domenica 29 dicembre 2013

"E se non lo  trovo[un nuovo amore] non importa. Preferisco la libertà di rimanere per sempre a cercarlo, che l'orrore di sapere che non esiste un altro che io possa amare come ne ho amato solo uno in questa vita"

Gabriel Garcia Marquez 

Mi porto avanti con i propositi del nuovo anno.

To be continued...

giovedì 26 dicembre 2013

Anche questo Natale è andato...


Sono uscita di casa, ad un orario decente, con una bottiglia di Negramaro.
Alle 4 del mattino il contachilometri della mia auto segna 165km
ed io ho una bottiglia di Passito e la foto del culo delle renne.

Qualcosa non mi torna.

mercoledì 25 dicembre 2013

"Vorrei portarti con me.
Resisteresti poco, al freddo senza l'afa estiva ma sarebbe un'esperienza diversa no? Poi ti riporterei indietro, come è giusto che sia. Ma per un po' ti porterei con me.

Ti racconterei le cose che non avrò il tempo di finire di dirti. Solo per quello, per trovare il  modo che duri di più. Ti farei guardare il  mare freddo, così apprezzeresti il tuo. Ti fare una foto e la lascerei nel cassetto per le volte che avrò voglia di guardarti con i capelli scompigliati e il sorriso accennato.
Mangeremo e dormiremo poco perché non ci sarebbe il tempo; tutto quello che vorresti cercherei di dartelo. Ti farei esprimere un desiderio e lo esaudirei. Solo uno, perché tre non sarei capace.

Ti farei almeno un paio di domande scomode, perché così ti fideresti di me; perché così, se ti telefonassi almeno una volta, sussulteresti un pochino e quando deciderai di andare via, ci sarà almeno una volta in cui vorrai tornare.

Vorrei che ti fossi innamorata di me, per chiedermi di restare. Ma forse tu impieghi tanto per innamorarti e allora è per questo che vorrei portarti con me: per farti innamorare.

Verresti?

No, non verrei. Perché dovrei? Non credo che mi riporteresti indietro, non voglio che tu faccia di tutto per me. Il suono è simile a quello della tua voce, non della mia: vorrei che lo capissi e te ne rendessi conto. Le tue parole sono esigenti e mi stringono al cuore. L'unisono tra di noi non funziona. Il moto di due anime in una non esiste. Non vorrei foto di questo momento, né motivi per lasciare che non finisca. E' doloroso da ricordare. Cosa c'è di poetico in una sensazione moritura? Se lo volessi, non farei in modo che arrivi la fine. Perché è questo il punto: io sto facendo in modo che l'ultimo secondo di tutto accada, capisci? Permettimi di dire di no. Permettimi di  non esserti accanto. Permettimi di decidere di non esserci come vuoi tu.
Pensare che sia per due, per renderti i pensieri più facili; lo sai che mi stai raccontando una bugia mentre mi chiedi "verresti?"
Certo che lo sai.
Venire? Cosa potrebbe dire? Cosa saremmo?

La  mia automobile scivola da sola verso casa mentre rileggo le tue parole. Cerco di trovare interpretazione, tentando di valicare le frasi così come sono - cunei - e trovarci l'intenzione inespressa di dire altro. Cerco titubanze, virgole, mi soffermo sui dettagli. Ma io di dettagli non capisco nulla. Non so come sono fatti, in verità.

Potrei rimanere attaccato alla balaustra a due mani, mangiare tutte le merendine della macchinetta accanto all'ingresso del gate pur di restare a guardare il fiume da un lato e la strada dall'altro. Fissare l'asfalto fino a farmelo entrare negli occhi e bucarmeli per non vedere la via di casa: questo dovrebbe accadere affinché io vada via da qui e mi rassegni alle tue parole. Credevo di essere capace di rimanere in silenzio a guardare.
Sono solito pensare di me cose molto positive: grande cuore, grande testa, spirito d'iniziativa, forte indipendenza; pensavo di non essere capace di stare a guardare inerme.
E' una di quelle circostanze che non si addicono agli spiriti vincenti. E' come ammettere di avere un buco scoperto e lasciare che qualcuno ci infili un dito dentro, stracciando carne e tessuti, graffiando vasi, fino a tingere di rosso i vestiti e non poter, così, celare l'affanno.

