giovedì 11 luglio 2013

"C'è una foto che Irene ha scattato con gli occhi, un frammento, una di quelle istantanee dov'è condensata tutta la tenerezza per qualcuno che abbiamo amato o amiamo ancora, e che si acquattano nella memoria per la vita.A volte è una sequenza, altre un'immagine, un fotogramma qualsiasi, un movimento spezzato, una smorfia (...) un gesto piccolissimo che non possiamo raccontare a nessuno (e non perché non vogliamo ma perché non sapremmo neanche come cominciare, e se pure ne fossimo capaci preferiremmo non farlo). Magari in quei lampi della memoria la persona con cui abbiamo scelto di passare la nostra vita non era nemmeno così bella come sappiamo può essere; eppure è lì che ne conserviamo l'essenza, perché è stato allora che l'abbiamo vista così inaspettatamente smascherata e se stessa; è in quell'istante che tutto è avvenuto.Forse lei non lo sa neanche, intanto recita la parte che crede sia quella che ci ha attratto, e noi teniamo il segreto per tutto il tempo che restiamo insieme, l'amiamo di nascosto in un certo senso, perché poi nessuno è in grado di spiegare di cosa è fatto l'amore che prova; (...) e quando ce lo domandiamo (<<Ma tu perché mi ami?>>) e stiamo a sentire la risposta, rimaniamo per forza un po' delusi, quasi vorremmo replicare: <<Dài che puoi fare di meglio, dimmi chi sono>>, perché non è di semplici complimenti, per quanto sinceri, che in quel momento andiamo alla ricerca, ma qualcosa di più intimamente effimero che ci descriva nell'immaginazione dell'altro.Vogliamo che la persona che amiamo ci dica d'essersi innamorata di noi perché un giorno, senza neanche pensarci, l'abbiamo toccata in un punto in cui non sapeva di essere sensibile, come certe carezze che arrivano molto in fondo per conto loro.<<Ti amo perché ti gratti il polso in quel modo tutto tuo>>, questo per esempio vorremmo sentire, piuttosto che <<Ti amo perché sei generoso e affidabile>>.C'innamoriamo di minuzie, di riflessi in cui vediamo l'altra persona come pensiamo che nessuno l'abbia mai vista e mai la potrà vedere, e custodiamo questi attimi di unicità in forma d'immagine, anche se negli anni sbiadisce; ma è a quell'immagine che chiediamo aiuto quando il nostro sentimento vacilla e dubitiamo di amare, allora la richiamiamo, e ci basta..."
Incipit da "MANCARSI", Diego De Silva, Einaudi, 2013 

Avete familiarità con la regola cinematografica dello scavalcamento di campo? 
Nel montaggio cinematografico, esiste quella che viene chiamata la regola dei 180°, ossia in una scena di dialogo costruita sul campo-controcampo, in cui si mostrano due personaggi che dialogano, esiste una linea di azione immaginaria entro la quale la macchina da presa si può muovere, senza effettuare il cosidetto "scavalcamento di campo".
Per "scavalcamento di campo", si intende, quindi, quell'eccezione in cui la mdp varca la linea immaginaria per riprendere la scena dal campo opposto. Immaginate, ad esempio una ripresa in cui una persona sta camminando da destra a sinistra, si passa improvvisamente a riprenderla da sinistra a destra. L'effetto immediato è quello di un potenziale disorientamento.
Ecco...in certi frangenti, in una mia visione del tutto personale e magari anche eccessiva, la letteratura di De Silva riesce a rimandare a parole il concetto tutto cinematografico dello scavalcamento di campo: è come se qualcuno ti facesse vedere quello che vivi o hai vissuto raccontandolo dal "campo opposto" provocandoti non un disorientamento, ma una sorta di presa di coscienza.

Ed io in questo momento non riesco a fare a meno di pensare a quando mi è stato detto "quando qualcuno cerca di toccarti fai una faccia talmente spaventata che è veramente divertente" o "mi ha colpito il fatto che sei una persona libera, che prendi e vai via senza aspettare nessuno". Ero lì ed ero io, quando queste cose succedevano; ero lì  quando mi venivano dette e, in realtà, non capivo il perché della sorpresa o, forse, la tenerezza di chi me le diceva. E non li ho nemmeno considerati dei complimenti, per la verità. Anzi. Finché non ho letto queste pagine di De Silva e ho visto la scena dal lato opposto.
Non c'è assolutamente nulla di diverso in quello che ho vissuto, tranne il fatto che vedo le cose in un altro modo: vedo tutto in maniera più chiara, ma soprattutto sono cosciente di vederlo in maniera più chiara.

E' solo un'altra strana sensazione. Passerà. (Perché prima passa, meglio è).
Ma in un certo senso, ne sto gustando il ricordo.
E' la mia istantanea. E' la mia carezza arrivata fino in fondo per conto suo, a prescindere dalle intenzioni di chi non sa nemmeno di averla fatta.

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