venerdì 27 novembre 2015

" Oggi è il giorno delle emozioni. Ritorno al Virgilio, la mia scuola, stavolta non per essere interrogato o per fare un compito, torno per prendere servizio come docente a tempo indeterminato. Entro, è tutto cambiato, tutto nuovo, fantascienza per me che ho conosciuto quest'edificio vent'anni fa. Mi fanno accomodare, mi indicano la segreteria, l'hanno spostata, è proprio in quell'aula all'angolo. Seguo le procedure e per la prima volta nella mia vita scrivo sui documenti ' in qualità di docente a tempo indeterminato'. Arriva un professore che conosco, inizia a raccontare barzellette, le segretarie lo richiamano all'ordine devono presentagli il nuovo docente, io con un sorriso rispondo " ci conosciamo già, ho studiato qui." La segretaria è cordiale e allegra: " Ah, ecco professore! Per questo ha fatto quella faccia così emozionata quando entrato?" . "Si, questa era la mia classe, ero seduto proprio lì'". Continuo a compilare i moduli, di solito sono cose che si fanno in una fredda segreteria, a me il destino invece ha donato una grande scenografia, la mia classe del liceo e mentre firmo carte e inserisco codici mi sembra che quel ragazzo che ero mi guardi da dietro al banco trovando finalmente la risposta alla domanda " cosa farò da grande?". La presa di servizio a tempo indeterminato è avvenuta proprio tra quelle mura spesso offese dalle mie vandaliche scritte, quelle mura che oggi sembravano dirmi ' bentornato a casa, ti stavamo aspettando".
un amico e compagno di liceo, su FB

L'infinita bellezza di tutto ciò. 
Questa è una di quelle cose che non pensavo mi avrebbero mai commosso tanto, forse perché non ricordo con piacere gran parte del tempo trascorso a liceo: quel tempo coincide con momenti tristi e duri della mia vita e un'immagine di me stessa che ho cercato in tutti i modi di lasciarmi alle spalle. E non so se ci sono riuscita, per la verità.

Mentre leggevo mi son venuti i brividi a pensare ai giri immensi che fa un destino per compiersi.
Poi sono arrivata al "per me che ho conosciuto quest'edificio vent'anni fa" e ammetto che ho pianto un po'. E' stato inevitabile: con la mente ho attraversato il cortile del mio liceo, varcato la soglia e ripercorso l'edificio da capo a piedi. Le aule, le classi, i bagni, l'atrio dove si svolgevano le assemblee d'istituto, la palestra piccolissima ( prima di diventare un liceo quel posto era stato un asilo). E i ricordi di cinque lunghi difficili e intensi e confusi anni: i volti di ognuno dei professori e le rispettive materie( le prime due ore del lunedì ai tempi del ginnasio erano il mio terrore più grande:matematica e Fisica); i volti degli studenti e di alcuni tipi che erano dei personaggi ancora prima che io arrivassi e che lo sarebbero stati ancora di più durante la mia permanenza in sede; la prima faccia che ho incontrato la prima volta in assoluto che sono entrata li, nel settembre del '93 (l'allora rappresentate d'Istituto, tale Alberto Licci. 3B. Gran bel ragazzo...); i miei compagni di classe, le mie compagne di banco negli anni( sempre l'ultimo banco, in fondo a sinistra, vicino al muro); rivedo me stessa che leggo " Il Maestro e Margherita" nelle mezz'ore libere che ci lasciava il professore o scrivo una qualche canzone o una citazione. Leggevo sempre, scrivevo qualcosa sempre. Le mie smemo erano giganti e pienissime, fittissime di pensieri e racconti e fotografie. Da quanto ne so, erano delle vere e proprie "letture alternative" per alcune compagne. E poi le occupazioni, la cotta infinita per F. e tutto quello che ne è conseguito, le amicizie che sono ancora parte integrante della mia vita di adesso. I giorni dei miei esami di maturità. Mi è tornato in mente praticamente tutto, come se tutta la mia vita mi fosse passata davanti in un lampo.
Uno di noi è tornato lì e ci resterà a tempo indeterminato come professore.
E niente, non è una cosa che mi tocca direttamente, ma allo stesso tempo il modo in cui lo racconta mi ha provocato stasera un turbinio di emozioni e pensieri che mi hanno tolto il respiro. 

Sarà che sono passati vent'anni ed io ancora non lo so cosa farò da grande.
E invidio molto quest'amico che, in un modo totalmente imprevedibile e inaspettato, è "tornato a casa" ed è diventato grande".

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