Eppure io sono un tipo sveglio, non mi lascio abbindolare facilmente; ho sempre saputo tenere a distanza e prosciugarne il necessario. Ecco, si: non sono mai andato al di là del necessario con quasi nulla. Solo di foglie d'albero ne ho troppe, perché ne faccio collezione.

Ne ho mangiate molte merendine della macchinetta ma adesso, alla guida, con le mani poco convinte e smaniose, non ne ricordo il sapore singolo e anche gli incartamenti mi paiono tutti uguali. Non posso distinguere il caramello dal fiordilatte e questi dal cioccolato: ho un solo amalgama appiccicaticcio nella bocca.

Mi sembra strano sentirmi così sopra le righe. Mi sembra strano, ancora, sentire quegli occhi addosso. I tuoi e i miei insieme, che erano altro, lo sono stati lo so, lungo il fiume e poi sono irrimediabilmente scomparsi dopo un battito di ciglia. Un movimento fisiologico ne ha decretato la fine ed io lo vado cercando, adesso, mentre mi dirigo verso casa, seguo la scia per provare a seguirti.

Che pena. Sperare, intendo. E' la pena di chi non sa rinunciare.

Non so raccontare una volta in cui tu mi avevi detto di essere felice, in effetti. E nemmeno una volta in cui te l'ho detto io, d'altronde. Non credo minimamente di esserti venuto incontro per davvero, con foga ed eccitazione, per abbracciarti di sorpresa.
Non mi viene in mente la prima volta che t'ho vista. So quand'è, con precisione, perché io ero al bancone di un bar con una ragazza che mi piaceva molto. E che ho abbracciato di slancio e voluto tante di quelle volte da essermene invaghito e addirittura innamorato ad un certo punto.
Ricordo d'averti preso in consegna nella mia mente, ma non di averti visto. Non so nemmeno cm'eri vestita. So solo che ti sei passata una mano tra i capelli, il gesto più comune che si possa recuperare nella memoria. Eppure io l'ho registrato. In realtà potrebbe essere falso. Potrei aver traslato la mano di un altro sulla tua e adesso cucirti addosso un movimento che non t'è appartenuto. 

Avevi un braccialetto che si compra al mare, di quelli di cotone colorato, che dicono porti fortuna e poi, un giorno si spezzi per far avverare un desiderio. Di quelli che hanno tutti, eccetto me, poiché io non li sopporto: rimangono bagnati per ore, dopo la doccia, ed umidi sulla pelle.
Mi sono chiesto quale potesse essere il tuo desiderio. E' la prima cosa su cui mi sono interrogato guardandoti quella volta e pensandoti nei giorni successivi. Se tu avessi un desiderio sopra tutti, se fosse legato a quel braccialetto o a un sentimento. Ho sentito il bisogno di saperlo, come se fosse il tuo nome.
Avevi anche un anello costoso. Sottile, ma prezioso. Un anello facile, che non sorprende se lo regali. Non so perché l'avessi notato. Niente a che vedere coi tuoi occhi, mi rendo conto. A chiunque avessi chiesto di te nei giorni seguenti, continuavo a dire di non avere in mente i tuoi occhi: eppure erano meravigliosi. Non mi viene un'altra parola in mente. Dovrei inventarla ma non sono capace, tu lo sai. Posso fartelo intuire ma non so spiegarlo.

Non capisco perché non me li sono incollati addosso. Avevo notato di te solo i dettagli peggiori fra tutti gli altri; ciononostante ti cercavo già il giorno dopo. Mentre passeggiavo sotto casa tua, nelle sere a seguire, speravo di notare i tuoi movimenti alla finestra oppure con chi saresti uscita. Desideravo vederti da sola, che, una volta sull'uscio, ti guardassi intorno e vedendomi rimanessi piacevolmente compiaciuta.
Avrei voluto essere io nei tuoi sogni, a ispirare i tuoi sonni e farti felice. Ma lo so di non potere. Eppure questa consapevolezza non m'ha fatto smettere di volerti portare via con me.

Non capisco. Non capisco cosa vuoi dire. Mi pare assurdo che tu pensi di poter amarmi, Quanto abbiamo passato insieme? Non capisco perché tu voglia portarmi con te. Non sai nulla.

