non abbia ancora capito che cosa intenda esattamente per "Divino Wow",
mi diverte enormemente l'originalità delle due parole messe insieme e 
l'ideologia che io presuppongo ci sia dietro.
In ogni caso...Si.
Questa volta il trafiletto ci ha quasi azzeccato. Ma a modo suo e non a modo mio.
Primo tra tutti il fatto che sono nata il 21 giugno e lui insiste ad annoverarmi sotto il segno del Cancro,
mentre sono palesemente dei Gemelli.
Comunque.
Sono effettivamente giorni che rifletto sul mio modo di affrontare la vita.
Un po' perchè molte persone che ho intorno, per via della situazione lavorativa un po' delicata,
cercano di pungolarmi per cercare di tirarmi su di morale.
Un po' perchè cercare di capirmi per aiutare me stessa e trovare un equilibro è
indubbiamente uno dei miei passatempi preferiti. 
Lavorare sodo su me stessa, e non c'era bisogno che lo sottolineasse Brezny,
è la conditio sine qua non imprescindibile perchè io riesca a tenere sotto controllo il mio io
e non lo lasci girovagare a briglia sciolta, con il rischio di provocare danni irreversibili a me e a chi ho intorno.
Sono sempre stata in qualche modo ossessionata dallo svolgersi e dal perpetuarsi dell'esistenza,
osservare e capire e imparare perchè le cose sono in un modo piuttosto che in un altro,
perchè le persone prendono una strada diritta piuttosto che un sentiero aggrovigliato.
E sono sempre stata entusiasta di qualsiasi cosa colpisse il mio intelletto e la mia fantasia,
ritrovandomi sempre investita totalmente una sorta di rapimento costante per le cose, 
come se ci fosse un'energia infinita e rinnovabile a fungere da carburante per la mia curiosità
di sapere e imparare.
Ma ultimamente, senza ombra di dubbio,ho realizzato di sentire un certo sfinimento
e una certa insensibilità verso un po' tutto. O quasi.
E la parola "rilassata" è nel mio caso un vero e proprio ossimoro. 
Semplicemente sono stanca anche di dibattermi inutilmente contro un destino che sembra accanirsi.
E allora sono semplicemente lì che cerco di trovare la pazienza di vivere così come capita, 
senza orari e senza mete, alla giornata.
Cerco di non aspettarmi niente. Di sperare sempre nel peggio perchè arrivi il meglio.
Sto semplicemente al mondo.
E la verità è che non so se questo è affrontare meglio la vita
rispetto a come facevo prima. 
(Sarà che non sono mai stata molto brava ad affrontarla, la vita).

Oggi una persona a cui pensavo di non andare per niente a genio, 
per via del mio modo di pormi sempre un po' azzardato,
mi ha dato un aiuto inaspettato in campo lavorativo.
Se la cosa andasse in porto, il disastro a cui vado incontro a causa dell'essere stata licenziata,
cosa questa che sta mettendo a dura prova il mio equilibrio emotivo e anche fisico,
potrebbe essere scongiurato. Almeno per qualche mese.
E allora oggi ero lì che, mentre camminavo, intimamente cercavo una sorta di rituale 
per attirare un po' di benedizione sulla mia sfortunata vita.
La mia mente spaziava dal classico " fioretto- rinuncia a qualcosa" all'invocare l'aiuto 
del destino, di mia madre, di qualsiasi divinità conosciuta o sconosciuta. 
Tutto questo in un attacco di bipolarismo acuto in cui, 
pur sperandoci intimamente e ardentemente,
cercavo di impormi di non contarci, di non sperare in un esito positivo, di non crearmi aspettative
su qualcosa che ha il 90% di andare male. Io sono disperatamente appesa a quel 10% di possibilità
che riesco a chiamare in un unico modo: cieca fede nel destino.
Altro che compiti a casa.


