venerdì 17 ottobre 2014

" Immagino la sua vita come una piramide, un iceberg di cui vedo solo la punta, la punta minuscola, ma sotto la superficie la piramide si allarga, si allarga verso il basso e nel passato, sempre più indietro, tutta la vita gli sta sotto, gli sta dentro, le mille cose che gli sono successe, e il risultato è quel momento, quel secondo in cui mi ha sorriso" 

 P. Cameron, Un giorno questo dolore ti sarà utile.

La mia Coscienza, quella con il nome e l'indirizzo diverso dal mio, mi ricorda di restare con i piedi ben piantati per terra e di non perdere di vista la realtà. Io, per la verità, credo di non averlo mai fatto, perdere di vista la realtà. 
Semplicemente questo gioco mi piace e cerco di approfittarne, giusto o sbagliato che sia, finché sarà possibile. 
Cercando di ricacciare indietro l'idea che la sincerità che penso ci sia, sia giusto una mia illusione. Un vedere quello che voglio vedere e che in fondo non c'è, in mezzo a tutti i km che ci separano, al nostro essere così diversi e alle nostre vite che forse si incroceranno ancora, forse no. 
Cerco di ricacciare indietro la sensazione che sto sbagliando e che quello che ho concesso fino ad ora avrei dovuto tenerlo ancora più stretto e al sicuro.

Penso a questi giorni come se fossero un giorno in cui mi sorridi, per la prima volta. E poi continui a farlo costantemente.
Ma "costantemente" è una parola troppo impegnativa ed è molto meglio che faccia anche finta di non averla scritta, oltre che averla semplicemente pensata.


mercoledì 15 ottobre 2014



"  Intanto l'aria intorno è più nebbia che altro"

Ci sono momenti in cui riesco a prendermi alla sprovvista da sola.
E' accaduto spesso soprattutto in quest'ultima settimana.

E non è che rimpiango le cose che faccio in quei momenti lì...anche perché in qualche modo scopro lati di me stessa poco calibrati che erano lì ed io nemmeno lo sapevo, che erano lì. Sono capace di essere altro da quello che penso e, soprattutto, da quello che gli altri pensano che io sia. E voglio vederla come una cosa positiva. 
Ho bisogno di vederci qualcosa di buono almeno.

Solo che, anche quando faccio cose poco calibrate, alle situazioni e alle persone, io poi avrei bisogno che rimanesse qualcosa di tangibile su cui lavorare. 
Non mi sono mai piaciute le cose fini a sé stesse. Non mi lasciano mai niente.
Nemmeno quando queste cose riguardano la sfera del gioco e dei momenti che, per forza di cosa, devono essere considerati senza impegno o futuro, e vanno presi per quello che sono sul momento.

Quindi c'è quel piacere e quel divertimento per ciò che accade e con chi accade...ma sono misti al presentimento che mi resterà tanto amaro in bocca quando saranno finiti o non avranno più ragion d'essere. Un po' perché non so come mi potrei sentirei se mi portassero lì dove voglio. E un po' perché invece so benissimo che non mi porteranno dove voglio che mi portino.
Un cane che si morde la cosa, insomma.

Prima o poi la nebbia dovrà dissolversi. O no?


lunedì 6 ottobre 2014

"IO NON LO SO DOV' E' IL MIO POSTO.
C'E' UN PEZZO DI QUESTE MONTAGNE, POI UN BARATTOLO DI SABBIA,
LO SMOG DELLA CITTA', IL SUONO DEL FRANCESE DEL SUD, LA PIZZA A UN EURO,
IL CALDO, IL FREDDO, 
LA NOTTE SILANZIOSA E LA SERA CON I SUOI MILLE ODORI DALLE CUCINE,
IL PARCO IN CITTA', LA CUCINA UN METRO PER UN METRO, 
IL ROSSO DELLA CAMERA DA LETTO E DUE LETTINI SEPARATI CON LE COPERTE ROSA.
SE SI POTESSE FARE UN FRULLATO DI TUTTE QUESTE ISTANTANEE E BERNE UN SORSO,
ALL'OCCORRENZA."

                                                                (letto chissà dove,scritto chissà da chi...)