Ti ho rubato anche un sorriso triste quella sera. E' andata così: io ti ho guardata per un momento, mentre ti passavi le mani nei capelli, e stavi sorridendo, ma non alla persona con cui parlavi, Sorridevi, rivolta verso il basso come per un pensiero veloce da far svanire. E, rivolto di nuovo il tuo volto verso l'alto, ti ho sorpresa triste, come se quel pensiero felice andasse celato.

Sorridi solo quando qualcuno o qualcosa ti fa ridere, ma non dovresti. A me piace, ma non dovresti. La felicità pare che si auguri a tinte pastello e così mi tocca fare, con te, adesso: cercare di farti togliere dal viso i tuoi sorrisi tristi, come ho sempre fatto, d'altronde.

Potremmo essere in giro a passeggiare in una città qualunque, col caldo, mano nella mano e io dovrei accorgermi del tuo sorriso triste e allora darti un bacio o prenderti il viso e farti fare una smorfia che mimi la gioia. Sorrideresti e il mio desiderio di felicità per te sarebbe compiuto. La verità è che i tuoi sorrisi tristi a me piacciono, perché a te stanno bene, perché li sai trattare, li sai adoperare e mettere in fila senza che rompano le righe. Se lo facessi io sarei penoso.

Questo è il punto: faccio pensieri e desidero cose nuove. Non importa cosa so. Per la prima volta, non importa. Non so da dove vengono o come si chiamino e non potei spiegarle a nessuno eccetto te, con un po' di tempo, con un po' di pause, con quei silenzi che non saprei riempire,all'inizio. Ma potrei imparare.

Sono un pessimo romantico, lo ammetto. E' per questo che non sono riuscito a farti innamorare. Lo so che è così. Ho immaginato che potessi bastare io, con i miei modi normali e l'aria spavalda. Finalmente sicura. E del tempo, per spiegarti quello che manca, per farti vedere che ne sarebbe valsa la pena, alla fine.

Ho provato, che dire a farmi scegliere. Ho sperato. dovevo. Era una possibilità, capisci? Come fare a metterla via, a dimenticarla. Forse aspettando, forse non era il momento. Forse io e te abbiamo un altro tempo. Sono sicuro che con qualche giorno in più, ora in più, ti avrei portato via con me. E' l'idea che almeno una volta succeda, no? Hai presente? Quell'idea invasiva e sotterranea che si inabissa o si palesa e lo fa una volta sola e per tutte e se l'avverti non puoi far finta di niente se hai un po' di senno.
Come un sibilo fluttuante e sinuoso.

A me è successo questo: non son riuscito a fare finta di niente, non volevo, in fondo. Non potevo far altro che cercare di portarti con me, dal profondo, per egoismo quasi, per farmi stare bene. Anche se sapevo di non potere. Anche se era rischioso. Anche se tu non vuoi, anche se, infine, la tua felicità non dipende da me.
E non posso fare a meno di chiedertelo di nuovo. Solo per essere sicuro.

Verresti?"

Italo Calvino, da Prima che Tu dica pronto

Quel momento in cui vedi riassunte in poche righe  pezzi di vita che hai avuto o così come vorresti che fossero stati...e i pensieri di un anno che sta finendo (o, a ben vedere, anche quelli di una vita intera). 

lunedì 23 dicembre 2013

" Ho provato, che dire, a farmi scegliere. 
Ho sperato. Dovevo. Era una possibilità, capisci?
Come fare a metterla via, a dimenticarla. 
Forse aspettando, forse non era il momento. 
Forse io e te abbiamo un altro tempo.
Sono sicuro che con qualche giorno in più,
ora in più, ti avrei portato via con me.

E' l'idea che almeno una volta succeda, no?
Hai presente? Quell'idea invasiva e sotterranea che si inabissa o
si palesa e lo fa una volta sola per tutte e se l'avverti 
non puoi far finta di niente se hai un po' di senno.

Come un sibilo fluttuante e sinuoso. A me è successo questo:
non sono riuscito a fare finta di niente, non volevo, in fondo.
Non potevo far altro che cercare di portarti con me, 
dal profondo, per egoismo quasi, per farmi stare bene.

Anche se sapevo di non potere.
Anche se era rischioso.
Anche se tu non vuoi, anche se, infine, la tua felicità non dipende da me.
E non posso fare a meno di chiedertelo di nuovo.
Solo per essere sicuro.
Verresti? "
Italo Calvino, Prima che Tu dica pronto.


