lunedì 28 novembre 2016


" Sempre un villaggio, sempre una campagna / mi ride al cuore ( o piange), Severino: il paese [la Romagna] ove, andando, ci accompagna / l'azzurra vision di San Marino: sempre mi torna al cuore il mio paese / cui regnarono Guidi e Malatesta / cui tenne pure il Passator cortese, / re della strada, re della foresta"
Giovanni Pascoli

Cose che ho imparato dopo quasi 8 giorni passati a percorrere l'Emilia Romagna da Nord a Sud e ritorno:


se ci vivessi, mi nutrirei di Gnocco Fritto come se non ci fosse un domani.
E peserei un quintale. 
Soprattutto quando poi arrivi a Granarolo nell'Emilia, più precisamente a Quarto Inferiore, entri in una gelateria e ci trovi la lasagna Emiliana. 
Altro che metabolismo veloce....


che Bologna ha un'atmosfera che ancora non mi so spiegare, ma era tutta una vita che la cercavo..
che camminare fino a Piazza Maggiore mi ha fatto pensare a tutto il tempo dell'adolescenza in cui ero convinta che sarei finita a studiare lì.E invece.
A volte ancora mi chiedo come sarebbe stata la mia vita qui se invece che al Dams di Torino, fossi entrata in quello storico, ma adesso non ha più tanta importanza.
Ogni angolo, ogni strada con un nome entrato nell'immaginario, era un po' un rimando televisivo, cinematografico, musicale, editoriale, culturale di tanta parte della mia vita vissuta talmente intensamente che ancora ne sento dentro gioie e dolori.
Penso al primo vero reality della storia italiana,ambientato proprio a Bologna, che niente aveva a che fare con il grande fratello. Era il 1995 ed io avevo 16anni e ha cambiato la mia percezione dei mezzi di comunicazione.
Ho camminato sotto i portici "casalinghi" un po' trasandati, quelli che dall'inizio di via San Vitale portano fino a via Zamboni, che nulla hanno a che vedere con quelli eleganti e un po' austeri di Torino, e tutto in un attimo è stato come tornare a vivere negli anni 90, quando c'era solo MTV e ancora i cellulari nemmeno sapevamo come erano fatti.
E' stato come essere alle spalle di Alex e Aidi, con in testa l'accento marcato di Accorsi che continuava a chiedere a Violante Placido perché non stessero insieme,  in "Jack Frusciante è uscito dal gruppo".
E poi è stato inevitabile pensare ala voce di Carboni e a quando nei pomeriggi che dovevo studiare storia invece mi inceppavo sul ritornello di  "faccio i conti con te,anche quando non voglio faccio i conti con te..." o del rap di Puttane e spose, colonna sonora della mia prima cotta e del mio primo bacio.
E soprattutto "Futura", che ho ascoltato per la primissima volte una notte all' 1 in una intervista di Marzullo, e tutto quello che significa ancora questa canzone.

Che quel futuro che non si è mai avverato è come se fosse rimasto lì sospeso, davanti ai miei occhi, come una improbabile possibilità.
A Bologna ci ho impiegato quasi 20 ad arrivare e un forse un cerchio si è chiuso nel momento stesso che sono arrivata fin sotto la Grisenda. Ma non lo so bene.

Che, come leggevo giusto un paio di giorni fa, "Certe persone te le ritrovi dove non ti aspetti. quando giri lo zucchero nel caffè. Mentre guardi la luce rossa di un semaforo. Nel tempo che ci metti a scendere di corse le scale. Chissà come arrivano. E perché se ne vanno". 
A me è capitato alla fermata del bus in una città che non conosco e che non credo approfondirò mai in futuro, vista la nebbia imperterrita e costante.
Ma quei due occhi alla fermata e il sorriso che mi ha accolta come se mi stesse aspettando, come se è li che ci dovevamo trovare, nell'ennesima scena da film della mia vita che come al solito, quando mi capita non colgo. E sono qui che ancora ci penso.

Ma prima o poi sarò di nuovo in strada, e chissà.

giovedì 3 novembre 2016



Sturaro che gira su stesso perché non sa dove ha lasciato la palla è l'esatta metafora dell'intera partita.

#JuveLyon