"[...]Per un milione di buone (e cattive) ragioni, solitamente non ho molta nostalgia di casa.
[...]La mia costante inquietudine di aver bisogno di essere altrove,di fuggire dalle troppe cose irrisolvibili della mia vita,di sentire sulla pelle e nei miei occhi, ma soprattutto nella mia testa, le luci,l'energia e la velocità di una grande città, sono cose che fanno parte di me da quando ho memoria per ricordare.E, impopolare o no, Torino assolve nel migliore dei modi questi miei bisogni,aggiungendoci quel pizzico di austerità e di pioggia lieve che si sposanoalla perfezione al mio lato malinconico. [...]Questa volta in realtà, ho realizzato una cosa:che non lo so dov'è il mio posto.Perchè quella che guidava per le strade del Salento,che chiaccherava con gli amici,che scrutava gli occhi della nonna per vedere quanto e come resisteva a questa vita,che cercava insistentemente negli occhi del nonno un barlume di ricordo di una se stessa bambina,che cercava di interpretare le assenze e i silenzi di un papà sempre poco comunicativo,non era la me stessa del paesello, ma la me stessa di città.Che indosserà anche la stessa pelle e gli stessi difetti, ma vede e vive le cose in maniera proprio diversa.Ed deve fare uno sforzo,qualche volta enorme e qualche volta no, per riabituarsi a ritmi e realtà del sud.Per sentirsi a casa.Per sentire che in qualche modo appartieni ancora a quelle vie, a quelle visioni, a quelle parole.Per sentire che fai ancora parte della vita dei tuoi affetti.
[...]E un paese che mi fa essere come sono sempre stata, nel bene e nel male, che mi impone di essere sempre responsabile,per me e per chi ho vicino;che mi impone di essere sempre attenta ad ogni virgola,ad ogni conseguenza;che impone il buon senso in ogni caso.Che mi ha imposto un ruolo da adulta quando ero solo una ragazzina spauritae mi fa sentire vecchia e in ritardo sui tempi ora,costringendomi a vivere ad una doppia velocità.Ma allo stesso tempo mi fa assaporare alcune cose alla giusta velocità e senza stordimenti,che ha un calore che non troverò in nessun altro luogoe colori che non brilleranno in nessun altro modo come qui.
Un posto che mi fa essere me stessa in quel modo che è il punto di partenza  per poter essere come ho sempre voluto essere.Ma lontano.E' come vivere in mezzo, tra qui e là."

Scrivevo queste parole più di 1000 giorni fa. E' un tempo lontano, ma allo stesso tempo persistente più del presente stesso.
Al momento non trovo molte parole per descrivere una sensazione che nel tempo si è modulata, ma che non è mai cambiata nel suo senso stesso. Cambia solo la mia età e le esperienze degli ultimi anni che fanno di me quella che sono, nel bene e nel male. Così visto che le parole resterebbero sempre quelle, perché non penso ce ne siano di migliori o di più pregnanti al caso, ho semplicemente pensato di riproporre il post con qualche nota a margine.

Oggi camminavo un po' distratta per la città vecchia e l'ho trovata piccola. Di un'infinita bellezza, ma piccola, in senso lato e letterale. Ho inseguito qualche ricordo di quando, sotto la pioggia, attraversavo lo stretto tratto di strada per raggiungere l'università. E in qualche modo ero dentro a quella realtà e la vivevo come mi era possibile.
E poi ho pensato agli ultimi 8 anni.
E a questo ritorno forzato, questo ennesimo evento a cui il destino beffardo mi ha nuovamente obbligato a intraprendere.
Mi sento come se fossi sola, senza punti di riferimento né voglia di crearmeli perché sento dentro che non é il posto giusto. Che Torino non l'ho mai lasciata, anche se ormai sono quasi due mesi che sono fisicamente qui.
Mi sento un'estranea, al buio, in una stanza di cui pure conosco ogni millimetro cubo.
L'ago della bilancia non è più nel mezzo, come allora, ma ha una direzione ben precisa, ha "scelto" il lato da cui stare.
E vorrei solo  prendere un treno, anche domani. E non avrei rimpianti.