Sono seduta sul divano della cucina di casa (quella del paesello, al sud).
La casa di quand'ero bambina, che è troppo enorme e troppo fredda e troppo priva di quel calore familiare proprio del periodo. E di una famiglia in generale. 
Ma almeno non è piena di lucine e non ha un albero di natale in bella vista.
Sono seduta in un angolino, mentre mia sorella come al solito occupa tutto il resto e dorme sotto tre coperte di lana, nonostante abbia detto "dai guardiamolo questo film!".
Mi sento un po' disorientata, come la mia gatta che continua a girovagare e 
ancora non realizza dove siamo.
Mi sento lontana da casa, ma alla fine so di essere a casa, so che appartengo a questo posto. In un modo o in un altro. Ho solo deciso di vivere in maniera diversa.

Sono a casa, ed ho cominciato le mie "vacanze natalizie" da appena 4h. 
E ho deciso di farlo guardando The Holiday,che in pratica è l'unico film in cui persino Jack Black sembra un gran figo e l'uomo ideale, ma è anche un film che si apre con un monologo in cui la protagonista cita Shakespeare e l'amore non corrisposto. (!!!)
Sarebbe il caso di dire cominciamo bene.

Questa mattina ho preso il treno ad un orario improponibile ed avevo dormito solo 4 ore.
E sono stata puntuale e ho cercato di ignorare il fatto che non avevo nemmeno voglia di essere puntuale, che speravo di perdere il treno.
E invece no.
E non avevo lasciato nemmeno il Piemonte che sono stata sopraffatta dal magone,
senza poterci fare niente.
E i motivi giusti per piangere si sono mischiati al sale di quelli sbagliati, sotto gli occhi del mio vicino di posto che mi ha guardata un po' preoccupato, ma almeno non mi ha fatto domande.
E tra i tanti pensieri che avevo per la testa, mi sono chiesta se mi sentirò così...
se, quando capiterà che sarà il momento, perché è vicino e arriverà,
e accadrà che partirò e non tornerò più davvero, 
e lascerò luoghi, angoli, parole, persone, pezzi di vita, pensieri, malintesi, tempi che non coincidono, persone che non tornano o non arrivano, sensazioni che...
si, insomma, mi sono chiesta se mi sentirò piccola e non riuscirò a sostenere quel leggero dolore in punti che non sapevo nemmeno di avere dentro. Proprio come oggi.

Spero vivamente di avere le spalle più larghe di quanto io stessa immagino, per uscire indenne dalle tempeste che ho dentro.
Spero vivamente di riuscire a far finta di niente, se dovesse essere necessario,
e continuare ad andare avanti, in qualunque modo andranno le cose nei prossimi decisivi 30 giorni.

domenica 22 dicembre 2013


(source: facebook)

Voglio bene ai miei amici. Soprattutto quelli che sono dei cultori della materia e, ben sapendo quanto io sia inetta in campo matematico, mi fanno gli auguri sul socialcoso così. 
Non amo il Natale...ma con questo almeno rido.

sabato 21 dicembre 2013

(Andata + Ritorno)


Pack bags.

Quel momento in cui guardi il calendario e sai che manca solo un giorno alla partenza.
Quel momento che sai che devi deciderti a fare le valigie e non hai voglia.
Quel momento che pensi che torni, certo. Ma il fatto che sai che potresti non restare ti fa venire ancora meno la voglia.


venerdì 20 dicembre 2013

" C'è un luogo dove dormi e il tuo respiro io non lo sento, non lo sento mai.
Fra i nostri due riposi è la città spavalda...strade, fragori, alterchi, gente e tetti 
e come due leoni sul sagrato remoti e fermi,
chiusi in una forma,
noi vigiliamo la nostra distanza."

