lunedì 22 giugno 2015

"Nessuno può mettere in dubbio che le cose ricadano. Un signore si ammala e, un mercoledì, all'improvviso ha una ricaduta. Una matita sul tavolo ricade di continuo. E le donne, come ricadono! In teoria a nulla o a nessuno verrebbe in mente di ricadere ma si è comunque soggetti a farlo, soprattutto perché si ricade senza averne coscienza, si ricade come se non fosse mai successo prima. Un gelsomino, per fare un esempio profumato, quel suo biancore. Da dove proviene la sua faticosa amicizia con giallo? il semplie permanere è una ricaduta: il gelsomino, dunque. Per non parlare delle deplorevoli parole, sempre pronte a ricadere, o delle frittelle fredde, che sono la ricaduta perfetta. 
Contro tutto ciò si impone pazientemente la riabilitazione.
Nelle peggiori ricadute c'è sempre qualcosa che lotta per riabilitarsi, nel fungo calpestato, nell'orologio fermo, nelle poesie di Perez, in Perez. Ogni cosa che ricade ne ha già in sé una che si riabilita, ma il problema, per noi che pensiamo la nostra vita, è confuso e quasi infinito. Una lumaca secerne e una nube assopita; di sicuro ricadranno, ma una compensazione a esse estranea le riabilita, fa si che vadano inerpicandosi al meglio di se stesse prima dell'inevitabile ricaduta.
Ma noi, cara zia, come faremo, come ci renderemo conto di essere ricaduti se alla mattina stiamo così bene, dopo un buon caffellatte, e non riusciamo a valutare fino a che punto siamo ricaduti nel sonno o sotto la doccia? e se sospettiamo una nostra ricaduta, come faremo a riabilitarci? C'è chi ricade quando arriva in cima a una montagna, alla conclusione del proprio capolavoro, quando si rade senza un taglietto; non tutte le ricadute vanno dall'alto in basso, perché sopra e sotto non significano un granché quando non sappiamo più dove ci troviamo. Probabilmente Icaro credeva di toccare il cielo quando annegò nel mare omonimo, e Dio ci scampi da un tuffo così maldestro.
Cara zia, come faremo a riabilitarci? 
C'è chi ha sostenuto che la riabilitazione è possibile soltanto evolvendosi, ma ha dimenticato che ogni ricaduta è un'involuzione, un ritorno al fango della colpa. In effetti, siamo quanto di meglio riusciamo a essere perché ci evolviamo, usciamo dal fango in cerca della felicità e di coscienza e piedi puliti. Chi ricade quindi è qualuno che subisce un'involuzione,e di conseguenza nessuno si riabilità senza evolversi.Ma pretendere di riabilitarsi evolvendosi è una triste ridondanza: la nostra condizione è la ricaduta e l'involuzione, e a me sembra che chi ricade dovrebbe riabilitarsi in altro modo, che comunque ignoro. Non soltanto lo ignoro, ma non ho neppure mai capito in quale momento mia zia e io ricadiamo. Come riabilitarci, dunque, se magari non siamo ancora ricaduti e la riabilitazione ci trova già riabilitati? Zia, non sarà questa la risposta, adesso che ci penso?
Facciamo così: tu ti riabiliti e io ti osservo. Per vari giorni di seguito,insomma, una riabilitazione continua, tu passi il tempo a riabilitarti e io ti osservo. O al contrario, se preferisci, ma a me piacerebbe se cominciassi tu, perché sono un tipo modesto e un buon osservatore. Sicché, se io ricado negli intervalli della mia riabilitazione, mentre tu non lasci tempo alla ricaduta e ti riabiliti come in un cinema a spettacolo continuato, in poco tempo la nostra differenza sarà enorme, tu arriverai così in alto che sarà un piacere vederti. A quel punto, saprò che il sistema ha funzionato e comincerò a riabilitarmi furiosamente, metterò la sveglia alle tre del mattino, sospenderò la mia vita coniugale e le altre ricadute che conosco perché rimandano solo quelle che non conosco, e magari a poco a poco un giorno saremo di nuovo insieme, cara zia, e sarà così bello dire: " adesso andiamo in centro e ci prendiamo un gelato, il mio tutto di frutta e il tuo cioccolato con un biscottino".
Julio Cortazàr, Cado e mi rialzo, Il giro del giorno in ottanta mondi


Io ricado. Sempre. Anche quando è umanamente impossibile nemmeno pensarla, la ricaduta. Sono senza speranza e ricado. E me ne prendo la responsabilità, soprattutto in questo caso.

Tuttavia, lo scrivo qui perché rimanga impresso nero su bianco,come avvertimento, come un " vi ho avvertito prima!".
Le persone che mi orbitano intorno (soprattutto gli uomini che si credono furbi e mi credono più stupida di quello che in realtà sono) non hanno capito una piccola cosa:
solitamente, anche quando non ricado in niente, io lascio passare un po' tutto. Soprattutto le cose brutte e gli atteggiamenti fastidiosi, senso di superiorità compreso. 
Ma arriva un momento, non calcolato né prevedibile, magari nemmeno collegato con la situazione specifica, in cui nella mia testa scatta un molla. 
E' il bottone del limite oltrepassato. Io, o il mio diretto interlocutore del caso, sia esso un amico, un amante, un parente non importa, raggiungo il livello oltre cui non è più possibile pensare un oltre, ma c'è solo il buio. 
E non c'è più niente e nessuno che possa rimediare. 
Nessun fatto, nessuna parola, nessuna azione.
Raggiunto quel limite io non lascio più passare niente. Non perdono più niente. Non credo più nella bontà o nella buonafede di quello che mi viene detto o delle azioni che vengono fatte. Il problema è che è una cosa estrema e la applico anche alle azioni buone e positive, persino alle buone intenzioni. Se raggiungo il limite, chi ho di fronte non è che non esisterà più, semplicemente per me sbaglierà anche quando farà una cosa buona e meritevole. Perché sarà troppo tardi per qualsiasi miglioramento, perché a me non interesserà più cosa di buono avrà da offrire oggettivamente.
E non ritorno mai indietro solitamente. Anche continuando a frequentare il soggetto, sarò per sempre prevenuta nei suoi confronti e l'unica cosa che sarò in grado di mantenere sarà un cordiale silenzio e, mio malgrado, un atteggiamento di sussiego, se non di totale disinteresse.

Ecco, questa cosa capita poche volte. Perché poche volte una persona è talmente importante per me da avere un'ascendente così forte o da spingermi a reazioni che non hanno una soluzione.
Ma questa volta è successa. E adesso basta.


# La mia volontà che raggiunge il suo livello più basso. Ed ha i tuoi occhi e la tua voce.
# Si, lo so, me lo avevano detto. In tanti.
# Cose che capisco, ma non imparo mai.
# Delusioni che non hanno una fine
# i paletti che diventano muri.
# e niente più gelato.

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