venerdì 25 settembre 2015


L'ho guardato pensando tantissimo ad Angelica ed alla piccola Ambra, la bimba di cui mi occupo adesso.
E' inevitabile, guardando questo film, pensare ai meccanismi meravigliosamente strani e insondabili della mente di un essere umano, che regolano il nostro essere e ci rendono unici. E' stato un po' come quando da bambina guardavo Siamo Fatti Così, ma questo film è ovviamente un gradino oltre sia per livello tecnico, che per livello narrativo. E' un viaggio emotivo totalizzante, che racconta attraverso tante sfumature, quanto sia complesso il nostro modo di imparare a stare al mondo e calibrare noi stessi alle grandi complessità che comporta.
Mi sono chiesta se anche le mie piccoline, lì, nella loro piccola grande memoria,tra le isole della personalità che svilupperanno attraverso le esperienze, hanno un ricordo particolare, un ricordo base, che le riporterà sempre a me.
O se, con il tempo, mi trasformerò in un ricordo sbiadito...magari mi toccherà la stessa sorte di Bing Bong, l'amico immaginario di Riley. 
Chissà. 

Certamente questo film confuta, in qualche modo,una tesi di vita in cui credo e crederò sempre molto: il mondo brilla di tristezza. E il motore che fa girare il mondo,e rende la vita interessante e degna di essere vissuta, è questo nostro continuo affrontare la tristezza delle cose, trovando in essa lo spiraglio di luce per andare avanti. Esiste una parola giapponese che ne esprime l'esatto significato: mono no aware, letteralmente "sentimento delle cose", che esprime la "consapevolezza della precarietà delle cose e il lieve rammarico che comporta il loro trascorrere".
In uno dei miei libri preferiti ( Felicità di Will Ferguson), lo scrittore ad un certo punto afferma che " le persone infelici sono infelici ognuna a modo proprio, quelle felici lo sono tutte allo stesso modo". Ed è questo che ci rende umani: non la felicità, ma la tristezza di fondo.

Ecco.


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