Maria gloria Sears, 1954

mercoledì 11 dicembre 2013

" SE NON SONO QUELLA, NON SARO' UN TENTATIVO, NON SARO' UN'ALTERNATIVA, NON SARO' L'ALTRA, NON SARO' UN'AMICIZIA, NON SARO' LA COMPAGNA DI QUALCHE NOTTE CALDA, NON SARO' L'ALLEGRIA, 
SE NON SONO QUELLA, NON SARO' NIENTE."
Un altro magnete. A caratteri cubitali.

sabato 7 dicembre 2013



uhmmm...dovrei chiedere...
(la maglia è comunque spettacolare.)

martedì 3 dicembre 2013

"Un caffè" disse il vento. 
Aveva soffiato tutta la notte. Era un po' stanco, aveva bisogno di un attimo di pausa prima di riprendere il lavoro. Gettò un'occhiata alla vetrina dei dolci, ma non aveva fame.
"un caffè...forte e caldo!" . La nuvola barista, arrossì. Perché gli veniva leggero e tiepido. Le nuvole non sanno fare il caffè. I temporali invece si. Ma lo fanno lungo. Nella tazza grande. E al vento non piaceva la tazza grande.
"Ecco il suo caffè!" disse la nuvola, mettendogli la tazzina davanti. 
Il vento lo guardò. Capì subito che faceva schifo. Dalla schiuma smorta. Mise una bustina di zucchero, girò appena. Lo bevve in due sorsi. Trattenne una smorfia e fece un cenno di saluto al cielo azzurrino sbiadito, seduto composto a un tavolino, in fondo al bar. Il cielo alzò gli occhi dal giornale, stava guardando le previsioni del tempo. Ricambiò il saluto. Al vento piaceva fermarsi in quel locale. Conosceva tutti gli avventori abituali: il cielo della mattina, la pioggia, la neve, stelline che avevano tirato tardi e la luna che arrivava, finito il turno di notte, sempre con la faccia un po' sbattuta. Beveva il suo cappuccino, stordita, lasciando il segno del rossetto sul bordo. Il vento sbirciò le gambe, accavallate sotto il tavolino. Belle gambe nervose. Gambe di luna. 
Avrebbe voluto fermarsi a parlare con lei ma non aveva tempo. 
Doveva ricominciare a soffiare. Tirò fuori un foglietto di tasca. Si era preso degli appunti per quel giorno...Idee che li erano venute in mente, su dove soffiare... anche per cambiare ogni tanto. Rilesse un po' a fatica, tra correzioni e cancellazioni...soffiare sulle delusioni...sui desideri imprecisi...su tutto quello che sparisce prima ancora di essere visto....soffiare su quello che sfugge sempre, sulle fantasie solitarie, sui pensieri fragili, sulle sensazioni che cambiano...oppure soffiare sulle lenzuola di un letto sfatto...o sulle cose infilate dentro un vecchio baule...soffiare sulle difficoltà di sapere dimenticare, sulla latitudine e la longitudine di un pensiero in fuga...
Il vento piegò il foglio e lo rimise via, soddisfatto. Gli piaceva essere vento. Gli piaceva soffiare. Cambiare direzione. Avere idee nuove. Come creare un vortice e spazzare via tutto. Aveva anche questa idea. 
Un giorno lo avrebbe fatto.
Non adesso. Non ancora.
Un giorno. Non  ora. 
Un giorno. Avrebbe soffiato più forte."
Massimo Cavezzali -Facebook

Ho immaginato che questa sarebbe una bellissima storia della buonanotte da raccontare alla mia piccola A.
Ed ho anche immaginato di essere il vento di me stessa, che non so se può essere un concetto comprensibile ad altri come lo è per me. Un mio amico chioserebbe con un "ha senso". Ma ammetto che non lo so se ha proprio senso.
In ogni caso l'ho trovato bello, così lo riporto qui per poterlo rileggere ogni volta che ho voglia e bisogno.


lunedì 2 dicembre 2013

Innamorarsi, 1984, dir. Ulu Grosbard

E magari morirò / di tanto amore / magari no / chi lo può dire? / Un anno e più non è uno scherzo / può renderti diverso / un anno è una fotografia / di te stesso che vai via. / E lei è lei, non può cambiare / dolcissima e immortale. / Presto, dov'è la mia faccia più dura / che non veda che ho paura./ E mentre andrò dovrò pensare / tu non sei uomo da piegare / quante ne ho avute, quante ne ho volute / e poi dimenticate. / C'è chi mi odia per gli amori da un'ora / e chi mi cerca ancora / e non sa che avrei bisogno stasera / più che altro d'una preghiera. / Perché so / perché lo so./ Di tanto amore morirò[...] Avrò la faccia più dura / [...] ha i suoi motivi la paura / dovrei saperlo già da un po'.
Ehi come stai sapore amaro / di appuntamenti a cui mancavo / di pensieri sempre più buoni / cancellati dalle intenzioni. / Estate di corsa temporali d'agosto/ e poi cambiare ad ogni costo / ehi come stai, sapore amaro / di una fine sicura.