martedì 3 aprile 2012

Keep Calm, Carry On and go to Barter Books



Di questi tempi, un vecchio e ingegneristicamente avanzato amico ha comprato il Kindle Reader.
Sono giorni che ci punzecchiamo a distanza e lui mi illustra tutte le potenzialità di questo aggeggio  
che (letteralmente) inscatola qualcosa come 4.000 volumi in un hardware ed è fonte,
almeno per lui, di grande comodità e modernità e risparmio energetico e chi più ne ha più ne metta.
"E soprattutto si abbattono meno alberi", mi diceva nel suo tono compito, 
quando è passato da Torino per un saluto il mese scorso.
 "E' il futuro che si impadronisce di noi e spazza via la dimensione magica 
della fantasia che ancora non era stata soprafatta dalla tecnologia", ho pensato io.
E incosciamente, anche quando non ho nessunissima intenzione di toccare l'argomento, 
mi ritrovo con un sacco di esempi, vignette, video che esaltano invece quello che per lui, 
tra pochi anni, diventerà assolutamente obsoleto: il caro vecchio libro stampato.
Ora, non vorrei essere fraintesa. 
Non è che io sia un'ostinata e ottusa contestatrice e boicottatrice del progresso. 
E che io proprio non riesco ad accettare la cosa in sè.
Da poco ho letto un'intervista a Jonathan Franzen in cui lui ha trovato le parole 
per descrivere quello che provo in merito:
I think, for serious readers, a sense of permanence has always been part of the experience. Everything else in your life is fluid, but here is this text that doesn’t change".
Il senso di permanenza, la sicurezza che ne deriva in un contesto fluido come quello attuale, 
in cui tutti (o almeno gran parte di noi) sono drogati da una sor9ta di vita istantanea e fugace sui socialnetwork, 
sono parte della bellezza e della potenzialità (ancora immutata di un oggetto come il libro stampato. 
E l'esperienza della lettura, con un libro in mano, è qualcosa che per me andrà sempre oltre
e avrà un valore sempre più forte e presente del leggere attraverso un piccolo schermo.
Senza contare tutto il variegato strato di socialità e vita e piccoli rituali personali che girano intorno o sono alimentati dall'oggetto in sè. 


Penso a quando, una sera del mio primo anno a Torino, 
sono entrata nella Biblioteca Reale e l'ho trovata la più bella che abbia mai visto in vita mia.
L'occasione che mi aveva portato lì è stata uno spettacolo teatrale che si intitolava 
"Una notte in Biblioteca": 
durante la notte, in biblioteca, alla luce di fioche lampade,
quando tutto è silenzioso e deserto e anche l'ultimo dei lettori è andato via,
dei libri si animano, assumendo sembianze umane e conversano tra loro.
Un libro di trattati diventa un panciuto e attempato conferenziere,
un romanzo ottocentesco diviene una donna in bianco dalla voce soave,
un libro di filosofia diviene un gentiluomo elegantemente vestito e un giovane,
in impermeabili e abiti semplici, è l'ultimo libro arrivato,
rilegato velocemente e alla ricerca di qualcuno che gli legga il suo finale .
Conversando come chiunque di noi farebbe davanti ad una tazza di the,
in compagnia di un amico, i "libri" passeggiano tra gli spettatori,
giocano persino a tennis sulle teste del pubblico seduto ai tavoli della biblioteca,
e si interrogano:
qual è la vera realtà? quella dei libri o quella che si vede scorrere dalla finestra,
nelle pedalate di un uomo che attraversa la notte sulla sua bici,
come le parole di una frase che scorre negli occhi di chi legge...
e che ne sarà di tutto il sapere conservato tra scaffali polverosi?
e dove saranno i lettori, che nel trascorrere del tempo, si sono alternati tra i tavoli
in mogano, sfiorando pagine, portando con sè le loro manie e il loro bizzarroo modo di leggere?
Riflettevo che se veramente i libri verranno sostituiti dai kindle reader 
anche le idee geniali come quella di questo piccolo spettacolo, impresso indelebilmente nei miei ricordi,
difficilmente troverebbero la luce.
E penso a quanto vorrei aprire una piccola libreria mia...o semplicemente anche solo lavorarci.
Perchè quelli sono posti che sono veri e non virtuali e, parafrasando peraltro uno dei miei libri preferiti,
mi fanno l'effetto delle mattine di Natale, 
come se fossero grandi scatole di regali piene di libri bellissimi.

