mercoledì 6 agosto 2014

" Ci sono delle cose che sto cercando le parole per dire. Ma questi ultimi tre mesi sono i vent'anni più lunghi della mia vita e non ho ancora capito bene la differenza tra inizio e fine, tra sì e no, tra cose e parole, tra me e me. Trovo invece peli di gatto sui vestiti abbandonati sul letto, vestiti abbandonati sul letto, un biglietto scritto da me sul mio tavolo, e un posto per me alla mia tavola. Un posto per me nel mio letto, un posto per me al sole per strada, un posto per me in un pensiero mio fatto da me. Come quasi finalmente esistessi anche io in una realtà che ancora non so dire."
Teiluj

Come dice AmicoB., nell'ultimo mese il destino sta giocando con me.
Prendo decisioni sul mio futuro che vengono continuamente contraddette e ribaltate dagli eventi. Vivo una versione della mia vita ancora più schizzata e instabile del solito, è come se ballassi con un'entità mascalzona un valzer improvvisato di molti passi indietro e pochi passi avanti. E non mi posso fidare del mio compagno perché mi lascia sempre cadere ed io non sono poi granché come ballerina di valzer. Tengo male i tempi di battuta, credo.
Continuo poi a camminare o correre In direzioni che mi si presentano alla rinfusa e che io prendo, spinta a volte dall'inerzia, a volte dalla necessità di cambiare, a volte per stanchezza e disperazione.

Ho bisogno di prendere un po' di fiato, ma non so come, né quando, né quale sia il posto giusto per farlo. So solo che sono divisa tra due città e due vita agli antipodi e che il tempo di partire si avvicina sempre di più, nonostante il mio volere. Ed io non so più cosa è giusto fare, cosa è meglio fare, cosa voglio fare. E cosa bisogna fare per dare una direzione a questa mia vita che non so più come prendere. E forse non ho mai saputo come fare ed per questo che mi ritrovo qui così.

E quando capita che rallento, per la verità, capita semplicemente che mi sciolgo in lacrime: per strada, passando accanto a posti che mi piacciono un sacco e che per molto tempo non vedrò, aspettando persone o salutando amici. Quando saluto D., il mio collega preferito e sportivone che cerca di farmi vedere sempre le cose in maniera positiva, mentre ci scoliamo due chupiti dai nomi strani. Mentre sono in autobus verso le più svariate direzioni e vedo Torino passarmi negli occhi velocemente. Mentre impacchetto la mia vita e faccio un trasloco da sola, combattendo con ricordi che arrivano all'improvviso e scatole che non si vogliono chiudere. E valigie troppo pesanti. 
E la pioggia incessante che fino a ieri ha impedito all'estate di arrivare. 
Quest'anno ho pianto sotto la pioggia scrosciante per ben due volte, colta da un paio di acquazzoni cattivi mentre attraversavo la città da un capo all'altro. Pioveva così forte e tanto che quando ho raggiunto la mia destinazione ero fradicia dalla testa ai piedi, ma ancora molto di più lo ero dentro.

Piango mentre aspetto un treno, seduta su una panchina di una piccola stazione di provincia, che potrebbe tranquillamente essere quella del mio paesello giù al sud.
Piango aspettando questo treno che mi riporterà a Torino dopo una notte a casa tua, che potrebbe essere stata l'ultima, per un sacco di motivi.
Piango perché non ti sento vicino quando vorrei, né quanto vorrei, ma non ci posso fare niente. Perché questa cosa è nata così, già sbagliata e incasinata in partenza per poter andare bene; perché ci sono cose della mia vita che questa storia ha finalmente risolto e non te lo posso nemmeno dire perché ti farebbero scappare e comunque non avresti interesse a saperle; perché vorrei capire come stanno veramente le cose, vorrei capire cosa vuoi tu e soprattutto cosa voglio io (perché ammetto che non lo so se sei proprio tu quello che voglio). 
Ma noi siamo quelli che siamo e magari la verità è che questa cosa, al punto in cui siamo, non significa niente per entrambi, nonostante continuiamo a non chiudere definitivamente la porta e allo stesso tempo non ci sforziamo di aprirla bene per vedere se dietro c'è una stanza nuova e abbastanza grande da contenerci entrambi con tutto quello che siamo e ci portiamo dietro.

Piango anche adesso che ho guardato l'ora e devo scappare a lavoro. E sarò nuovamente in ritardo anche questa volta. E non ho scritto tutto quello che avevo bisogno di dire.

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