Ivano Fossati, Di tanto amore, 1979

Ho visto il film qualche giorno fa e, mentre cercavo un video che ne contesse i momenti più salienti, mi sono imbattuta in questa canzone di Fossati.
Ed è subito loop.

#1 : quando la risposta è "mi piace che mi piaci" vuol dire che c'è tutto quello che ci deve essere!
#io:  io ho pensato che è come dire "mi piaci anche se magari come sei davvero non mi piaci per niente". La gente spesso non è bella, nemmeno le persone che amiamo lo sono.
#2:... perché gli amori non si cercano, capitano!
#io: perché le persone non si scelgono, succedono...


Al di là di tutto, concludo dicendo solo che Cavez è un genio per aver scritto una cosa che mi gira in testa da sempre: "mi piace che mi piaci, riguarda me la cosa!".

"Quando va tutto bene, alla fine ti senti stanco in un modo molto bello. Ecco, provi una stanchezza davvero molto bella" 
David Foster Wallace, Un antidoto contro la solitudine

Per la verità, nella mia vita, ora, non c'è niente che vada bene.

Ma ci sono quelle giornate che entri in macchina della Famiglia del Mulino Bianco e c'è quest'esserino con grandi occhioni verdi, seduto nel sedile posteriore.
Ed è lì, imbacuccata nel giubottone perché fuori è già dicembre e ci sono solo 10°ed è freddo...si insomma, entri in macchina e c'è questa bimba che ti accoglie con il sorrisone immenso a 7 denti e cerca di slacciarsi da sola le cinture del seggiolino da viaggio perchè vuole stare in braccio con te. E realizzi di quanto sia una bella sensazione sapere che c'è qualcuno che è felice di vederti, felice di quella felicità senza egoismi o impalcature di dare/avere che è propria degli adulti. C'è qualcuno che è felice di vederti e solo questo basta a farti dimenticare che è domenica e hai solo 5 ore di sonno.
E la guardi e lei ti indica i suoi nuovi giochi e continua a osservare la madre per farle capire che vuol venire da te...e fa un po' di capricci, ma quando le spieghi che giocherete appena scese dalla macchina, si rimette buona buona in attesa.

Fai un viaggio di un'ora e arrivi nella nuova casa dei tuoi amici, quelli che sono un po' la tua famiglia, e sono baci e abbracci e per un momento non ti senti fuori posto. Sei tu e basta.
E poi c'è l'esserino che ti segue per tutta la casa, che ti stringe la mano forte forte, con una forza che ti chiedi se è possibile che una bimba di 13 mesi sia in grado di stringerti così forte le mani. E prende la rincorsa e trotterella nella tua direzione e si abbarbica alle tue gambe con la stessa facilità con cui si aggrappa alla sua mamma...e ride con quella felicità spontanea e ti cerca e ignora quelli che sono i suoi veri parenti e vuole stare con te e ballare con la canzone del Magico yo-yo. E tu vorresti rispondere al tuo migliore amico che ti sta chiamando, ma lei ti requisisce il cellulare e vince per importanza su chiunque ti cerchi in questa domenica.

E vai in giro per una Milano che si prepara al Natale. E tu odi Milano, sei con 3 coppie che rappresentano le 3 fasi dell'amore e tu sei il primo stadio. Ancora. Per un momento ti senti spaesata, ti viene il magone perché un ragazzo suona "Napul'è" e ti scopri con gli occhi lucidi, ma ricacci in fondo la tristezza (im)motivata perché l'esserino e lì e vuole essere presa in braccio e poi per mano e poi in braccio ancora. Ed è lei che guida e sceglie il dove e il come fare questa passeggiata. Giocate a sfiorarvi il naso e a fare finta di farlo suonare come una trombetta:enormi risate da cartone animato. Le chiedi quanti anni ha e lei alza l'indice ed è come se ti dicesse "non so contare, ma lo so". Le chiedi come fa il leone e lei ruggisce. Giocate a farvi le pernacchie. 

E passi un'intera giornata così.
Torni a casa che è più tardi di quello che avevi preventivato, e sei stanca. 
Sei enormemente stanca.
Ma di una stanchezza bellissima