Come dicevo ai miei amici sul socialcoso qualche ora fa,
andrei a Londra solo per passare un'intera giornata alla Barter Books.
Anzi, farei di tutto per restarci chiusa dentro anche una notte.



domenica 1 aprile 2012


INUTILE PENSARE ALLE STAGIONI CHE
RITORNANO E POI PASSANO
LASCIANDOCI QUALCOSA 
MA SEMPRE UN PO' DI MENO.
INUTILE SAPERE CHE STAVAMO MEGLIO IERI
E SORRIDERE
FORSE VORREI ESSER RIMASTO QUELLO IMMOBILE
CON LA POLVERE SULLE PALPEBRE
INUTILE PENSARE CHE NON SIAMO STATI COSI' MALE
SI PERDONO IL CONTO DELLE LACRIME
SENZA AVERNE VOGLIA
CHE OGNI VOLTA E' LA STESSA STORIA
PERCHE' CAMBIA SEMPRE
CONTINUAMENTE
CAMBIA SEMPRE
SEMPRE
INUTILE CERCARE UN SENSO ALL'ESSERE
CI HAN GIA' PROVATO PRIMA DI NOI
L'UNICO VERO SENSO ME L'HA SPIEGATO CHI SE NE STAVA ANDANDO
INUTILE ANNEGARE COME UN SASSO IN FONDO AL MARE
PERIMETRI DI UN MONDO
CHE SOMIGLIA TERRIBILMENTE A QUESTO BAGNASCIUGA
INUTILE VOLER SPIEGARE UN SENTIMENTO
SAREBBE COME COLORARE L'ARIA
LO PUOI FARE MA DI SICURO NON CON I PENNELLI E CON LA TEMPERA
INUTILE ANCHE CREDERE A QUESTE MIE PAROLE CHE SI PERDONO NELL'ETERE
TANTO DOMANI E' UN ALTRO GIORNO
E' SARA' FACILE CONFONDERLE CON LA BANALITA'
PERCHE' CAMBIA SEMPRE 
CONTINUAMENTE 
CAMBIA SEMPRE


Molte cose non sono andate come dovevano andare.
Il che sarebbe anche nella normalità.
Se non fosse che, mai come ora, mi sento come se fossi chiusa in un scatola.
Ermeticamente.
Ci sono piccoli fori, tutt'intorno a questa scatola,
ed io riesco anche a respirare, volendo.
Posso prendere lunghe boccate di aria pulita, ma solo a tratti.
E riesco a vedere anche quello che accade all'esterno,certamente.
Ma anche questa visione è qualcosa di intervallato,
un vedo-non vedo, un aprire gli occhi e richiuderli appena in tempo per perdersi l'azione
veramente importante, quello che dà il senso a tutto il resto.
Io sono lì e non riesco ad uscire.
Mi sento proprio "immobile, con la polvere sugli occhi".

Ieri un'amica mi rimproverava, abbastanza coloritamente, 
il mio atteggiamento rinunciatario rispetto a tutto quello che mi accade.
"Mi sta sul c*** questo tuo arrenderti senza combattere. Sembri rinchiusa, arenata nel limbo del niente".
Ed io lo so che me lo diceva con la buona volontà di scuotermi da quello che le sembra
una sorta di torpore pericoloso.
Ho cercato di spiegarle il perchè, di darle una motivazione,
a voce alta, qualcosa che magari chiarisse anche le mie idee,
ma come al solito al momento le parole giuste non vengono mai.
Volevo dirle che la mia è più stanchezza che resa.
E' più un guardarmi indietro, tutti chilometri di momenti e accadimenti della mia vita,
e fare una conta dei pochi risultati in cambio di tutte le energie investite per averli.
Di quanto abbia sempre dovuto penare un sacco per ottenere quello che per alcuni
era semplice o scontato avere, anche nel caso delle sciocchezze.
E semplicemente mi sono sentita profondamente stanca.
Ho sempre la fermezza di continuare sulla strada e non fermarmi ai bordi,
ma sono in ogni caso stanca e non vedo le strade alternative che certamente
ci devono essere.

Ma non l'ho detto. Perché ho avuto la sensazione che fosse inutile dirlo.
Così come quando rinuncio a spiegare le sensazioni e i sentimenti che mi capita di provare, 
in generale.
Ma (lo scrivo qui, senza dirlo) quelle cose non scompaiono, e non restano lì immutabili.
Semplicemente si scavano una loro nicchia,
si trovano un posto comodo in quella che io definisco la mia stanza delle necessità.
Prima o poi, penso sempre, le tirerò fuori.
Al momento in cui ne avrò più bisogno.
Anche se non so quando sarà.